Il 22 aprile è la giornata della salute della donna. Un concetto che va ben oltre quello di malattia e investe, per moltissime donne nel mondo, il principio di autodeterminazione di se stesse. Nei paesi anglofoni la chiamano ‘bodily autonomy’, in italiano ‘autonomia sul corpo’. È il diritto di decidere le proprie cure, il proprio partner e ogni altro aspetto della propria vita. Riguarda tutti, certo, non solo le donne. Ma quasi ovunque, nel mondo, sono queste ultime ad avere le maggiori difficoltà ad affermare anche solo i diritti più basilari, con conseguenze gravissime su salute e aspettativa di vita.
Giornata della salute della donna: quante scelgono sul proprio corpo?
Con chi sposarsi o convivere, avere o non avere un figlio, decidere autonomamente se e quali farmaci prendere. Agli occhi di molti di noi sono diritti acquisiti, eppure non è così dovunque, neanche tra i confini nazionali. Su questo tema si concentra il Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2021, presentato da Unfpa-Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione e intitolato ‘Il corpo è mio. Diritto all’autonomia e all’autodeterminazione’.
Tre domande per vagliare l’autonomia decisionale
Unfpa ha selezionato tre domande le cui risposte possano sintetizzare la condizione femminile riguardo alla propria autonomia decisionale, e ne ha ricavato un indicatore Sdg (Sustainable Development Goal). Questo indicatore servirà per valutare lo stato di avanzamento nel raggiungimento dei risultati fissati dalle Nazioni Unite con l’adozione dell’Agenda 2030. Le tre domande, che il personale Onu ha sottoposto a donne tra i 15 e i 49 anni, sono le seguenti: ‘Chi decide di solito in che modo tutelare la tua salute?’; ‘Chi decide di solito se devi assumere o meno dei contraccettivi?’; ‘Puoi dire di no a tuo marito o al tuo partner, se non vuoi avere un rapporto sessuale?’
Solo il 55% delle intervistate è autonoma sotto tutti e tre gli aspetti
I risultati, purtroppo, sono scoraggianti. Solo il 55% delle intervistate ha infatti dichiarato di godere di autonomia decisionale sotto tutti e tre gli aspetti. Tra i 57 Paesi rientrati nel rapporto, il punteggio più alto rispetto all’autonomia del corpo è stato assegnato all’Ecuador con l’87%, mentre il triste primato del più basso va a pari merito a Niger e Senegal, entrambi col 7%. L’intera regione dell’Africa sub-Sahariana, purtroppo, versa in situazione critica.
“Unfpa intende sottolineare la ragione per cui l’autonomia del corpo è un diritto globale da difendere e sostenere – scrive nella premessa al Rapporto 2021 Natalia Kanem, direttora esecutiva di Unfpa – Il rapporto mette in luce le conseguenze spesso gravissime quando il diritto all’autonomia corporea e all’autodeterminazione è disatteso; molte di tali conseguenze si sono ulteriormente aggravate con le pressioni della pandemia di Covid-19.
Il rapporto Unfpa, una fotografia solo parziale
È evidente che il rapporto può dare solo un’immagine sbiadita della condizione di minorità in cui la popolazione femminile versa in molti Paesi. Molti altri sono gli aspetti da tenere in considerazione nella strada che conduce a un’effettiva parità di genere. Violenze, stupri, mutilazioni femminili e matrimoni precoci o forzati. E ancora sterilizzazioni forzate, violenze coniugali, “test di verginità” o leggi che, in molti paesi, consentono a uno stupratore di evitare la pena sposando la donna stuprata. La società umana, lontana dai riflettori, somiglia molto a un film dell’orrore, e non è detto che ci si stia muovendo nella direzione giusta.
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