Quante cose evoca la parola madre quando la nominiamo.
Forse la rappresentiamo ancora nella nostra mente come una donna con un abito romantico, magari in bianco e nero, con i capelli lunghi raccolti, un bambino in braccio e un amorevole sorriso. Con la parola madre rappresentiamo anche Madre Terra o Madre Natura. La Madonna. Una parola importante, con un significato profondo, antico. Difficilmente penseremmo ad una madre come una donna contemporanea, in tenuta ginnica, di corsa, con il cellulare in mano, senza un bambino tra le braccia. Questo perchè? Non che una madre moderna abbia qualcosa in meno, ma è la sua rappresentazione che sfugge alla parte più antica del cervello, quella che la vuole avvolgente, accogliente, protettiva, nutriente.
Etimologicame la troviamo con questa definizione:
“Ma-tre, sembra sia semplicemente ripetizione della sillaba ma, una delle prime che il neonato impara a pronunciare.
Primo e comune approdo al mondo, figura delicata e di amplissimo simbolo, sintesi di cura e di amore, la mamma trae il suo nome dal naturale sviluppo linguistico dell’infante; si pensava arrivasse da “mammella”, e che per sineddoche dalla parte del seno si sia passati ad indicare la madre tutta – ferma una connessione certa fra le due parole.”
Curiosa e bellissima questa versione dell’origine.
“In realtà è da ricondursi al sanscrito; infatti, anche se alcuni collegano questo termine alla facilità di pronuncia della lettere ‘M’ per i bambini, essa è riconducibile alla radice sanscrita ma- con il sigificato primario di misurare, ma anche di preparare, formare.”
Il principio
La parola madre ha una responsabilità intrinseca, il generare. Ed ha un ritmo, come la gravidanza, con le sue evoluzioni, la sua crescita ed i suoi passaggi.
Lo stesso ritmo lo ritroviamo in natura, nelle stagioni, nelle fasi lunari, nelle maree, nel cosmo. Quindi, quando parliamo di madre o maternità, ci apriamo a qualcosa di infinitamente grande e profondo che non possiamo cambiare o accelerare, ma solo rispettare. I mesi di gestazione per una pianta sono come quelli di una donna. Ogni momento, ogni periodo, vanno lasciati trascorrere nei loro giusti tempi. Non possiamo accelerare lo sbocciare di un fiore, o la maturazione di un frutto. Nello stesso modo non è corretto nemmeno desiderare che il periodo di gravidanza passi in fretta, o che il bambino cresca altrettanto in fretta. Dobbiamo capire che esiste un ritmo naturale, simile al respiro o al battito del cuore.
Quindi è bene non sfruttare tutto il periodo della gravidanza per lavorare o riempirsi di impegni. L’attesa è un tempo di cura sacro, armonico, di ascolto, da vivere. Prepararsi al momento della nascita significa riconnettersi al mondo interiore, a quell’anima ospite, che sente, ascolta, assorbe.
Abbandonare la fretta è fondamentale. La matrice divina fortunatamente non si è fatta contagiare dalla nostra frenesia. Il giusto tempo dal concepimento alla nascita è sempre di 9 mesi.10 mesi lunari, 40 settimane. Numeri che contengono una saggezza da rispettare.
Alcune settimane prima del termine, la placenta smette di nutrire il bambino, il quale comincia a non stare più così beato nel ventre della mamma. In questa attesa vi è quindi un giusto tempo, quello che è dato dal completamento di una grande opera: la creazione di un essere umano.
È il tempo che appartiene alla natura
Dopo aver accolto e respirato per 40 settimane con il suo bambino, la madre deve continuare ad avvolgerlo e proteggerlo con il suo corpo e le sue forze vitali. Il bambino ha bisogno del corpo di protezione della madre nella cura dei ritmi: il ritmo sonno-veglia, quello dei pasti, quello della passeggiata.
Come aveva lasciato che il bambino, durante la gravidanza, crescesse e formasse il suo corpo fisico, ora deve curare gli istinti, i suoi bisogni primari, la salute, permettendo al bambino di manifestarsi come essere unico ed irripetibile.
Lo strumento che usa il neonato per manifestarsi è il pianto, più tardi, il sorriso. Nella pancia era abituato ad essere solo percepito. Solo grazie all’osservazione ed all’ascolto la mamma potrà sintonizzarsi con il bambino, permettendogli di trovare le sue prime autonomie, che saranno il germe delle future autonomie: le sue manifestazioni ascoltate. Questo richiede un giusto respiro da parte della madre, una calma interiore che verrà trasmessa a quel concentrato di empatia che è il bambino piccolo.
Il giusto tempo per rimanere tra le braccia, il giusto tempo per metterlo seduto, anche nell’ovetto, affinché la sua schiena e le sue anche siano pronte a questa nuova impresa. Il giusto tempo perché le sue gambette si rafforzino e possa ergersi da solo in piedi, tentando e ritentando, sostenuto dagli appoggi che in casa saranno stati predisposti per la sua sicurezza e perchè possa esplorare, ma anche sostenuto dalle mani di chi è a lui vicino e farà da veicolo alla sua autonomia.
Conquiste raggiunte attraverso l’amore che hanno un sapore del tutto diverso. Ed ecco il motivo per cui diventare madre significa avere una grande responsabilità: generare un figlio in salute ed accompagnarlo alla vita, in termini di nascita, di nutrimento e di crescita.
Fino ai 21 anni esistono una sorta di scatti evolutivi, riferibili ai primi tre settenni. Ognuno rappresenta una fase che non andrebbe mai saltata per la fretta che un figlio possa diventare grande. Crescerebbe senza aver maturato degli aspetti, energetici, animici e fisiologici, davvero fondamentali. A cominciare dall’allattamento. Come ci dice Rudolf Steiner, l’allattamento è il primo dialogo tra madre e bambino.
In questa epoca, dove tutto è una corsa, dall’allattamento fino alla crescita, la madre tende a trovarsi al servizio del risultato, non alla cura del processo. Il giusto tempo lo troviamo curando il processo con il profumo dell’amore, non perseguendo il risultato ad ogni costo.
Questo richiede un’attenta osservazione del bambino nella sua individualità. Non esiste un tempo prefissato per lo spuntare di un dentino, il cominciare a camminare, al dormire solo, allo staccarsi dal seno. Esiste un processo di maturazione che potremmo definire cosmica in ognuno di noi. Un’identità autentica.
Ad ogni bambino occorre il proprio tempo, a partire dal primo gemito, fino ad arrivare al primo passo. In mezzo ci saranno le prime espressioni del volto, le prime sillabe, le prime conquiste. Fino a quel momento la mamma avrà il compito di supportarlo, sorreggergli il capo, la schiena, dando sicurezza, oltre al nutrimento.
E questo nutrimento la investirà di una responsabilità, di un grande impegno nelle scelte: la qualità e la varietà del cibo rispetto alle stagioni, sia durante il periodo della gravidanza che dopo, un ritmo regolare nell’orario dei pasti, che garantiranno anche una qualità del sonno.
Nel primo periodo di vita, il bambino è fortemente dipendente dall’ambiente che lo circonda e da questi ritmi. Curando il suo benessere, sarà molto più tranquillo e disposto ad affidarsi, anche se in modo inconsapevole, a chi si sta prendendo cura di lui, perchè solo con l’amore possiamo capire chi siamo.
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