Vivere in armonia con la natura? Tra retorica e realtà.

24 Febbraio, 2024
Tempo di lettura: 16 minuti

BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno X • Numero 40 • Dicembre 2021

 

 

Un’effettiva rivoluzione sui diritti della natura?

Un’ideologia di tutela giuridica dei diritti della natura, in senso alquanto vago, sta emergendo costantemente nel discorso pubblico politicamente corretto e perfino in diversi ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, si potrebbe dire, parafrasando Kotzé e Villavicencio Calzadilla, che tra retorica e realtà la questione è, effettivamente, in voga ma è, altresì, difficile da affrontare. In realtà, stando all’avvocato ambientalista David R. Boyd, che ha appena concluso il suo mandato come Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e sull’ambiente, l’evidenza scientifica indica che la crisi ambientale globale, nonostante il discorso giuridico attuale, sta accelerando e che le leggi ambientali adottate non sono state in grado di invertirne la tendenza.1

Di fatto, come sottolineano nella loro relazione di richiesta di un maggior impegno per piegare la curva della perdita di biodiversità, i ricercatori Giorgina Mace, Mike Barret, Neil Burgess, Sarah Cornell, Robin Freeman, Monique Grooten e Andy Purvis, il movimento per il riconoscimento della natura come titolare di diritti constata che le leggi esistenti stiano, tutt’al più, regolando, anziché fermando, la distruzione del mondo naturale. In ogni modo, un numero sparso di giurisdizioni, come è successo in Bolivia, New Zealand, Colombia ed Ecuador, ha attuato tentativi di attribuire, o riconoscere se si preferisce, dei diritti della natura. Questi tentativi, sicuramente, sostengono i ricercatori Chapron, EpsteinLópez-Bao possono proteggere meglio i sistemi naturali, anche se restano interrogativi fondamentali che non potrebbero essere affrontati senza i necessari contributi di varie discipline per attuare una vera rivoluzione dei diritti della natura e garantirne l’efficacia.

La questione, decisamente, è complessa perché riguarda domande senza responsi riportate nei miti né svelati dagli dei e senza nemmeno risposte dimostrabili da una, ci si consenta l’ossimoro, ontologia metafisica sulla natura. Senz’altro, non risulta per nulla chiaro come verrebbero definiti i diritti della natura che non sia da un punto di vista antropocentrico, con una pluralità di interessi controversi da conciliare e, a volte, radicalmente incompatibili. La natura, infatti, viene percepita e valutata in modi completamente diversi e spesso conflittuali. In proposito, sarebbe superficiale suggerire che per arrivare a pratiche trasformative che mirino ad un futuro sostenibile si potrebbe trarre vantaggio, semplicemente, abbracciando tale diversità di percezioni e valori. In realtà, giungere ad una tale posizione di compromesso richiede qualcosa di assai difficile o irrealizzabile, vale a dire il riconoscimento e l’indirizzamento delle relazioni di potere tra gruppi con interessi diversi e perfino contrapposti che, ovviamente, detengono valori diversi sulle relazioni tra gli umani e il resto della natura. Inoltre, finora le costituzioni prevedono approcci sui diritti alla protezione dell’ambiente basati su una razionalità strumentale che cerca di promuovere i diritti umani nei confronti della natura, approcci che rimangono antropocentrici. Sebbene ci siano crescenti richieste all’interno dei circoli accademici e degli attivisti per riorientare i diritti lungo una cosiddetta ontologia eco-centrica, non sembra fattibile fare il passo coraggioso per conferire diritti alla natura in quanto le costituzioni sono esse stesse espressioni dei rapporti di potere. Di conseguenza, poiché le definizioni sarebbero inevitabilmente sociali, non esiste un’ontologia eco-centrista a priori, senza i significati sociali. Solo l’Ecuador, proprio per via di una congiuntura sociale e antropologica propizia ha potuto provare un suo tentativo di modificare il lessico, cioè far valere altre credenze e convinzioni.

 

Le idee sui diritti: metafisica politica e biopotere.

