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3 Febbraio, 2024

Sfere di luce viventi – La fisica dei sistemi complessi

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XI • Numero 41 • Marzo 2022

 

Quanto dovremmo ancora imparare dalla vita su questo pianeta complesso

Risolvere il fatto incomprensibile di come e perché le lucciole1 lampeggino nel tempo potrebbe illuminare la fisica dei sistemi complessi2 stando alle ipotesi di alcuni ricercatori specializzati in materia. Di fatto, nel silenzio della notte del Tennessee, l’estate scorsa (2021) Orit Peleg3 e suoi colleghi (del Department of Computer Science al BioFrontiers Institute dell’University of Colorado Boulder) osservano migliaia di piccole sfere di luce fioche che si muovono, serenamente, nella foresta intorno a loro. Cercano di indovinare dove possa apparire il prossimo flash, tentando di individuare qualche modello o pattern che possa guidare le loro ricerche ma i movimenti, invece, sembrano irregolari, persino effimeri.

Al riguardo, la ricercatrice Orit Peleg riconosce nel suo articolo Living orbs of light – The physics of complex systems del 21 settembre 20214 che mentre montavano le loro macchine fotografiche e le loro tende, provava un senso di paralizzante terrore. Aveva portato con sé un eccellente gruppo di scienziati informatici e fisici del suo laboratorio al Parco Nazionale delle Great Smoky Mountains per dare la caccia alle lucciole, nella speranza che, studiando la comunicazione delle lucciole, si potesse svelare l’evento inspiegabile di come e perché le lucciole lampeggino all’unisono l’una con l’altra. Questo raro fenomeno sarebbe uno dei rebus più allettanti nella scienza dei sistemi complessi, innanzitutto se si potesse catturare la sincronizzazione delle lucciole in un algoritmo, in quanto ciò, si ipotizza, potrebbe aiutare a risolvere un numero significativo di rompicapi nella biologia cellulare, nella comunicazione animale e persino nella robotica degli sciami. Ma in ciò che sembrava configurarsi non c’era alcuna garanzia e lei si chiedeva, preoccupata, se l’esperimento avrebbe funzionato. Quell’esperimento sarebbe stato, inoltre, una corsa costante contro il tempo, poiché questi spettacoli di luce durano circa 10 giorni per sciame. Anche se nel pianeta Terra siamo lontani anni luce dalla stella più vicina, Orit Peleg si ritrovava a dare un’occhiata alle costellazioni lontane, che sembravano prevedibili, in contrasto con il brulicante mare di bioluminescenza attorno a lei.

Per caso, quando, per certi versi, tutto sembrava impossibile si sarebbe trovata una strada verso le lucciole attraverso le stelle. Già nella tarda adolescenza, Orit Peleg, era ossessionata dall’astronomia. Si meravigliava del fatto di essere un essere così minuscolo, circondato da un vasto Universo in cui c’era così tanto da esplorare. Questa discrepanza, tra la scala dei singoli componenti e dell’intero sistema globale, è prevalente in molte delle cose che i fisici osservano: dagli atomi che si cristallizzano in reticoli, alle bolle di sapone che si uniscono, ai ponti di cemento che vibrano in risonanza. Ciò che è comune a tutti questi esempi è la fisica sottostante dei sistemi complessi, in cui l’interazione microscopica tra i singoli elementi costitutivi determina il comportamento dell’insieme macroscopico.

Orit Peleg, infatti, si sente per sempre in debito con i libri di scienze popolari, i film e i documentari televisivi che l’hanno esposta a fenomeni naturali così accattivanti e le hanno dato un sano desiderio per un’istruzione più formale. Come laureanda in fisica, continuò a seguire un corso sui sistemi dinamici e, in tale ambito, avrebbe imparato, come gli elettroni nei superconduttori sincronizzano le loro vibrazioni per consentire la superconduttività, consentendo alla corrente elettrica di attraversarli con una resistenza minima. I concetti erano pesanti in matematica e difficili da afferrare. Il libro principale che costituì la spina dorsale del corso è stato Nonlinear Dynamics and Chaos (1994), di Steven Strogatz,5 un matematico applicato noto non solo per i suoi contributi significativi ai modelli matematici di sincronizzazione, ma anche per essere un superbo divulgatore scientifico.

