Le epidemie influenzali si susseguono anno per anno con un andamento ciclico. In Italia mediamente iniziano la seconda/terza settimana di ottobre e dopo il picco di febbraio sono in calo progressivo fino a esaurirsi verso la fine di aprile.
Quest’anno non c’è stata ancora una vera e propria influenza. Dati analoghi sono registrati anche in altre nazioni come negli USA.
ISS e InfluNet
La sorveglianza della sindrome influenzale annuale è coordinata dall’ISS con il Ministero della Salute. La Rete di sorveglianza InfluNet si avvale del contributo dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta volontari.
La distribuzione sul territorio dei medici sentinella è quasi sempre, come negli anni passati, piuttosto disomogenea. Quest’anno in particolare, forse per le criticità dovute alla pandemia, ci sono regioni come la Campania, la Calabria e la Sardegna che non hanno fornito nessun medico sentinella. Mentre in altre regioni troviamo delle notevoli disparità: per esempio in Abruzzo sono presenti più medici (30) rispetto alla Toscana (27) che rispetto all’Abruzzo ha il triplo degli abitanti.
ILI o Influenza?
Un altro bias statistico riguarda, l’identificazione clinica delle epidemie influenzali. Le Autorità Sanitarie ripropongono ogni anno (almeno fino al 2015) l’equivoco sulla denominazione chiamando “influenze” tutte le “sindromi influenzali”. In realtà le sindromi simil-influenzali (ILI) possono essere provocate da diversi tipi di virus e spesso rimangono di origine sconosciuta.
In sostanza solo il 10-11% circa delle sindromi influenzali è causata dai virus dell’influenza (e quindi può essere prevenuta con un vaccino).
Età
Contrariamente a quello che si pensa le sindromi influenzali colpiscono molto meno gli anziani (over 64) che le altre classi di età. Anzi la prevalenza è inversamente proporzionale all’età, e quindi in età pediatrica si ha il maggior numero di infezioni che in genere vengono superate facilmente anche se spesso con picchi febbrili elevati. Le conseguenze serie invece riguardano, per oltre il 90%, soggetti in età avanzata e con co-morbilità croniche (95% dei decessi presenta almeno una patologia cronica pre-esistente). In sostanza un andamento molto simile a quello della pandemia da Covid19 (l’età media dei decessi è di 80 anni circa).
Vaccino antinfluenzale
Negli ultimi anni si è vaccinato il 50% circa degli anziani. In realtà non ci sono molti dati a disposizione sulle complicanze gravi delle influenze, forse perché il conteggio dei decessi è stato esteso anche agli esiti delle ILI (non solo delle influenze) ed è stato stimato intorno agli 8.000 all’anno (Pregliasco, Ricciardi). Si tratta di stime e non di dati certi così come non è possibile determinare con precisione se ci siano più o meno decessi o complicanze gravi nei soggetti non vaccinati contro l’influenza stagionale.
Vaccino antinfluenzale e Covid
Molti autorevoli virologi, il Comitato Tecnico Scientifico, l’ISS ecc. avevano previsto una sovrapposizione tra Covid19 e influenza, ma come abbiamo visto non è accaduto. Queste previsioni errate avevano spinto verso una vasta campagna di vaccinazione antinfluenzale che è culminata nell’ordinanza Zingaretti del Lazio. Essa avrebbe contemplato l’obbligo vaccinale per sanitari e over 65, se un ricorso al TAR non fosse stato accolto e una sentenza non avesse annullato l’obbligo vaccinale per antinfluenzale e anti-pneumococcica.
Perché no
Non siamo in possesso dei dati definitivi ma in questa stagione c’è stato un aumento della vaccinazione antinfluenzale, specie negli anziani. Ci stiamo attestando a valori complessivi intorno al 20%, comunque molto lontani dal cosiddetto effetto gregge. Ne consegue che il vaccino non può essere responsabile dell’eclissi delle epidemie influenzali stagionali.
Un altro motivo della mancata diffusione del virus potrebbe essere la conseguenza dell’uso delle mascherine. In realtà dei circa 2000 tamponi analizzati per i virus influenzali, più di 300 sono risultati positivi al Covid19 e questo conferma, che in questi casi, le mascherine non proteggendo dal Corona virus non possono certo limitare i virus influenzali che hanno le stesse dimensioni e si diffondono in modo analogo.
Abbiamo visto inoltre come in estate, quando i DPI e i distanziamenti erano molto meno rispettati di ora, la pandemia fosse in remissione. Questo conferma il fatto che esistono variabili biologiche molto più incidenti sulla trasmissione del virus e la sua infettività rispetto alla funzione delle mascherine e del distanziamento.
Ma come si comporta veramente un virus?
Come sappiamo i virus sono organismi parassiti intracellulari obbligati. Sono antichissimi, sembra che abbiano 3.5 miliardi di anni. Sono molto piccoli e leggeri (intorno a 10 alla meno venti gr.) e possono infettare tutti gli organismi dai batteri (che pesano 100 milioni di volte di più), fino ai mammiferi.
I virus posseggono un sistema altamente sofisticato di trasferimento genetico da cellula a cellula e possono modificare il corredo genetico favorendo l’acquisizione di nuovi caratteri (fenotipo). Si stima che a tutt’oggi sia noto solo lo 0,1% dei virus esistenti.
I virus competono tra loro creando aree di sviluppo ed espansione che coincidono con l’incremento della loro infettività, possono però essere innocui se non utili alleati come i virus commensali capaci di proteggere da alcune infezioni.
