Rinaldo Octavio Vargas - sociologo
Il pensiero come sfruttamento delle normali operazioni dei corpi
Philip Ball: lo stato dell’arte della narrativa della biologia molecolare
Il caos e l’ordine non sono forze opposte ma strettamente connesse
Le analogie storiche raccontano il futuro?
La nostra più grande invenzione è stata l’invenzione stessa dell’invenzione
Con quale criterio si distingue la scienza dalla non-scienza?
Le emozioni come programmi d’azione e le passioni come oggetti d’osservare
La tragedia del “privato”
Biologia e filosofia della mente: il volto dei pesci
Rispecchiando le strategie della farmacologia, la nanomedicina ha riprodotto i suoi fallimenti
Le avversità come principale fonte delle nostre angosce mentali
Rinaldo Octavio Vargas, 66 anni, sociologo. Direttore responsabile di BIO Educational Papers Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
La mia visione del mondo e, per tanto, quanto faccio, sono pervasi dalle idee che rinunciano alle assunzioni di linearità e agli interventi metafisici nell’indagine dei sistemi dinamici. Penso addirittura che l’autopoiesi comprenda transizioni e caos. Si direbbe, allora, che mi riconosco nei paradigmi della complessità e dell’evoluzione. Da queste posizioni collaboro nella divulgazione di idee circa la complessità di ciò che siamo e del mondo a cui apparteniamo. Lo faccio con la speranza che tali idee contribuiscano a ridimensionare la presunzione del credo in una realtà semplice corredata da una verità. Penso che vivremmo meglio se, come popolazioni, potessimo riorganizzarci riconoscendo, umilmente, che siamo solo sapiens che conversano circa le loro osservazioni locali. Il mio curriculum, spero non deludervi, piuttosto che un elenco di posizioni occupate, costituisce solo un percorso di tentativi di sviluppare una qualche consapevolezza della mia esistenza sociale di fronte all’altro e agli orizzonti di senso e non senso in cui capito. Sono debitore a tutti i pensatori e studiosi che hanno fatto tramontare (prima e dopo la caduta di Nietzsche a Torino) le certezze della modernità. Mia è soltanto la furbizia di ricopiarli e disporli congiuntamente negli incisi che caratterizzano la mia scrittura. Ah, sì, mi piace parecchio cucinare ed imbandire – e certamente il buon vino.