 

Per rendere il suo pensiero più accessibile, Strogatz ha discusso altri esempi riconoscibili di sincronizzazione in natura, saltando avanti e indietro da sistemi inanimati a sistemi animati. Uno di questi esempi è stato il lampeggiare delle lucciole.6 Strogatz riferiva spesso che in alcune parti del sud-est asiatico, migliaia di lucciole maschi si radunassero sugli alberi di notte e lampeggiassero all’unisono. Orit Peleg, come riferisce nel suo saggio,7 ricorda, ancora oggi, di aver discusso della sincronizzazione delle lucciole in quel periodo di studio, immaginandole mentre producono uno spettacolo di luci influenzato, stando alle su ipotesi, dalle stesse leggi fisiche che controllano gli elettroni in un superconduttore. E questo è quanto accaduto in modo che il problema del come e del perché si fosse piantato nel suo cervello.

Ciascuno di questi esempi è un sistema complesso, in cui i singoli elementi costitutivi (una proteina, una cellula, un insetto) possono percepire il proprio “microambiente” immediato e rispondere in un modo che promuove la forma fisica. Tipicamente, la risposta cambia, di conseguenza, il più ampio “macroambiente” in cui l’individuo si trova incorporato. Questo crea un accoppiamento o un ciclo causale che collega gli individui, il gruppo e l’ambiente in un ciclo perpetuo di influenza e di essere colpiti. Con queste intuizioni Peleg è diventata una scienziata interdisciplinare, esplorando la storia naturale dal punto di vista della fisica e sviluppando teorie sperimentali per portare a una comprensione più profonda della fisica dei sistemi viventi. Questi studi includono8 le proteine ​​interagenti che controllano le nostre cellule, il modo in cui i coleotteri navigano usando segnali celesti e come i grappoli di api cambiano forma per resistere allo stress e per regolare la loro temperatura.9

Mentre le lucciole si trovano in tutti i continenti tranne in Antartide, le specie sincrone sono più rare. I primi scienziati che hanno studiato i resoconti popolari della sincronia delle lucciole spesso li hanno liquidati come un’illusioni, un incidente statistico o un artefatto di osservazione causato da un osservatore che batte le palpebre o dagli organi, che producono luce, delle lucciole allineati dal vento. Poiché le sincronizzazioni luminose sono rare, per non parlare di complesse e “disordinate”, lo scetticismo persiste. Anche dopo che la precisa sincronia fu confermata per la prima volta in Thailandia nel 1968, non c’era traccia del fenomeno nell’emisfero occidentale fino agli anni ’90. È stata Lynn Faust10 – all’epoca appassionata di lucciole, oggi esperta di fama mondiale – la prima a identificare le lucciole sincrone negli Stati Uniti, nel cortile della capanna della sua famiglia nel Tennessee. Studi accurati negli ultimi 50 anni hanno confermato che le lucciole sincrone sono, effettivamente, più comuni di quanto si pensasse inizialmente. Ad oggi, in Nord America sono state trovate tre specie di lucciole sincrone e se ne potrebbero scoprire molte altre in futuro.

Quando Lynn Faust aprì il suo laboratorio all’University of Colorado Boulder, ricordò la descrizione di Strogatz delle lucciole su quell’albero lontano in Asia. All’inizio, rimase sorpresa nello scoprire che c’erano pochi dati empirici per mettere in relazione i modelli matematici di sincronizzazione con il comportamento delle lucciole. Certo, ci sono delle ragioni per spiegare questo. La sincronizzazione delle lucciole è rara e il fenomeno stesso termina quasi non appena inizia. Gli insetti esistono come adulti lampeggianti solo per circa 10 giorni durante l’intero anno, quindi, producono lampi solo per poche ore a notte.11 Si deve, davvero, essere nel posto giusto e al momento giusto per osservare la loro sincronizzazione luminosa. In secondo luogo, fino a non molto tempo fa c’era bisogno di dispositivi di registrazione molto costosi e avanzati per documentare i flash. Al giorno d’oggi, è possibile utilizzare il kit semplice come una fotocamera GoPro o uno smartphone.

Così Lynn Faust decise di portare il suo laboratorio in giro attraverso il territorio disabitato degli USA per registrare i flash sincroni delle lucciole e, infine, creare una connessione più forte tra i modelli matematici che erano stati elaborati e il comportamento delle lucciole in natura. Questo obbligò la Faust e il suo gruppo, come la Peleg, a fare trekking nelle foreste nazionali ogni primavera con le loro tende e le loro apparecchiature di registrazione, circondati da sfere di luce viventi che stanno “migliorando le stelle”, nelle parole del poeta Richard Newman.12

 

 

Se la femmina è interessata, aspetta due secondi prima di emettere un lampo di mezzo secondo

 

