È terribilmente umano chiedersi se, tornando indietro, rifaremmo le stesse scelte. Inutile, ma comprensibile, soprattutto quando sei immerso in difficoltà crescenti. Di recente è aumentata a dismisura la richiesta di spiegazioni e rassicurazioni da parte dei pazienti. Navigano in un mare incerto, bombardati da messaggi assillanti, dopo oltre un anno di vita anti-Covid i più sono esasperati, spaventati o semplicemente depressi, quindi si rivolgono a te che sei un riferimento. Cosa gratificante, alla lunga faticosa. Comunque – dicevo – in tempi difficili ci si pongono domande di questo tipo e si formulano ipotesi inverosimili.
Non ho alcun dubbio, rifarei la scelta di diventare un omeopata. Dell’istante in cui scoprii l’Omeopatia ricordo le poche parole che mi risuonarono in testa: Farò questo tutta la vita! Insieme ad una grande calma. Dubbio? Conflitto? Perplessità? Nulla. Non so nemmeno perché, ma fu così. Poi capii: ero un po’ malato, non so bene di quale malattia, ma malato. E quella sarebbe stata la mia medicina. Che poi si rivelò letteralmente tale in quanto mi guarì da malattie, oltre a regalarmi una professione gratificante.
La mia non fu una storia isolata, molti altri colleghi e compagni di viaggio la vissero così ed un piccolo esercito di medici scelse l’Omeopatia. Non ci sono più state “arruolazioni di massa” di tale entità. Eravamo figli del nostro tempo, figli di un idealismo esasperato che portò molti coetanei alla distruzione, ma che diede anche dei frutti insperati in molti settori, sull’onda di una potente spinta irrazionale. Ora viviamo in un mondo completamente diverso.
Mi chiedo se noi omeopati siamo riusciti a rendere le nostre conoscenze sufficientemente duttili e quindi fruibili, adattandole ai tempi che cambiavano. Si impone una riflessione ed alcune risposte: c’è un modo migliore per insegnare il metodo di cura chiamato Omeopatia? Come possiamo adeguarlo ai nostri tempi senza snaturarlo? In definitiva: come possiamo trasformare gli studenti delle nostre scuole in omeopati?
Durante gli anni ho avuto vicino vari studenti di Omeopatia. Una combinazione efficace e stimolante, l’allievo ti spinge a fare meglio, sei più attento, più preciso. Ho visto in loro il desiderio di apprendere, sempre una sincera applicazione, persino una bramosia di conoscenza. Belle presenze, che però via via sono svanite, risucchiate dalle molteplici complicazioni dell’esistenza o dalle troppe richieste del loro lavoro di medici convenzionali.
Probabilmente nessuno di loro farà l’omeopata se non nel tentativo di curare un amico o un familiare. Non ho mai sentito di dover fare la minima pressione. Perché mai? Un medico, poi, con un lavoro impegnativo può lasciare una pro- fessione sicura per gettarsi praticamente nel vuoto, in una condizione dove non si ha MAI la certezza del risultato? In un luogo dove vengono richieste una lucidità ed una lettura dei dati così impeccabili che dovresti sempre essere in uno stato di grazia, realisticamente non frequente né durevole.
In questo marasma l’Omeopatia sopravvive con, intatta, la capacità di GUARIRE i malati. Altri medici l’hanno scelta, ma le schiere si sono andate assottigliando. Molti altri se ne sono innamorati, alcuni anche ammalati, ma non a sufficienza. Mi chiedo se noi omeopati siamo riusciti a rendere le nostre conoscenze sufficientemente duttili e quindi fruibili, adattandole ai tempi che cambiavano. Comprensibilmente arroccati per difenderci dai numerosi attacchi tesi a minare la nostra stessa esistenza, forse abbiamo ristagnato nel nostro sapere, irrigidendo alcuni principi dottrinari.
Non ho certezze nell’affermare questo, sono solo ipotesi, domande senza una risposta precisa che mi rimbombano in testa: avremmo potuto modulare le nostre conoscenze, senza snaturarle, rendendole così più facili da applicare e più facilmente assimilabili? Si impone una riflessione ed alcune risposte: c’è un modo migliore per insegnare il metodo di cura chiamato Omeopatia? In definitiva: come possiamo trasformare gli studenti delle nostre scuole in Omeopati? La storia continua.
Tratto da Il Medico Omeopata – Anno XXVI – numero 76 – aprile 2021
1 commento
Virginia
Grazie dott. Dominici per questa sua riflessione, che tocca criticità importanti e da me condivise. Sarebbe interessante realizzare un confronto su questi temi tra le scuole di omeopatia oggi presenti in Italia.