Comunque, tralasciando questi aspetti fondamentali circa l’ambientalismo ostaggio dei poteri corporativi geopolitici e delle loro costituzioni, si può iniziare l’argomentazione prendendo atto, come segnalano Chapron, Epstein e López-Bao che le idee sui diritti sono cambiate nel tempo. Si tenga presente soltanto che l’idea moderna che esistano dei diritti umani e naturali universali che non provengono dai governi e che non possono essere eliminati è emersa appena durante l’Illuminismo. Ad esempio, la Dichiarazione di indipendenza americana del 1776 sosteneva che i diritti alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità erano evidenti. La Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 annunciava che lo scopo “di tutte le associazioni politiche fosse la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo”, come il diritto alla libertà. Queste espressioni dei diritti umani naturali hanno fornito un vocabolario alquanto retorico per sostenere che la schiavitù e altre violazioni dei diritti erano sbagliate. Per rimediare, in seguito alle devastanti violazioni dei diritti umani della seconda guerra mondiale, le Nazioni Unite hanno adottato la Dichiarazione universale dei diritti umani, riconoscendo la dignità intrinseca di tutti gli esseri umani e un’ampia gamma di diritti. Molti di questi diritti sarebbero ancora un vocabolario politico le cui definizioni concettuali cambiano a seconda delle circostanze politiche e, certamente, non costituiscono una realtà per molte popolazioni ma, in ogni caso, si può apprezzare l’idea che la dichiarazione fornisca un modello morale per ispirare società più giuste, come propongono Chapron, Epstein e López-Bao in A rights revolution for nature.

Stando a questi iconoclasti ricercatori, i sostenitori dei diritti della natura affermano che la devastazione ambientale sia un errore morale che dovrebbe essere fermato. Quest’affermazione non sarebbe, certamente, fondata su prove scientifiche, ma non sarebbe meno valida dell’affermazione, condivisa e ragionevole, che danneggiare gli esseri umani costituisca un errore morale. Invero, né i diritti umani né i diritti della natura possono essere dimostrati attraverso un processo scientifico ma, come suggerisce la filosofa Martha Nussbaum,2 possiamo trarre deduzioni su ciò che la giustizia richiede sulla base di ciò che sentiamo e sappiamo essere necessario per il fiorire degli esseri umani e della natura.

Secondo l’esperto Oliver A. Houck,3 il movimento per i diritti della natura sarebbe simile al movimento per i diritti degli animali in quanto cerca di promuovere i diritti della vita non umana. Tuttavia, come è ben consapevole Houck, i diritti degli animali, come i diritti umani, tradizionalmente danno la priorità all’individuo. Al riguardo, il filosofo Tom Regan,4 segnala che tutti gli esseri viventi individuali hanno valore intrinseco e, quindi, diritti in virtù dell’essere vivi. Evidentemente, i diritti della natura vanno oltre il discorso sui diritti degli animali. I sostenitori di quest’allargamento si sono concentrati, per il momento, sui diritti delle comunità naturali, degli ecosistemi o di altre entità naturali che sono vive o sostengono la vita, come le montagne o la Madre Terra. A tale proposito, si possono fare parallelismi con i diritti collettivi, come i diritti delle nazioni all’autodeterminazione o il diritto alla protezione culturale, come ci propone lo studioso Peter Jones nella sua elucidazione in cui si chiede se i diritti umani siano una questione morale o politica,5 esplorando le questioni filosofiche sollevate dal duplice status dei diritti umani come diritti morali, da un lato, e diritti praticati legalmente, politicamente e storicamente, dall’altro. Jones argomenta non solo come comprendere correttamente il rapporto tra morale dei diritti umani e diritto ma, perfino, la delicata questione di come bilanciare il carattere normativo dei diritti umani, vale a dire la loro descrizione di un mondo ideale, con l’esigenza che siano realizzabili nel qui e ora in un mondo plasmato dalla politica e dal potere.