Sebbene la comunicazione animale13 sia, spesso, considerata il dominio di ecologisti e zoologi,14 fisici e matematici hanno molto da contribuire quando si tratta di comprendere il costo energetico della comunicazione, la quantità di informazioni trasmesse da un organismo all’altro e quanto sia difficile o facile affinché il destinatario rilevi il segnale del mittente. Chiunque abbia mai utilizzato una piattaforma di incontri online ha familiarità con i dilemmi su quanta energia investire nella creazione di un profilo, quanti messaggi di testo inviare e quanti emoji usare. Si scopre che queste considerazioni su costo, rapporto segnale-rumore e comprimibilità siano criteri universali che quasi tutti i sistemi di comunicazione devono soddisfare. Ma il sistema lucciola, con una modalità di comunicazione tracciabile e la capacità di tracciare i segnali di tutti gli individui nello sciame, offre vantaggi impareggiabili rispetto ad altri sistemi che mostrano ciò che gli scienziati chiamano “comunicazione di ricerca del compagno”.

Gli abbaglianti giochi di luce delle lucciole sarebbero, infatti,15 rituali di corteggiamento: i maschi volanti annunciano la loro presenza come adatti compagni alle femmine a terra. Il loro segnale luminoso è composto da uno schema luminoso acceso/spento specie-specifico ripetuto periodicamente. Un buon esempio è Photinus carolinus, una specie di lucciola sincrona documentata nella regione sud-orientale degli Stati Uniti. Un maschio vola a circa un metro da terra. Ogni 15 secondi circa, produce diversi lampeggi consecutivi, a distanza di un secondo. La femmina Photinus carolinus rimane più vicino al suolo nella vegetazione bassa e se è interessata, aspetta due secondi prima di fare un lampo di mezzo secondo al terzo secondo.16

Se stando ai ricercatori citati, la precedente euristica risulta attendibile allora si potrebbe postulare che la produzione di flash sarebbe un’azione volontaria, risultante dal rilascio tempestivo del neurotrasmettitore octopamina che, quindi, innescherebbe una reazione chimica nella lanterna dell’insetto. L’attuale ipotesi all’avanguardia sarebbe che le lucciole controllino il loro lampeggio regolando la quantità di ossigeno che va ai loro organi che producono luce, anche se non sarebbe ancora chiaro se questo postulato sia accurato. Quello che sembra certo è che, a differenza di una lampadina, la luce di una lucciola sia “luce fredda”, con solo una minima energia dispersa sotto forma di calore. Questo è fondamentale per la sopravvivenza delle lucciole, poiché una lucciola non potrebbe sopportare che la sua lanterna si scaldi come una lampadina.17

Le lucciole femmine mostrano una preferenza per i maschi che producono uno schema di luce “ottimale”, come “giudicato” dal punto di vista della loro specie (a ciascuno il suo). Se un maschio riconosce una risposta femminile come indicativa della propria specie, le lucciole possono continuare ad avere un “dialogo” finché non si localizzano a vicenda. Tuttavia, migliaia di lucciole che lampeggiano in uno sciame possono creare un immenso disordine visivo che ostacola il rilevamento di potenziali compagni. La presenza di più specie che emettono modelli diversi aggrava il problema. Questa sfida è simile al “problema del cocktail party” nelle neuroscienze: la capacità di concentrare la propria attenzione uditiva su una conversazione specifica, filtrando al contempo altre chiacchiere irrilevanti.18

Le lucciole utilizzano due approcci per risolvere il disordine visivo.19 Il primo è creare schemi luminosi più distinti e rilevabili rispetto a quelli di altri individui (ci sono migliaia di specie identificate in uno dei più grandi database di segnali di comunicazione). Il secondo è cooperare, cioè che i maschi della stessa specie lampeggiano all’unisono per massimizzare i loro rapporti segnale-rumore. Tutto ciò accade in presenza di una selezione riproduttiva stridente e di un mimetismo aggressivo, in cui le femmine di alcune specie predano i maschi di altre specie imitando la risposta lampo delle loro femmine.20 Come scienziata informatica che studia il comportamento animale, Orit Peleg è affascinata da queste strategie, poiché riveleranno come gli animali sfruttino i principi della progettazione e dell’elaborazione del segnale a beneficio del loro successo riproduttivo.21

