Redazione

L’uomo, la cultura, la natura attraverso la lente dell’ecocritica

9 Agosto, 2021
Tempo di lettura: 9 minuti

Tra Uomo e Natura c’è un legame che travalica i confini di corpo e mente, una relazione profonda, simbiotica, ancestrale, che ci connette al “sistema pianeta”, e ci plasma profondamente, anche se non ne siamo coscienti. L’uomo contemporaneo, al contrario dei suoi progenitori, ha nascosto a se stesso questa relazione, quasi fino a smarrirla, sotto secoli di progresso unicamente tecnologico: conoscenza preziosa e rumore di fondo, valori “indistruttibili” e processi di sfruttamento intensivi delle risorse. La furia della ricerca del profitto e un’insano antropocentrinsmo turbano la relazione istintiva e profonda con la natura, una tendenza che ci porta spesso a processi conoscenza parziali, riduzionisti… sappiamo senza conoscere.

Nell’arte e nella cultura delle diverse epoche è possibile tracciare il cammino di questo rapporto, di questo sentimento. Grazie al bel lavoro di Patrizia Ligabò per ComeDonChisciotte.org ripercorriamo questo cammino della cultura con la lente dell’ecocritica che è l’approfondimento della letteratura e dell’ambiente da un punto di vista interdisciplinare, attraverso il quale studiosi di letteratura e di altre discipline umanistiche analizzano testi che esprimono preoccupazioni ambientali ed esaminano i vari modi in cui la letteratura tratta ed ha trattato argomenti quali il dualismo cultura-natura, la presenza di soggettività non umane e le crisi ambientali.

L’uomo e la natura nella letteratura e nell’arte. L’Ottocento ed il Novecento.

Noi siamo natura, noi siamo parte di essa. Fin dalle prime forme di comunicazione si è esaltata Madre Natura. Nelle prime pitture rupestri, nelle prime riproduzioni artistiche nei ritrovamenti archeologici. In molte opere letterarie note è evidente il rapporto con la natura. Citiamone alcuni fra i più noti: La vita di Giovanni Boccaccio , in Charles Baudelaire nella tematica dello spleen, in Dante nella Divina Commedia nell’inferno, nell’opera di Giuseppe Ungaretti, nel Don Chisciotte di Cervantes, nel “ Il canzoniere di Petrarca, ed infine nell’opera “ I dolori del giovane Werther di Goethe. Personalmente ho appreso molto di più nei testi che parlano d’ambiente, poiché essi radunano differenti tematiche interconnesse fra loro, dunque reputo vi sia un apprendimento molto più ampio.

La natura è stata sempre fonte di ispirazione per la letteratura e per l’arte. La descrizione della natura da parte di un poeta o di un artista, infatti, ha quasi sempre un obiettivo che va ben al di là dell’illustrazione degli spazi e degli ambienti, che fanno da sfondo alle vicende dell’uomo. L’elemento naturale può divenire espressione dello stato d’animo del personaggio protagonista della vicenda o dell’autore stesso, può rappresentare un’immagine dell’ordine provvidenziale che governa il mondo, o essere manifestazione della fredda legge meccanica che avanza imperturbabile ed indifferente alla sofferenza e alla fragilità dell’essere umano.

La dicotomia uomo-natura è stata, fin dagli albori della società, argomento di produzione letteraria. Tuttavia questa relazione è anteriore allo sviluppo di ogni facoltà creativa umana, come afferma il professor Buell dell’Università di Harvard. Egli è infatti uno tra i fondatori dell’ecocritica, ovvero lo studio della nostra relazione con ciò che ci circonda attraverso l’analisi delle opere letterarie. Una materia innovativa, che si è diffusa anche negli atenei universitari, fondamentale per analizzare come la visione umana sia cambiata attraverso i secoli, ma anche per comprendere i fenomeni che ci hanno portato ad una così grave crisi ambientale.

Questo viaggio ecocritico sicuramente può avere come unico punto di partenza la tradizione classica. Attraverso la creazione di un’intricata cosmogonia, le civiltà greche sono le prime a trasformare in Dei gli elementi dell’ambiente. La Terra diventa Gea, il mare Poseidone, il vento Eolo e così via. Divinità con tratti e comportamenti umani in grado di influenzare con le loro pulsioni gli eventi naturali. Tale visione si sarebbe radicata talmente profondamente da influenzare anche l’Iliade e l’Odissea, ma anche dal VI secolo in poi, le indagini filosofiche sulla sostanza originale di tutte le cose, individuata principalmente in elementi come l’acqua, il fuoco e l’aria.