 

Alla ricerca delle fondamenta per i diritti della natura

Secondo Joseph Raz, i diritti per i collettivi, i diritti per gli animali e i diritti della natura potrebbero essere più facilmente fondati sulla teoria giuridica dell’interesse 6. Per il filosofo giuridico Raz,7 nel suo saggio sulla morale della libertà, una persona o un’altra entità avrebbe un diritto se e solo se è in grado di avere diritti, e qualche aspetto del loro interesse o benessere sia “un motivo sufficiente per ritenere che un’altra persona si trovi sotto un dovere.” Alcuni interessi della natura che sono stati ritenuti sufficienti per produrre diritti includono l’esistenza, l’habitat e l’adempimento di ruoli ecologici, come hanno sostenuto T. Berry e J. Hadley nelle loro riflessioni e teorizzazione circa i diritti della terra,8 degli habitat e degli animali selvatici.9 La teoria dell’interesse non risolverebbe, però, la questione se la natura sia in grado di avere diritti. Raz suggerisce, tuttavia, che le entità che hanno valore per sé stesse, anziché per il valore che forniscono agli altri, possono avere diritti. I sostenitori dei diritti della natura affermano, moralmente, che la natura abbia questo valore intrinseco.

Altri argomenti per fondare i diritti della natura derivano, come segnalano Chapron, Epstein e López-Bao, dalla religione o dalla spiritualità. Le teorie dell’Illuminismo sui diritti umani spesso identificavano il Dio biblico come una fonte di diritti umani, ma le religioni non occidentali e, soprattutto, le spiritualità indigene hanno decisamente influenzato il discorso sui diritti della natura. In proposito, il pensiero sui diritti della natura mescola, spesso, i concetti dei diritti occidentali con una spiritualità non occidentale, a volte come mezzo per porre rimedio a una precedente usurpazione della natura dall’uso di gruppi di potere. Ad esempio, il riconoscimento da parte della Nuova Zelanda del fiume Whanganui e dell’area circostante come persone giuridiche Te Awa Tupua è nato da un accordo con una tribù Maori e dalla connessione spirituale di quella tribù con il fiume. Allo stesso modo, la costituzione ecuadoriana riconosce i diritti di Pacha Mama, una dea della terra indigena. Le leggi eco-centriche potrebbero essere compatibili anche con la spiritualità monoteista, come illustra l’enciclica Laudato si’10 del 24 maggio 2015 del papa della Chiesa Cattolica Francesco Bergoglio, che condanna l’“antropocentrismo tirannico” e chiede un nuovo quadro giuridico per proteggere gli ecosistemi.

Come ci ricordano Chapron, Epstein e López-Bao, un discorso sui diritti non si dovrebbe basare su approcci economici o utilitaristici per valutare la natura che mirano a massimizzare un’utilità aggregata. Il linguaggio dei diritti ha spesso fornito un baluardo morale per difendere i vulnerabili da tali calcoli. Ad esempio, il lavoro minorile non è più considerato la cosa giusta da fare anche se rende la società nel complesso più ricca. Tuttavia, argomenti utilitaristici potrebbero anche sostenere l’attuazione di diritti per la natura, se fornissero un modo efficiente per proteggere l’ambiente per il bene più grande.

 

Le difficoltà per definire i diritti legali per i non umani

Che la natura abbia diritti morali è più che probabile rimanga una questione controversa e dibattuta. In ogni caso, di recente alcune società hanno conferito “diritti legali” alla natura. Infatti, alcune giurisdizioni li hanno individuati, concessi o emanati. Tali diritti della natura, legalmente riconosciuti, ovviamente derivano da fonti quali costituzioni, leggi e decisioni giudiziarie, come ci indica David Boyd in The Rights of Nature.11

La concessione di diritti legali ai non umani, al contrario di ciò che idealizza Boyd, non è, però, di per sé rivoluzionaria e nemmeno insolita, come avvertono Chapron, Epstein, Trouwborst e López-Bao nel loro saggio critico sul rafforzamento dei confini legali che lasciano inalterato il problema planetario. Sebbene le considerazioni morali spesso influenzino lo sviluppo dei diritti legali (e viceversa), i diritti legali, loro aggiungono, non devono, necessariamente, avere una base morale. La legge può conferire diritti a tutti i tipi di entità se trova motivo per farlo. Le corporazioni, i sindacati e gli stati sono tutte entità non umane che hanno diritti e doveri ai sensi della legge. In effetti, hanno il diritto di intentare causa in caso di lesioni e il dovere di non violare i diritti degli altri. Il sistema legale, osservano quasi beffardamente, non mostra difficoltà alcuna a giudicare i diritti non umani.