L’affascinante visualizzazione della sincronizzazione delle lucciole ha ispirato molti approcci matematici, incluso uno iconico noto come il modello Kuramoto, oltre ad una miriade di varianti e implementazioni. Il modello Kuramoto (o modello Kuramoto-Daido) è stato proposto per la prima volta dal fisico Yoshiki Kuramoto negli anni ’70 e descrive il comportamento previsto per un ampio insieme di oscillazioni accoppiate, comportamenti che cambiano tra uno dei due stati, in questo caso, le lucciole “on” e “off” lampeggiano. Il modello presenta diverse ipotesi, su questioni come il modo in cui le oscillazioni sono accoppiate, se gli oscillatori siano identici o quasi identici e sulle interazioni che ne dipendono, da dove nel ciclo di lampi, ciascuna coppia trova sé stessa rispetto alle altre. Questo modello ha trovato applicazioni diffuse sia nelle neuroscienze che nella dinamica della fiamma oscillante. Eppure nessuno ha acquisito dati sperimentali per convalidare l’accuratezza di questi modelli quando si trattava di sincronizzazione delle lucciole.22

Mettere alla prova i modelli matematici di sincronizzazione con dati sperimentali provenienti dal mondo delle lucciole richiede dati dettagliati sui modelli lampeggianti delle stesse nello spazio e nel tempo. Le lucciole sono, però, notoriamente difficili da coltivare in condizioni di laboratorio, di conseguenza la migliore idea del gruppo della Peleg è stata quella di andare direttamente alla fonte: un parco nazionale nel Tennessee dove potevano trovare le lucciole e registrarle nel loro habitat naturale. Nelle loro ricerche di campo c’era pressione e, ugualmente, la gioia infantile di inseguire e guardare le lucciole: raggiungere la posizione dello sciame di solito richiedeva escursioni, a volte per diversi chilometri, con un pesante set di macchine fotografiche, treppiedi, reti, luci a infrarossi, dischi rigidi, sensori di temperatura, schede di calibrazione, laptop e tende. E sì, spray per orsi, solo per sicurezza. Avrebbero limitato l’accensione dei fari per abituare gli occhi al buio e per evitare di interferire con il comportamento delle lucciole.23

Per registrare i tempi e le posizioni dei flash, questi ricercatori hanno utilizzato una tecnica chiamata “visione stereo”, in cui la profondità era determinata in base alla disparità tra le immagini acquisite da due fotocamere.24 Questo è simile ad una triangolazione, tecnica che permette di calcolare distanze, in questo caso profondità, fra punti sfruttando le proprietà dei triangoli, in questo caso con i propri occhi. Con le loro telecamere montate e il crepuscolo in discesa, gli sporadici intervalli di luce assomigliavano, metaforicamente in un linguaggio delle tecniche di comunicazione, al codice Morse man mano che si armonizzavano gradualmente in una sequenza sincrona di circa sei flash seguiti da sei o nove secondi di oscurità. A quanto pare, il loro esperimento25 ha funzionato come speravano e questa registrazione dell’esposizione collettiva di migliaia di lucciole Photinus carolinus in sciami naturali ha portato alla prima descrizione spazio-temporale in assoluto di come inizia la sincronizzazione delle lucciole.26 Il risultato di questa ricerca illumina l’importanza dell’ambiente nel plasmare l’auto-organizzazione e il comportamento collettivo.27

 

 

Importanza dell’ambiente nel plasmare l’auto-organizzazione e il comportamento collettivo

Le registrazioni del gruppo della Peleg dei lampi sincroni di Photinus carolinus evidenziano alcune considerazioni per adattare i modelli matematici esistenti o svilupparne di nuovi per descrivere meglio la sincronizzazione delle lucciole. Innanzitutto, l’inizio della sincronizzazione dipende dalla densità delle lucciole ed è accompagnato dall’emergere di segnali periodici. A bassa densità di lucciole, i flash non sembrano essere correlati. Mentre anche un piccolo numero di maschi interagenti lampeggia, esplosioni periodiche si verificano solo in gruppi più grandi di 15 maschi. Ad alta densità, lo sciame produce lampi sincroni all’interno di esplosioni periodiche, come una luce stroboscopica da pista che si accende e si spegne a determinati intervalli.

Mentre lo sciame di lucciole lampeggia in sequenze collegate di lampi di luce e inattività oscura, i maschi solitari non mantengono un ritmo costante di illuminazione. Ciò contrasta con un presupposto principale del modello Kuramoto, che prevede che i singoli agenti svolgano un comportamento periodico addirittura quando sono da soli, isolati dallo sciame. Tale presupposto resta da dimostrare ma, si può argomentare che quando la natura fa qualcosa di diverso, di solito si tratta di aumentare il successo riproduttivo o, di conseguenza, ridurre al minimo la quantità di energia spesa. Se l’obiettivo è sincronizzare, non avrebbe senso lampeggiare periodicamente quando non ci sono altre lucciole femmine in giro, così come non avrebbe alcun senso pubblicare aggiornamenti su una piattaforma di appuntamenti che nessun altro usa, come finemente suggerisce la Peleg. Presumibilmente, potrebbe essere, energeticamente favorevole, semplicemente “campionare” l’ambiente: cioè inviare un segnale e aumentarne la frequenza solo se rispondono più lucciole maschi.28

