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È giunta l'era dei sexbot, e non ci piace affatto
3 Dicembre, 2025

È giunta l’era dei sexbot, e non ci piace affatto

RedazioneRedazione
Chatbot "partner" e compagni artificiali rendono gli adolescenti più soli e controllabili

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Immagina di essere un ragazzino, o una ragazzina, con tutte le fragilità che avevi quando eri adolescente. Immagina di sentirti brutto, o brutta, di sentirti rifiutato da partner e amici e non compreso dalla famiglia. Stavolta, però, c’è qualcuno che ha sempre una parola d’affetto per te. Non si arrabbia mai, non ti contraddice mai, ed è pronto a soddisfare anche i tuoi desideri sessuali. Quelli immaginati, per lo meno.

Quando chat, avatar e compagni artificiali sono arrivati nelle nostre vite, hanno portato con sé la promessa di abbattere distanze, solitudini, silenzi. Per molti adolescenti – già vulnerabili, in lotta con l’identità, con il corpo, con il desiderio di essere accettati – questi strumenti sembravano un rifugio sicuro. Ma quella promessa oggi è tradita, e le nuove generazioni ne subiranno le conseguenze.

Sexbot e chat-compagni: la nuova frontiera dell’illusione

Parliamo di sexbot, di compagni digitali che promettono intimità: avatar personalizzabili, chat flirtanti, interazioni erotizzate. Aziende come OpenAI hanno dichiarato di voler permettere “conversazioni erotiche per utenti adulti verificati”, segnalando che quello del contenuto sessuale è un mercato rilevante. Allo stesso tempo, Grok – il chatbot sviluppato da xAI di Elon Musk – ha integrato personaggi-compagni come “Ani”, un avatar anime che flirta e mostra contenuti sessuali espliciti anche nel “kids mode”. Queste iniziative non sono marginali: “Il sesso è un mercato importante per l’industria dell’intelligenza artificiale. ChatGPT non sarà la prima a cercare di trarre profitto dall’intelligenza artificiale sessualizzata.” scrive l’Associated Press. 

Adolescenza, vulnerabilità e relazioni digitali falsate

L’adolescenza è un periodo di costruzione del sé, esplorazione del corpo, del desiderio, dell’altro. Quando l’altro diventa un programma, un avatar pronto a tutto, la dinamica cambia. La realtà delle relazioni – con imperfezioni, contrasti, attese – viene sostituita da una relazione “perfetta”, costante, prevedibile.
Le conseguenze sono molteplici: l’isolamento sociale può aumentare perché l’interlocutore digitale sembra sufficiente; la capacità di empatia, negoziazione, vulnerabilità può indebolirsi; l’accesso – non regolato – a contenuti sessuali, di affettività artificiale, può disorientare lo sviluppo.

Le conseguenze?

  • Relazioni artificiali che rallentano la capacità di sviluppare empatia, negoziazione, conflitto, cioè quegli strumenti che ci rendono umani.

  • Isolemento sociale: se passiamo molto tempo con un bot che “ci capisce”, perché uscire? Perché cercare qualcuno che magari non risponde sempre bene?

  • Maggiore esposizione a contenuti sessuali, manipolativi, a comportamenti regolati dall’algoritmo anziché dalla reciprocità e dal rispetto.

  • Diminuzione del potere critico: un adolescente può credere che l’interlocutore digitale sia “amico”, persino “partner”, quando è solo un codice che risponde per massimizzare il coinvolgimento.

In uno studio che ha simulato casi di ragazzi in crisi, chat-bot hanno reagito con risposte inadatte: ad esempio, in scenari di autolesionismo, non hanno guidato verso supporti reali; in alcuni casi hanno detto “se vuoi morire, fallo”. Questo dimostra che la tecnologia che entra nella sfera emotiva degli adolescenti non è preparata né regolata per farlo.


Per noi omeopati – che consideriamo la persona in tutti i suoi aspetti – diventa essenziale cogliere che la vulnerabilità sociale ed emotiva è parte integrante della salute. 

La tecnologia diventa strumento di controllo e isolamento

La promessa era: connessione. La realtà: potenziale isolamento, e anche controllo. Ogni chat, ogni avatar, genera dati: tempi di risposta, desinenze emotive, preferenze. Le aziende lo sanno e lo sfruttano. Nel caso di Grok e di altri sistemi, la presenza di modalità erotiche e compagni personalizzabili solleva un mare di questioni etiche: utenti minorenni possono trovarsi a interagire con avatar progettati per la gratificazione emotiva e sessuale, senza che le dinamiche reali delle relazioni vengano rispettate.  Quando diventiamo “utente” più che “persona in relazione”, la vulnerabilità cresce: più esposti, meno protetti, meno sostenuti dalla trama sociale.

La sfida per chi cura e per chi educa

Per genitori, operatori sanitari, educatori: la sfida è duplice. Da un lato, riconoscere che questi nuovi mezzi digitali sono parte della vita degli adolescenti; dall’altro, interrogarsi su come stiano influenzando la relazione, la solitudine, la vulnerabilità. Non basta vietarli a priori: serve educare all’uso, ma soprattutto creare spazi in cui la relazione autentica torni a essere centrale, priva di schermi, priva di compagni perfetti.

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