Stando a Chapron, Epstein, Trouwborst e López-Bao, i diritti che alcune popolazioni aborigeni cercano di conferire alla natura potrebbero offrire vantaggi che mancano in altri tipi di tutela giuridica dell’ambiente. Ad esempio, i diritti umani a un ambiente sano non proteggerebbero le specie la cui esistenza potrebbe entrare in conflitto con le attività umane. Le leggi sulla conservazione, come forse la più conosciuta, l’Endangered Species Act,12 possono proteggere le specie ma non darebbero loro il diritto di esistere. Tale tutela può, effettivamente, essere rimossa a piacimento dal legislatore. Se invece venissero riconosciuti, come vorrebbe l’utopia ambientalista e portatrice delle visioni circa la natura delle popolazioni indigene, i diritti di specie, le specie o i loro rappresentanti potrebbero allora chiedere la restituzione in caso di danno anche quando non sono esplicitamente tutelati da regolamenti e quando i loro bisogni si troverebbero in conflitto con i bisogni umani. Tuttavia, alcune di queste proposizioni di conferire diritti naturali ad entità non umane potrebbero, ci avvertono Chapron, Epstein, Trouwborst e López-Bao, essere interpretate come tentativi da parte di gruppo di interesse di imporre la propria volontà agli altri In ogni caso, come con altri tipi di diritti, i diritti naturali possono portare a un rimedio quando i regolamenti non riescono a correggere le ingiustizie.

 

Le problematicità di concedere alla natura lo status giuridico di persona

Finora, come più volte accennato durante questa argomentazione, i tentativi di difendere dei diritti della natura attraverso il sistema legale hanno prodotto risultati limitati. Ecuador e Bolivia hanno svolto un ruolo pionieristico nel riconoscimento dei diritti della natura ma nessuno dei due paesi è stato in grado di rallentare il loro degrado ambientale. Sebbene alcune decisioni giudiziarie si siano basate sui diritti riconosciuti alla natura e abbiano portato a risultati positivi per l’ambiente, entrambi i paesi hanno continuato ad attuare politiche dannose per l’ambiente, come argomentano gli studiosi Paola Villavicencio Calzadilla e Louis J. Kotzé nella loro valutazione critica dei tentativi effettuati in tali paesi di vivere in armonia con la natura. Altri riconoscimenti di diritti non sono sopravvissuti affatto alle sfide legali, come per esempio, un’ordinanza di Grant Township, Pennsylvania, che riconosceva i diritti delle comunità naturali e degli ecosistemi ad esistere, prosperare ed evolversi naturalmente, ma esonerava i casi in cui si riteneva fosse preclusa dalla legge statale e violasse i diritti aziendali, come segnala l’avvocato ambientalista David Boyd.13 Inoltre, i diritti della natura possono essere utilizzati come pretesto per promuovere interessi diversi dalla protezione della natura, come puntualmente sottolineano Chapron, Epstein, Trwuborst e López-Bao.

Una questione fondamentale per rendere effettivamente operativi i cosiddetti diritti della natura è come definire il titolare dei diritti e ciò si ricollega alla questione più ampia di come definire la natura.14 Esempi di entità i cui diritti sono stati riconosciuti includono Madre Terra, Pacha Mama, fiumi, ecosistemi, comunità naturali, ghiacciai, specie e regno animale. Ognuno di questi tentativi ha avuto e tuttora ha le sue sfide di definizione.