La seconda considerazione per adattare i modelli matematici esistenti, stando a Raphaël Sarfati, Julie C. Hayes, Élie Sarfati e Orit Peleg,29 sarebbe che i lampi si concentrassero e, di conseguenza, si irradiassero verso l’esterno attraverso lo sciame e il terreno in un processo simile a un relè.30 Il risultato complessivo sarebbe simile a una folla che fa la “ola” a un evento sportivo. I risultati della ricerca della Peleg e il suo gruppo possono essere interpretati come un suggerimento che proponga che le lucciole interagiscano, localmente, attraverso una rete dinamica di connessioni visive in base alla misura in cui sono separate dal terreno e dalla vegetazione circostante.

Questo risultato, come già riferito, illumina l’importanza dell’ambiente nel plasmare l’auto-organizzazione e il comportamento collettivo.31 E infine, mostra che le informazioni si esprimono non solo nei tempi dei lampi ma, altresì, nel movimento delle lucciole. La codifica delle informazioni nel movimento delle lucciole sincrone è meno sorprendente alla vista, ma le telecamere utilizzate nella ricerca hanno tracciato ciò che il nostro occhio umano nudo non potrebbe. Sebbene il lampeggio collettivo sia percepito come simmetrico all’interno di una raffica, il movimento della lucciola non lo sarebbe. Il leader dell’esplosione lampeggia più a lungo e vola più lontano dei seguaci. In particolare, i maschi pacemaker che lampeggiano prima durante l’esplosione si muovono più velocemente, rispetto ai maschi che lampeggiano più tardi durante l’esplosione.

Dato che le lucciole sono agenti fisici che si muovono nello spazio tridimensionale, forse non sorprende che i loro movimenti codifichino informazioni. Un esempio lampante di questo si trova nella lucciola Photinus pyralis,32 una specie comune spesso chiamata “l’Orsa Maggiore” per i caratteristici bagliori di un secondo dei maschi mentre volano a forma di lettera J. La loro combinazione di luce e movimento ha ispirato scienziati e artisti allo stesso modo. In effetti, nel 1949 Pablo Picasso produsse uno dei primi “disegni di luce” documentati, vale a dire fotografie, scrisse un critico, che “furono realizzate con una piccola luce elettrica in una stanza buia; in effetti, le immagini sono scomparse non appena sono state create e tuttavia vivono ancora, sei decenni dopo”. Da allora, la fotografia a lunga esposizione di spettacoli di lucciole si è sviluppata in una forma sorprendente di espressione artistica.33

Mentre la Peleg si addentrava nei boschi, portando avanti la sua ricerca, sotto le stelle e tra le lucciole fugaci, si meravigliava di quanto dobbiamo ancora imparare dalla vita su questo pianeta complesso. Abbiamo appena iniziato a capire come comunicano le lucciole e le intuizioni teoriche raccolte, perfezionando il modello Kuramoto, potremmo illuminare altri sistemi complessi, alcuni dei quali potremmo non essere nemmeno a conoscenza. Ma con le rapide estinzioni di biomassa, non solo stiamo perdendo l’equilibrio della vita sul pianeta. Stiamo perfino perdendo la nostra capacità di comprendere, veramente, “la tecnologia più straordinaria che sia mai esistita”, secondo il bioingegnere Manu Prakash:34 “i principi di progettazione fisica della vita sulla Terra”.

Le lucciole sono state in gran parte trascurate negli sforzi di conservazione globale. Sebbene esistano relativamente pochi programmi di monitoraggio, rapporti aneddotici in crescita, supportati da esperti come Sara Lewis della Tufts University,35 suggeriscono36 che le popolazioni globali di lucciole siano in difficoltà, specialmente per la luce artificiale notturna. Per comprendere meglio le minacce affrontate dalle lucciole, ci vorrebbero nuovi strumenti quantitativi per identificare e monitorare le popolazioni, registrare i cambiamenti e misurare le variazioni del loro comportamento in presenza di fattori ambientali come condizioni meteorologiche estreme e inquinamento luminoso. Peleg e il suo gruppo auspicano che il loro approccio possa fornire almeno ulteriori intuizioni per la comprensione dei sistemi complessi, qualcosa di radicalmente imprescindibile nel difendere la complessità della vita e della salute dall’appiattimento a cui il biopotere che organizza la vita delle popolazioni sta riducendo la complessità sistemica della pandemia di SarsCov19. Inoltre, nessuno che abbia conosciuto il bagliore di questi minuscoli coleotteri desidera vederlo scomparire.