E quelli influenzali?
I virus influenzali si comportano in modo dinamico, ovvero hanno una loro potenzialità di trasmissione a seconda di alcune variabili intrinseche ed estrinseche. Hanno strategie e modalità di penetrazioni diverse, ma è loro obiettivo evitare le difese dell’ospite senza replicarsi in modo incontrollato, altrimenti l’ospite muore e addio virus. La competizione tra le diverse specie o generi di virus determina andamenti epidemici variabili sulla diffusione dei virus influenzali sia tra loro che in relazione alle SARS.
Vediamo che nel 2009 in seguito alla influenza suina l’andamento della influenza stagionale seguente è stato ridotto. In modo più evidente con l’attuale pandemia stiamo assistendo a una quasi assenza di influenza stagionale che non è stata prevista dalle Autorità Sanitarie nonostante i precedenti.
Variabilità e mutazioni dei virus
Tutti i virus influenzali hanno una “marcata tendenza” a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione. Questa proprietà di adattabilità è alla base delle mutazioni. Le mutazioni più frequenti sono chiamate “antigenic drift”, con la graduale modifica delle sequenze di aminoacidi che compongono le proteine di superficie. Come possiamo vedere anche il Covid 19 muta e produce varianti. Da giugno l’ARS (Agenzia Regionale di Sanità) Toscana aveva evidenziato tre ceppi europei mutati. Adesso ne sono stati individuati 23, ma le mutazioni potrebbero essere centinaia, alcune più infettive delle altre.
Abbiamo visto come i virus sono potenti, intelligenti (anche se non hanno cervello), plastici, resistenti.
Attualità del concetto di Energie Vitale
L’energia vitale (così come le altre forme di energia, potenziale, cinetica, nucleare ecc.) è una entità quantificabile, ma solo con parametri biologici. Il Covid19 ha una notevole energia e tende a essere più potente di altri virus così da invadere e occupare almeno per un certo periodo, l’area biologica in ballo (in questo caso la popolazione mondiale, in particolare le aree industriali).
Come due malattie acute che si assomigliano non coesistono (è un caposaldo da cui è nata la medicina omeopatica), così il Covid19 invade il campo della suscettibilità di altri virus epidemici, ne occupa lo spazio potenziale e li sopprime sul nascere.
La guerra la combatte già il virus, a cui non conviene uccidere l’ospite che lo alberga. Paradossalmente l’esito fatale dell’ammalato è una sconfitta per il virus, come lo è trovarsi di fronte una immunità valida. Per noi omeopati è preferibile la seconda situazione. Per ottenere questo occorre rivedere il concetto di salute ed estenderlo alla salute mentale, a quella ambientale, agli stili di vita sani.
Omeopatia ed epidemie
Da tempo immemore gli omeopati si occupano di epidemie su un piano dinamico ovvero studiano e osservano le interazioni di forze: simili, diverse, deboli o forti. Anche in questa pandemia sono stati pubblicati numerosi studi sull’utilizzo di rimedi omeopatici. Insieme alla prevenzione primaria, che non è stata mai presa in considerazione come valido supporto sanitario, l’Omeopatia propone, come abbiamo descritto, un modello che spiega l’andamento delle epidemie compresa quella attuale. Se avessimo applicato i principi omeopatici avremmo avuto una migliore comprensione del fenomeno epidemico e anche della terapia.
Ci sono numerosi studi che oggi confermano quanto l’uso del paracetamolo e di antinfiammatori possa essere dannoso perché sopprime una reazione vitale del soggetto. In termini scientifici inibisce e svuota le riserve di glutatione (GSH) che è un antiossidante implicato nelle difese antivirali. Altri studi confermano quanto possa essere utile sia la prevenzione che la terapia con Vitamina C anche nei casi gravi di Covid19.
Il ruolo e i benefici che l’Omeopatia e la prevenzione possono dare non vengono neanche citati o considerati seriamente dalle strutture sanitarie pubbliche che fanno scelte interventiste e non di lungo respiro.
Il diritto della popolazione a essere correttamente informata si conferma sempre più impellente e questa pandemia sta dimostrando quanto possa essere utile una integrazione tra le conoscenze ufficiali e l’esperienza che arriva da una tradizione medica empirica collaudata.
I dati sono chiari, gli studi e le disposizioni non altrettanto. Chi ha un buon sistema immunitario anche se alberga il virus non si ammala o manifesta una sintomatologia limitata. Combattere il virus solo come un nemico è una strategia biologicamente poco efficace, diventa una battaglia contro i mulini vento, perché come possiamo vedere anche in questi giorni, le mutazioni esistono e ci saranno sempre nuovi virus più o meno patogeni. Occorre un serio confronto su questi temi per un cambio di rotta e di strategia. L’assenza delle epidemie di influenza, se ben analizzata e considerata, potrebbe fornire spazio a nuove linee di ricerca.
4 commenti
Jamie TAYLOR
Hi Sergio, thank you for that. I have had it translated into English and shared with my colleagues. Very best wishes Jamie
Carlo Maria Rezzani
Grazie Sergio
ben fatto
Carlo Maria Rezzani
Grazia
Analisi chiara e esauriente,
Completamente d’accordo con quanto esposto.
Grazie!
luciano
Totalmente d’accordo sulla analisi e sulla proposta
Occorre spiegare i parametri di riferimento per diagnosticare una buona salute immunitaria e le modalità di intervento per ottenerla