Una soluzione all’ascrizione di diritti ad entità naturali non umane potrebbe consistere nell’individuare criteri ecologicamente informati attraverso i quali le entità fisiche diventino titolari di diritti, come propone Stacy Schaefer, analogamente al processo mediante il quale le società possono diventare persone giuridiche mediante costituzione. Qui, la scienza è strumentale alla valutazione dei bisogni dell’habitat delle specie, delle strutture comunitarie, delle funzioni ecologiche e dei processi evolutivi. Può essere più facile definire scientificamente specie o popolazioni rispetto a Madre Terra e, quindi, dotarle di diritti. Ma certamente altre concezioni delle entità naturali titolari di diritti possono essere più compatibili con particolari ordinamenti giuridici.

Indubbiamente in quest’argomentazione la domanda rilevante riguarda quali diritti avrebbe la natura. Alcune leggi hanno dichiarato persone fisiche persone giuridiche, consentendo loro di intentare azioni legali; altri riconoscono diritti di proprietà, diritti di esistere e prosperare o diritti da restaurare. Come per molti diritti umani, non risulta immediatamente chiaro come verrebbero definiti tali diritti, ad esempio a quale tipo o qualità di ripristino le entità naturali potranno avere diritto. Le proposte per i diritti di proprietà delle specie sui loro habitat, come quella di John Hadley15 sulla teoria del diritto all’habitat degli animali selvatici, e come quella dell’altro teorico dei diritti di proprietà degli animali, l’avvocatessa Karen Bradshaw, che propone un approccio in cui gli animali selvatici siano concepiti come proprietari degli spazi naturali che abitano e usano,16 potrebbero essere promettenti per un nuovo ambientalismo. Stando agli esperti della ricerca e dell’attivismo ambientalista, scienziati, filosofi e giuristi sarebbero fondamentali per interpretare ciò che questi diritti possono comportare,17 esplorando, senza imbarazzo, domande controverse come, ad esempio, se agli alberi potesse essere riconosciuto uno status giuridico, come coraggiosamente si domandava Christopher Stone,18 autorità su questioni ambientali e globali, compresso il diritto ambientale internazionale, l’etica ambientale, il commercio mondiale e l’ambiente, scomparso il 14 maggio di questo anno (2021), il cui lavoro ha galvanizzato un movimento globale per concedere alla natura lo status giuridico di persona.

 

Esempi di diritti legali per la natura

Bolivia. La Legge dei Diritti di Madre Terra del 2010 e la Framework Law of Mother Earth o La Ley Marco de la Madre Tierra and Integral Development for Living Well o Desarrollo Integral para Vivir Bien del 2012 riconoscono i diritti di Madre Terra alla vita, alla diversità della vita, all’acqua, all’aria pulita e al restauro, tra gli altri.

Colombia. La Corte Suprema della Colombia ha stabilito nel 2018 che l’Amazzonia colombiana era un soggetto di diritti e ha ordinato al governo di agire per proteggerla. Questa decisione si è basata sulla sentenza del 2016 della Corte costituzionale colombiana secondo cui il fiume Atrato aveva personalità giuridica e il diritto di essere protetto, conservato e restaurato.

Ecuador. La Costituzione del 2008 della Repubblica dell’Ecuador riconosce i diritti di Pacha Mama o natura, che includono il rispetto integrale della sua esistenza, dei cicli di vita, della struttura, delle funzioni e dei processi evolutivi, nonché del restauro.

India. Nel 2018, l’Alta Corte dell’Uttarakhand ha dichiarato che il regno animale è un’entità giuridica con i diritti, i doveri e le responsabilità di una persona vivente. Una precedente decisione di quella corte ha riconosciuto i diritti per i fiumi Gange e Yamuna, ma quella decisione è stata sospesa dalla Corte Suprema dell’India.

Nuova Zelanda. Un accordo transattivo raggiunto dalle tribù Maori e dal governo della Nuova Zelanda ha portato a una legge del 2017 che ha riconosciuto la persona giuridica Te Awa Tupua come un “tutto indivisibile e vivente, che comprende il fiume Whanganui dalle montagne al mare”. Questa persona giuridica ha sia diritti che doveri, compresi i diritti di proprietà nel suo alveo.