______________Note _________________

1 Lucciola (Laporte, 1833) è un genere di minuscoli insetti coleotteri, appartenenti alla famiglia Lampyridae, noti come lucciole. A differenza dell’altro genere presente in Italia, Lampyris, le lucciole del genere Luciola non hanno un elevato dimorfismo sessuale, ma si possono comunque riconoscere facilmente. I maschi sono alati, con un corpo lungo e snello, e possono essere lunghi più di un centimetro. Possono volare a circa un metro da terra o posarsi su steli. Le femmine, più rare, sono anch’esse alate, ma il corpo è più tozzo e corto e si trovano frequentemente a terra, forse appena nascoste dall’erba. Il pronoto, in entrambi i sessi, non ricopre totalmente il capo e può presentare una macchia rossiccia centrale. Le elitre sono marrone scuro e ricoprono tutto il corpo. Ventralmente si può osservare la parte terminale dell’addome di colore bianco, dove avviene la produzione della luce. La luce emessa è dovuta all’ossidazione del substrato fotogeno luciferina ad ossi luciferina, che avviene in presenza di ossigeno grazie alla catalisi operata dall’enzima luciferasi. È una luce fredda, la cui lunghezza d’onda oscilla fra i 500 ed i 650 nm. L’intensità invece varia a seconda della specie (ne esistono circa 2000). L’emissione luminosa è una funzione che si manifesta nella fase di corteggiamento precedente all’accoppiamento.

2 La fisica dei sistemi complessi si occupa dello studio e della modellizzazione di sistemi e fenomeni complessi naturali e antropici, in particolare nell’ambito della fisica dei fluidi (turbolenza e dispersione), dell’econofisica, della bioinformatica e neuro-fisica. Le principali linee di ricerca riguardano lo studio teorico e sperimentale di fenomeni di auto-organizzazione, fluttuazioni, equilibrio e stabilità, transizioni di fase e fenomeni critici, correlazioni spazio-temporali, invarianza di scala, processi stocastici, formazione e dinamica di strutture. Lo spettro dei sistemi investigati comprende turbolenza, plasmi complessi, fluidi complessi classici e quantistici, materia soffice, sistemi biologici, ecosistemi, metodi e algoritmi in machine learning e scienza dei dati.

3 Orit Peleg è un’informatica, biofisica e Assistant Professor presso il Dipartimento di Informatica e il Biofrontiers Institute nell’Università del Colorado Boulder. È nota per il suo lavoro sulla biofisica dei sistemi viventi morbidi.