La tradizione latina deve sicuramente molto a quella greca, creatrice con Virgilio del topos a letterario del “locus amoenus” un paradiso naturale dove regnano solamente bellezza e armonia. La svolta avviene con la diffusione del cristianesimo. Si adottano nuovi simboli: la spiga di grano, il grappolo d’uva, ma anche la colomba e l’agnello. Da qui si instaurerà una fitta rete di significati che sarà alla base della lirica provenzale. La rosa in particolare è oggetto di venerazione poiché sintesi di perfezione femminile. Un accostamento che erediterà anche la poesia Stilnovista di Dante e Petrarca, basti pensare al gioco di significati sul “lauro”, sul quale si basa tutto il Canzoniere.

Un punto di stacco dalla tradizione arriva con la scoperta dell’America. Iniziano le prime esplorazioni e con esse i resoconti di viaggio dei conquistadores e dei missionari. Ecco che le descrizioni di questi luoghi esotici e selvaggi stravolgono la concezione del rapporto tra uomo e natura, ma anche degli spazi, che diventano preda degli appetiti coloniali europei.
I secoli successivi alla rivoluzione geografica sono caratterizzati da un ritorno alla razionalità greco-latina delle origini. Ne vengono rispolverati canoni e temi, in particolare quello di Virgilio. Tuttavia già alla fine del Settecento comincia una vera e propria ribellione. Nasce così il Romanticismo che considera ogni elemento naturale come manifestazione interiore. Si instaura un rapporto nuovo con il mondo che smette di essere tela di fondo dei drammi umani. La natura riveste ora ruolo di osservatrice e giudice impietosa, capace di suscitare uno stato d’animo turbolento come il sublime. In Italia Foscolo e Leopardi saranno maestri nel descrivere questo “orrendo che affascina”.

A partire dall’Ottocento inizia anche un fenomeno selvaggio di industrializzazione.
Ne consegue la distruzione di un ambiente che fino ad ora era stato rappresentato nella sua integrità. Lo sfregio di ciò che ci circonda coincide anche con l’annichilimento.

A partire dall’Ottocento inizia anche un fenomeno selvaggio di industrializzazione.
Ne consegue la distruzione di un ambiente che fino ad ora era stato rappresentato nella sua integrità. Lo sfregio di ciò che ci circonda coincide anche con l’annichilimento.

“La produzione di materiali non smaltibili, che verranno resi tali, solo negli ultimi anni, ci fanno riflettere su ciò che produciamo oggi, avrà un peso dopo molti anni. Allora bisogna produrre fin da subito per tutelare l’ambiente immediatamente”. 

In letteratura, con le prime denunce ambientaliste degli anni Settanta si è sviluppato un’importante filone distopico e fantascientifico. Tra i nomi più famosi spiccano di certo James Ballard e Philip K. Dick. Gli scenari apocalittici di queste opere sono sicuramente pessimistici rispetto al declino ambientale odierno. Tuttavia è proprio intento di questi autori terrorizzare noi lettori. La loro visione del rapporto tra uomo e natura è finalizzata ad un’ammissione di colpa per aver distrutto la nostra stessa casa. Una presa di coscienza non scontata, soprattutto adesso che il nostro tempo sta per scadere.

Ma anche in musica si parla di natura Se si ascolta e si analizza il testo (tradotto in italiano dall’inglese) di una canzone degli U2, molto amato da buona parte degli studenti: “One Tree Hill”, tratta dall’album The Joshua Tree. Nella canzone scelta, la natura diventa specchio dell’anima del narratore, il testo è ricco di metafore e simbolismi e vi sono riferimenti all’opera e alla tragica morte di un poeta e cantautore cileno, Victor Jara, che collaborò con gli Inti Illimani e fu imprigionato e ucciso come dissidente politico. Dal momento che, riuscire a far apprezzare la poesia nell’ambito scolastico, poiché il linguaggio è cambiato, è molto difficile. Forse, accostando la canzone moderna alle composizioni poetiche del passato li si aiuta a trovare una qualche forma di consonanza e di continuità fra i due generi. Nel bellissimo testo di Niccolò Scaffai, che vi consiglio vivamente.