Stati Uniti d’America. Tamaqua Borough, Pennsylvania, ha approvato un’ordinanza locale nel 2006 per riconoscere i diritti delle comunità naturali e degli ecosistemi; successivamente, ulteriori comuni hanno riconosciuto i diritti della natura in più stati. Alcune di queste ordinanze sono state annullate dai tribunali.

Questo porta alla questione di come la natura possa rivendicare i suoi diritti. I tutori con competenze adeguate potrebbero essere nominati come rappresentanti, analogamente a come vengono nominati i tutori per gli esseri umani incapaci. In alternativa, il pubblico può essere autorizzato a promuovere azioni legali per conto di persone fisiche. In entrambi i casi, saranno necessari approcci interdisciplinari per determinare quando i diritti delle persone fisiche vengono violati e come si può porre rimedio alle violazioni dei diritti.

 

I cosiddetti diritti della natura in una geopolitica corporativa

Nelle difficoltà per la definizione e attuazione sui diritti della natura, un altro problema centrale è il modo in cui verranno giudicati i conflitti tra i diritti ascritti alla natura e gli effettivi diritti e gli interessi aziendali, corporativi o delle popolazioni. Questa valutazione determinerà se i diritti della natura saranno reali. Sebbene i diritti della natura non mirino a fermare tutte le attività umane, mirano, al massimo, a rendere illegittime le attività umane più dannose per l’ambiente. Ad esempio, se le popolazioni di koala hanno diritti sul loro habitat, i tribunali degli umani potrebbero ritenere illegale la massiccia demolizione dell’habitat dei koala anche se non sia esplicitamente vietata dalle leggi ambientali esistenti.

Il giudizio sui conflitti tra i diritti ascritti alla natura e le attività umane sarà controverso, come succede realmente riguardo i conflitti tra, ad esempio, i diritti umani alla libertà di espressione e alla non discriminazione. I conflitti tra natura e attività umane avvengono su scala massiccia e sistematica. Quando le persone e le aziende hanno diritti e la natura no, spesso la natura perde, come dimostra il continuo deterioramento dell’ambiente. Assegnare dei diritti alla natura potrebbe, si auspica, aiutare a prevenire questo risultato unilaterale.

______________Note _________________

1 D. R. Boyd, The Rights of Nature: A Legal Revolution That Could Save the World. ECW Press, 2017

2 M. Nussbaum, Frontiers of Justice: Disability, Nationality, Species Membership. Harvard Univ. Press, 2006

3 Le specialità di Oliver Houck riguardano l’ambiente, le risorse naturali e il diritto penale. È attivo in procedimenti legali che coinvolgono questioni relative alla fauna selvatica, alle zone umide, alle coste e all’inquinamento e pubblica regolarmente su questi e argomenti correlati. Ha pubblicato diversi libri, tra cui Taking Back Eden (sulle cause ambientali all’estero), Down on the Batture (sul fiume Mississippi inferiore), The Clean Water Act TMDL Program (controllo dell’inquinamento), e più recentemente Downstream Toward Home (sui fiumi di Nord America).

4 T. Regan, The Case for Animal Rights. Univ. of California Press, 2004

5 P. Jones, in Human Rights: Moral or Political? A. Etinson, Ed. Oxford Univ. Press, 2018, pp. 441–459.

6 Le teorie giuridiche dell’interesse rappresentano un movimento filosofico-giuridico d’ispirazione utilitaristica sorto nel secolo XIX che pone a fondamento del fenomeno giuridico l’interesse umano. Le teorie giuridiche dell’interesse s’inscrivono nel novero delle teorie filosofico-giuridiche che considerano il fenomeno giuridico come valore reale ed oggettivo.

