Procedere ad occhi chiusi e con spalla pesante: Perché?

28 Agosto, 2021
Tempo di lettura: 4 minuti

Ci sono giorni nei quali ti svegli con un peso sul cuore, dove anche il respiro si accorcia e gli occhi sembrano non avere più voglia di guardare, le orecchie di sentire, perché hanno visto ed ascoltato abbastanza.

Sono giorni dove hai bisogno di appoggiare le emozioni che non ti fanno bene da qualche parte, su una mensola, in pausa, fino a quando tornerà il momento di riprenderle in mano, guardandole a “distanza”.

È come quando, innamorati del proprio giardino e dei fiori che lo abitano, ne vedi uno che, nonostante cura, nutrimento, amore, sembra non voler seguire la via della luce, e che anzi, pare la rifiuti. La percezione di un comportamento innaturale.

Arriva la primavera, attendi ogni giorno il suo spuntare. Quando succede, accogli la sua nascita, la crescita, con gioia, ma dopo pochi centimetri si ferma, e fa rientro nella terra.
Ti chiedi se potrebbe avere problemi alle radici. Le esplori. Ma a tua sorpresa le trovi forti, folte, anche di più rispetto alle radici di piante molto robuste. Eppure quella non vuole alzarsi, non vuole seguire il sole, e nel diretto incontro con la luce, fa ritorno al buio freddo della terra.

Mi è arrivata questa similitudine poiché da anni ho una pianta così anche io in giardino, una climatide. Rossa.

Clematis, è uno tra i fiori di Bach, che utilizzo di più ultimamente in terapia, nei soggetti che si isolano, rifugiandosi in mondi virtuali, di fantasia, pur di sfuggire la realtà.
Come di frequente utilizzo anche Rock Rose, per la paura paralizzante, che toglie il respiro con la sensazione imminente di morte.

“E così, come si era accesa, si spense, di colpo, con una ventata di aria gelida, d’estate, inaspettata e paralizzante.
E tutto con lei venne meno, i sussulti, la luce, la gioia, i sorrisi, il sole e le stelle. Anche il calore non sentì più.
Rientrò nell’infinito buio,  ad aspettare il tutto, il nulla.”

Questo mi capita di vivere, vedere, nelle persone.

E come provo rammarico per la pianta, lo stesso provo per chi si comporta allo stesso modo nella vita.
Forse è l’ambiente che non riesce a fornire l’energia giusta per avanzare con coraggio nell’impresa del crescere, l’anima dell’essere vivente soffocata da qualcosa che non permette lo scambio giusto, per uno sblocco, l’ossigenazione per procedere verso la via, la vita.

Le forze di Luce non riescono ad arrivare, mi dico, probabilmente causa la radioattività o le onde elettromagnetiche.

E questo, potrebbe riflettersi in tutte le colture. Non a caso oggi, come avviene con l’antibioticoresistenza, esistono 1200 piante resistenti a trattamenti infestanti. Raro l’utilizzo di sostanze organiche come fertilizzanti.

Tutto dovrebbe attraversare un processo di “calore”, pre-digerimento.

Mi chiedo, da persona e terapeuta, come non ci si possa incuriosire, fare domande, davanti a questi comportamenti.

Forse il migliore atteggiamento è l’ossevare, a distanza. Rallentare il passo, preservare la calma interiore, recuperare le forze, senza perdere il ritmo, mantenendo integra la propria energia e la propria forza d’azione, rispetto all’ignoto come a ciò che abbiamo davanti e ci circonda, tenendolo comunque d’occhio, immersi nel suo tutto, ma senza farci fagocitare da esso e dalla paura.

Ascolto ogni giorno, personaggi di grande competenza e spessore umano, parlare del momento epocale che stiamo attraversando, che ci ha travolto e bombardato inaspettatamente, di ciò che era stato più o meno velatamente annunciato,  ma mai preso seriamente in considerazione, pesato.
Eppure ora pesa.
Nonostante ciò, pur di non vedere, molti di noi indossano, si fanno carico, di quello zaino pesante, pieno di tutto ciò che schiaccerà, farà ripiegare su sè stessi, toglierà vitalità, tempo, ritmo, nel  proseguire vivaci il cammino. Vanno avanti ad occhi chiusi, sempre più lentamente, privati della libertà d’azione, del rispetto, del carattere, dell’identità, anche culturale, senza rendersi conto che quel grosso carico, che non gli appartiene, ma gli appartiene comunque, porterà al freddo buio, non alla luce, non al calore della vita.

Perché sta avvenendo questo?
Il grande umanista Petrarca, fece dire a S.Agostino:
“Restituisci te a te medesimo.”

Stiamo perdendo l’individualità.
Siamo in direzione del disumanesimo.
Il messaggio virale che arriva è che dovremmo “combattere” sempre qualcosa o qualcuno.

Ci sono incongruenze forti.

Molti medici, anche ricercatori, si ritrovano oggi vicini al pensiero del Dott. Rudolf Steiner.

“La situazione è grave, perciò di questi tempi solo un’altrettanto seria visione della vita può servire a qualcosa. Si tratta di capire almeno un po’ ciò che ho spesso presentato come un necessario convincimento: che la cosa più importante è non giudicare a vanvera, ma che i fatti vanno posti l’uno accanto all’altro per poterli osservare e lasciare che ci dicano qualcosa. Prima o poi ne avranno di cose da dirci!
Acquisire il maggior numero possibile di fatti è il miglior modo per indagare anche i nessi del mondo spirituale, ben più difficili ed intricati.”
Dornach, 4 dicembre 1916

Cosa può fare la gente?
Comportarsi pacatamente come Ghandi, prendendo posizione, in scienza e coscienza.
Difendendo verità, lavoro e libertà.
Non rispondendo ai catalizzatori emotivi.

Non siamo quella creatura misera fatta di cellule.
Questo va ribadito.
Siamo entità spirituali, non di questa dimensione.
Siamo nel mondo ma non siamo di questo mondo.
Ogni religione e filosofia ce lo ricordano.

“Riferendosi al modo di affrontare un problema, Rudolf Steiner suggerì prima di tutto di dire a noi stessi cosa NON vogliamo fare e POI pensare a cosa vogliamo fare. Continuò quindi dicendo che se ci comportiamo in tal modo il problema è già risolto al 50%.”

L’arcobaleno è la rappresentazione più viva dell’essere, il tramite tra due mondi, quello fisico e quello più prettamente spirituale.
Svegliamoci da questo intorpidimento interiore.
Riaccendiamoci dei nostri colori attingendo alla più grande risorsa.
L’Amore per la sacralità della Vita.

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