Scaffai dice: ”Quando pensavo alla relazione fra ecologia e letteratura mi veniva subito in mente, in maniera quasi automatica, il finale de Il barone rampante (1957) di Italo Calvino. In questo romanzo, il fratello del protagonista – narratore dell’intera storia – dopo il lungo flashback narrativo relativo alle vicende di Cosimo, il «barone rampante» che ha trascorso tutta la sua vita sugli alberi, afferma che adesso, nel momento in cui sta scrivendo le sue memorie, gli alberi non ci sono più o si sono drasticamente ridotti: «Ogni tanto scrivendo m’interrompo e vado alla finestra. Il cielo è vuoto, e a noi vecchi d’Ombrosa, abituati a vivere sotto quelle verdi cupole, fa male agli occhi guardarlo. Si direbbe che gli alberi non hanno retto, dopo che mio fratello se n’è andato, o che gli uomini sono stati presi dalla furia della scure» (I. Calvino, I nostri antenati, Mondadori, Milano, 2003, p. 303). Dopo la morte di Cosimo, il ragazzo e poi l’uomo che ha vissuto sugli alberi, gli stessi alberi sembrano non aver resistito, sono morti, sono stati tagliati. Il «barone rampante», infatti, era stato un po’ un simbolo della sinergia uomo-natura:, almeno a partire dal XVIII secolo, si è creata una profonda frattura fra coscienza individuale umana e natura. Non è un caso, tra l’altro, che la vicenda del romanzo di Calvino si ambienti proprio nel Settecento, quell’epoca dei lumi in cui tale frattura ha iniziato a prodursi. Cosimo, diverso da tutti, è l’uomo che va in direzione opposta, che ‘ritorna’ alla natura. Bisogna inoltre ricordare che il romanzo è del 1957, in un periodo in cui l’Italia stava inesorabilmente e rapidamente mutando sotto la spinta del benessere e delle ricostruzioni postbelliche, e la penna di Calvino non è certo immune da uno spirito di denuncia nei confronti della società contemporanea, denuncia un po’ nascosta sotto il piglio fiabesco della narrazione.”3) Lo scopo è quello di porre «al centro la relazione tra ecologia e letteratura facendo reagire la tematica ambientale con i dispositivi formali che ne definiscono la presenza nelle opere d’invenzione».

Per illustrare i danni prodotti dall’inquinamento sull’ambiente, un autore può farci guardare con occhi diversi gli effetti di alcune nostre abitudini quotidiane, facendocele osservare dalla prospettiva di altri esseri, animali o creature fantastiche. Spicca l’importanza dell’ecocriticismo fra gli studi culturali, disciplina che da una parte interpreta la relazione tra uomo e natura presente in un testo, dall’altra tende a fare dell’opera letteraria uno strumento di diffusione per la coscienza ambientale. Basti pensare alla letteratura americana. All’interno della cultura americana, infatti, è presente in profondità l’aspirazione alla vita in una natura incontaminata, la wilderness. Un autore americano contemporaneo in cui è presente una forte componente ecologica è poi Jonathan Franzen, in cui grande rilievo ha l’esperienza stessa della natura.

La critica ecologia può poi fondersi con la geocritica, la quale studia la rappresentazione dello spazio nella letteratura. Ogni ambiente è infatti prima di tutto uno spazio e, come scrive il maggior esponente della geocritica, Westphal, un punto d’incontro fra spazio e ambiente può essere intravisto, nel momento in cui entrano in sinergia la «cultura guardata» e la «cultura guardante», in modo da creare uno spazio coabitato da una pluralità di prospettive.
Nei poeti contemporanei come: Montale, Pasolini, ad esempio L’arca di Montale si apre con l’immagine di una tempesta – una vera e propria catastrofe atmosferica – la quale «ha sconvolto / l’ombrello del salice, / al turbine d’aprile». In Pasolini invece, la primavera assume connotazioni dolorose soprattutto per la lontananza della persona amata, soprattutto nelle giovanili poesie in friulano e ne L’usignolo della chiesa cattolica.