4 Orit Peleg. Living orbs of light – The physics of complex systems. In AEON Sept 21, 2021

5 Steven H. Strogatz. Nonlinear Dynamics and Chaos. Routledge and CRC Press, 1994

6 Orit Peleg. Living orbs of light – The physics of complex systems. In AEON Sept 21, 2021

7 Ibidem

8 R. Sarfati, J. Hayes, O. Peleg. Self-organization in natural swarms of Photinus carolinus synchronous fireflies. Science Advances, 7:28, eabg9259 (2021) / Self-organization in natural swarms of Photinus carolinus synchronous fireflies. Science Advances, 7:28, eabg9259 (2021)  / C. Nguyen, Y. Ozkan-Aydin, H. Tuazon, D. I. Goldman, S. Bhamla, O. Peleg. Emergent collective locomotion in an active polymer model of entangled worm blobs. Front. Phys., 9:540 (2021). D.M. T. Nguyen, M. L. Iuzzolino, A. Mankel, K. Bozek, G. J. Stephens, O. Peleg. Flow-mediated olfactory communication in honey bee swarms. Proc. Natl. Acad. Sci., 118 (13) e2011916118 (2021) R. Sarfati, O. Peleg. Calibration-free 3D reconstruction of firefly trajectories from 360-degree cameras. bioRxiv (2021) D.M. T. Nguyen, G. Gharooni Fard, M. L. Iuzzolino, O. Peleg. Robustness of collective scenting in the presence of physical obstacles. Accepted for publication at the Proc. Int. Sym. on Swarm Behavior and Bio-Inspired Robotics SWARM2021 bioRxiv (2021) R. Sarfati, J. Hayes, É. Sarfati, O. Peleg . Spatiotemporal reconstruction of emergent flash synchronization in firefly swarms via stereoscopic 360-degree cameras. J. R. Soc. Interface 17:20200179 (2020) G. Gharooni Fard, E. Bradley, O. Peleg. Data-driven modeling of resource distribution in honeybee swarms Artificial Life Conference Proceedings, 32, 324-332 (2020) .K. Nave, N.T. Mitchell, J.A. Chan Dick, T. Schuessler, J.A. Lagarrigue, O. Peleg. Attraction, dynamics, and phase transitions in fire ant tower-building Front. Robot. AI 7:25 (2020) ​L. Khaldy, O. Peleg, C. Tocco, L. Mahadevan, M. Byrne and M. Dacke. The effect of step size on straight-line orientation. J. R. Soc. Interface 16: 20190181 (2019) ​S. Bidari, O. Peleg, Z.P. Kilpatrick. Social inhibition maintains adaptivity and consensus of foraging honeybee swarms in dynamic environments. J. R. Soc. Open Sci., 6:12, 191681 (2019) O. Peleg. Mechanical hive mind Physics Today 72(4), 66 (2019) J.M. Peters, O. Peleg, L. Mahadevan. Collective ventilation in honeybee nests. J. R. Soc. Interface 16: 20180561 (2019) ​O. Peleg, J.M. Peters, M.K. Salcedo, L. Mahadevan. Collective mechanical adaptation in honeybee swarms. Nat. Phys., doi s41567-018-0262-1 (2018) ​O. Peleg, L. Mahadevan. Optimal switching between geocentric and egocentric strategies in navigation.J. R. Soc. Open Sci., 3, 160128 (2016) L.S. Shagolsem, D. Osmanovic, O. Peleg, Y. Rabin. Pair interaction ordering in fluids with random interactions. J. Chem. Phys., 142, 051104 (2015) O. Peleg, J.M. Choi, E. Shakhnovich Evolution of specificity in protein-protein interactions. Biophys. J., 107 (7), 1686-1696 (2014); Chosen among Biophys. J. Best of 2014 M. Tagliazucchi, O. Peleg, M. Kröger, Y. Rabin, I. Szleifer. Effect of charge, hydrophobicity and sequence of nucleoporins on the translocation of model particles through the nuclear pore complex. Proc. Natl. Acad. Sci., 110, 3363-3368 (2013) M.B. Harasim, B. Wunderlich, O. Peleg, M. Kröger, A.R. Bausch. Direct observation of the dynamics of semiflexible polymers in shear flow. Phys. Rev. Lett. 110, 108302 (2013) O. Peleg, T. Savin, G.V. Kolmakov, I.G. Salib, A.C. Balazs, M. Kröger, V. Vogel. Fibers with integrated mechano-chemical switches: Minimalistic design principles derived from fibronectin. Biophys. J., 9:103, 1909-1918 (2012); New and Notable: Biophys. J. 3:109, 1814-1815 (2012) I.G. Salib, G.V. Kolmakov, B.J. Bucior, O. Peleg, T. Savin, M. Kröger, V. Vogel, K. Matyjaszewski, A.C. Balazs. Using mesoscopic models to design strong and tough biomimetic polymer networks. Langmuir 27, 13796-13805 (2011) O. Peleg, M. Tagliazucchi, M. Kröger, Y. Rabin, I. Szleifer. Morphology control of hairy nanopores. ACS Nano, doi: 10.1021/nn200702u (2011) O. Peleg, R.Y.H. Lim. Converging on the function of intrinsically disordered nucleoporins in the nuclear pore complex. Biol. Chem. 391, 719–730 (2010) M. Kröger, O. Peleg, A. Halperin. From dendrimers to dendronized polymers and forests: Scaling theory and its limitations. Macromolecules 43, 6213-6224 (2010) S. Fransson, O. Peleg, N. Lorén, A.-M. Hermansson, M. Kröger. Modelling and confocal microscopy of biopolymer mixtures in confined geometries. Soft Matter 6, 2713-2722 (2010) O. Peleg, M. Kröger, Y. Rabin. Effect of network topology on phase separation in two–dimensional Lennard–Jones networks. Phys. Rev. E 79, 040401(R) ; also included in the Virtual J. Biol. Phys. 17:8 (2009) O. Peleg, M. Kröger, Y. Rabin. Model of microphase separation in two-dimensional gels. Macromolecules 41, 3267-3275 (2008) M. Kröger, O. Peleg, Y. Ding, Y. Rabin. Formation of double helical and filamentous structures in models of physical and chemical gels. Soft Matter 4, 18–28 (2008) O. Peleg, M. Kröger, I. Hecht, Y. Rabin. Filamentous networks in phase-separating two-dimensional gels. Europhys. Lett. 77, 58007 (2007)

9 Orit Peleg. op. cit. Sept 21, 2021

10 https://www.nature.org/en-us/about-us/where-we-work/united-states/tennessee/stories-in-tennessee/fireflies-lynn-faust/

11 Lynn Frierson Faust. Fireflies, Glow-Worms, and Lightning Bugs: Identification and Natural History of the Fireflies of the Eastern and Central United States and Canada (Wormsloe Foundation Nature BooK. Published: University of Georgia Press – March 1st, 2017

12 https://writersalmanac.publicradio.org/index.php%3Fdate=2006%252F05%252F22.html

13 Stassa Edwards. From Aesop to doge. The animal who speaks in a human voice is a figure of the most enduring imaginative power. What does we hope to hear? In AEON, 23 January 2015

14 Mirjam Guesgen. Animal pain is about communication, not just feeling. In AEON 15 June 2018

15 https://www.alieward.com/ologies/sparklebuttology

16 Ibidem

17 Ibidem

18 Orit Peleg, op. cit. Sept 21, 2021

19 Ibidem

20 Ibidem

21 Ibidem

22 Ibidem

23 Ibidem

24 Raphaël Sarfati, Julie C. Hayes, Élie Sarfati and Orit Peleg. Spatio-temporal reconstruction of emergent flash synchronization in firefly swarms via stereoscopic 360-degree cameras. Journal of the Royal Society Interface. Volume 17Issue 170, September 2020

25 Ibidem

26 Ibidem

27 Ibidem

28 Ibidem

29 Ibidem

30 Il relè è un componente elettromeccanico il cui azionamento avviene mediante un elettromagnete costituito da una bobina di filo conduttore elettrico, generalmente di rame, avvolto intorno ad un nucleo di materiale ferromagnetico. Al passaggio di corrente elettrica nella bobina, l’elettromagnete attrae l’ancora alla quale è vincolato il contatto mobile che quindi cambierà posizione. Quando il relè è a riposo il contatto mobile è in contatto con uno dei due contatti fissi. Quando il relè è “eccitato”, cioè quando la bobina è percorsa da corrente elettrica, la situazione si inverte e il contatto mobile si sposta sull’altro contatto.

31 Ibidem

32 Photinus pyralis, noto con i nomi comuni di lucciola orientale comune e lucciola grande merlo acquaiolo, è la specie più comune di lucciola in Nord America. P. pyralis è un coleottero volante che produce luce con un organo leggero sul lato ventrale dell’addome. Questo organismo è talvolta classificato erroneamente come Photuris pyralis, il che probabilmente deriva dall’errore del genere Photuris dal suono simile. La femmina Photuris può anche attirare un Photinus pyralis da mangiare per ottenere steroidi repellenti per i ragni chiamati “lucibufagins”. Nei maschi l’organo luminoso copre l’intera superficie ventrale dei tre segmenti più posteriori e nelle femmine copre solo una porzione del terzo segmento posteriore. Queste lucciole sono più evidenti al crepuscolo, nella prima parte della sera e si librano vicino al suolo. Il nome comune della specie si riferisce al caratteristico volo del maschio, che vola in una traiettoria a forma di J, illuminandosi in salita. Durante il volo, il modello di volo a forma di J viene utilizzato in combinazione con i modelli di lampo di pattugliamento durante la ricerca di un compagno. I loro bagliori sono stimolati da condizioni di luce, non da impulsi ritmici come originariamente pensato. Il genoma di Photinus pyralis è stato sequenziato nel 2018.

33 Orit Peleg, op. cit. Sept 21, 2021

34 Scienziato indiano. Ha studiato all’Università “Indian Institute of Technology” a Kanpur in India e, successivamente, al Massachusetts Institute of Technology di Boston, dal 2011 è assistente professore di bioingegneria della Stanford University. Ha ricevuto il premio MacArthur Fellowship nel settembre 2016. Lui ed il suo team studiano la possibilità di ottenere strumenti scientifici utili con scarsità di risorse (frugal science)

35 Sara M Lewis, Choong Hay Wong, Avalon C S Owens, Candace Fallon, Sarina Jepsen, Anchana Thancharoen, Chiahsiung Wu, Raphael De Cock, Martin Novák, Tania López-Palafox, Veronica Khoo, J Michael Reed, A Global Perspective on Firefly Extinction Threats, BioScience, Vol. 70, Issue 2, Pages 157–167, February 2000

36 Avalon C.S. Owens, Sara M. Lewis. The impact of artificial light at night on nocturnal insects: A review and synthesis. In “Ecology and Evolution”, Vol. 8, Issue 22, pages 11337-11358, November 2018