La critica ecologia può poi fondersi con la geocritica, la quale studia la rappresentazione dello spazio nella letteratura. Ogni ambiente è infatti prima di tutto uno spazio e, come scrive il maggior esponente della geocritica, Westphal, un punto d’incontro fra spazio e ambiente può essere intravisto, nel momento in cui entrano in sinergia la «cultura guardata» e la «cultura guardante», in modo da creare uno spazio coabitato da una pluralità di prospettive.
Nei poeti contemporanei come: Montale, Pasolini, ad esempio L’arca di Montale si apre con l’immagine di una tempesta – una vera e propria catastrofe atmosferica – la quale «ha sconvolto / l’ombrello del salice, / al turbine d’aprile». In Pasolini invece, la primavera assume connotazioni dolorose soprattutto per la lontananza della persona amata, soprattutto nelle giovanili poesie in friulano e ne L’usignolo della chiesa cattolica.

Altro tema molto trattato è l’apocalisse. Quest’ultima è rappresentata in moltissimi romanzi contemporanei come un disastro ecologico che colpisce la terra, mentre gli esseri umani superstiti sono costretti a muoversi in uno spazio devastato e contaminato. Un genere contemporaneo in cui letteratura e ecologia entrano in stretta correlazione è l’ecothriller: «Il protagonista di un eco thriller deve fronteggiare e possibilmente sventare un’emergenza biologica e ambientale, scatenata, favorita o sfruttata da un antagonista (un’associazione segreta o semplicemente criminale)». Un importante tema è poi quello dei rifiuti, intesi come oggetto di straniamento che porta a concepire l’esistente in forma di spazzatura.

Ma non solo in letteratura. Nella pièce teatrale di Daniel Pennac, Il sesto continente (2012), un personaggio intende trasformare la famigerata, gigantesca «isola dei rifiuti», (realmente esistente, individuata nell’Oceano Pacifico e composta per l’ottanta per cento da materiale plastico) in una attrazione turistica organizzando delle crociere. Essa viene così offerta al voyeurismo. Anche Italo Calvino, ne Le città invisibili (1972), tematizza l’invasione della spazzatura all’interno dello spazio cittadino, anche stavolta con uno spirito di denuncia: come egli stesso scrive a proposito del libro, «Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili». Nel Novecento letterario italiano un autore che ha affrontato da vicino tematiche ecologiche è senza dubbio Pier Paolo Pasolini.

Pasolini, in un celebre articolo degli Scritti corsari, utilizza la metafora della «scomparsa delle lucciole» per indicare il mutamento del potere in Italia. Il potere che spadroneggia dopo la «scomparsa delle lucciole» è quello dei nuovi consumi, un regime forse più terribile di quello fascista, irreggimentatosi con il tacito consenso della classe politica democristiana degli anni Sessanta e Settanta. Anche nei risvolti più contemporanei del romanzo italiano – è possibile incontrare tematiche ecologiche. Anche nel cinema avviene. Infatti fra recenti esempi di fiction distopica in cui in un futuro imprecisato, dopo la «sciagura» provocata forse da una grave crisi economica, quello che resta dell’umanità deve rifugiarsi in sperdute e incontaminate valli alpine o, ancora, Qualcosa là fuori (2016) di Bruno Arpaia, che racconta un’Italia del futuro devastata apocalitticamente dal surriscaldamento globale.

Le relazioni narrative fra ecologia e letteratura continuano perciò anche nella contemporaneità, anzi, sembra che si stiano intensificando sempre di più. E questo non può essere che un bene perché la letteratura, sfoderando la propria vocazione fantastica, onirica e visionaria forse riesce gradualmente a ricucire la frattura di matrice illuministica e tecnica creatasi fra coscienza umana e natura, ed a migliorare la vita in comune degli individui ricreando nuove e inedite relazioni d’amore fra di esse. Perché, come scrive Giorgio Caproni in Versicoli quasi ecologici “ Se «l’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore», dove ricomincia l’erba e l’acqua rinasce, l’amore ricomincia”. Per ciò anche materie come : educazione ambientale, ed educazione civica, intese, come nutrimento nella formazione dell’adulto sono necessarie ed importanti.

 

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