7 Raz è un filosofo giuridico, morale e politico israeliano e uno dei più importanti sostenitori del positivismo giuridico. Noto anche per la sua concezione del liberalismo perfezionista, cioè una corrente di opinione che basano i principi politici su ideali che pretendono plasmare la nostra concezione generale della vita buona e non solo il ruolo del cittadino. Col termine positivismo giuridico o giuspositivismo si intende quella dottrina di filosofia del diritto, la quale considera come unico possibile diritto il diritto positivo, ossia quello posto dal legislatore umano. La dottrina del giuspositivismo si presenta in opposizione sia a quella del legalismo o giusformalismo kelseniano (secondo cui, ad eccezione di un’ipotetica Grundnorm astratta, diritto è quello promulgato nel rispetto formale delle norme di produzione) sia a quella del giusnaturalismo. La differenza tra le ultime due consiste nel fatto che: il giuspositivismo è una concezione monista del diritto, che ritiene che il diritto positivo sia l’unico diritto degno di questo nome; il giusnaturalismo, invece, è una concezione dualista: sostiene cioè l’esistenza di due ordini di diritto, un diritto naturale: insieme di principi eterni e universali ed un diritto positivo che si trova in relazione subordinata: prodotto storico che promana dalla volontà del legislatore. Per i giusnaturalisti il diritto positivo, per essere valido, dev’essere giusto e quindi conforme ai principi del diritto naturale. Il giusnaturalismo stabilisce una correlazione necessaria tra il diritto storicamente vigente e la morale, come insieme di principi razionali che governano la vita associata. Il giuspositivismo, invece, esclude che tra i due debba esservi una relazione necessaria e ammette in alcune sue forme che il diritto possa essere anche ingiusto, scindendo la sua validità dalla sua giustizia. Thomas Hobbes sostiene che il diritto naturale non possa essere considerato un vero e proprio diritto, ma sia “un diritto disarmato”, perché, a differenza del diritto positivo, manca del carattere della coercibilità, cioè della possibilità di essere fatto valere con la forza.

8 T. Berry, Evening Thoughts: Reflecting on Earth as a Sacred Community. Counterpoint Press, 2015

9 J. Hadley, Animal Property Rights: A Theory of Habitat Rights for Wild Animals. Lexington Books, 2015

10 Il nome Laudato si’ deriva dal Cantico delle creature di san Francesco, che loda il suo Signore per le sue meravigliose creature.

11 D. R. Boyd, The Rights of Nature: A Legal Revolution That Could Save the World. ECW Press, 2017

12 L’Endangered Species Act del 1973 (ESA o “The Act”; 16 U.S.C. § 1531 e segg.) è la legge, primaria negli Stati Uniti, per la protezione delle specie in pericolo. Progettato per proteggere le specie in pericolo critico dall’estinzione come “conseguenza della crescita economica e dello sviluppo non temperato da un’adeguata preoccupazione e conservazione”, l’ESA è stata firmata in legge dal presidente Richard Nixon il 28 dicembre 1973. La Corte Suprema degli Stati Uniti l’ha definita “la più globale legislazione per la conservazione delle specie in via di estinzione promulgata da qualsiasi nazione”. Le finalità dell’ESA sono duplici: prevenire l’estinzione e recuperare specie al punto in cui non sono necessarie le protezioni della legge. Pertanto, “protegge specie e gli ecosistemi da cui dipendono attraverso diversi meccanismi. Ad esempio, la sezione 4 richiede alle agenzie che sovrintendono alla legge di designare le specie in pericolo come minacciate o in pericolo. La Sezione 9 proibisce il “prendere” illegale di tali specie, il che significa “molestare, danneggiare, cacciare…” La Sezione 7 ordina alle agenzie federali di utilizzare le loro autorità per aiutare a conservare le specie elencate. La legge funge anche da atto legislativo per attuare le disposizioni delineate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES). La Corte Suprema ha rilevato che “il chiaro intento del Congresso nell’emanare” l’ESA “era di fermare e invertire la tendenza verso l’estinzione delle specie, a qualunque costo.” La legge è amministrata da due agenzie federali, la Fish e la United States Wildlife Service (FWS) e il National Marine Fisheries Service (NMFS). A FWS e NMFS è stata delegata l’autorità di promulgare regole nel Code of Federal Regulations per attuare le disposizioni della legge.

13 D. R. Boyd, The Rights of Nature: A Legal Revolution That Could Save the World. ECW Press, 2017

14 Unai Pascual, Patricia Balvanera, Sandra Díaz, György Pataki, Eva Roth, Marie Stenseke, Robert T Watson, Esra Başak, Dessane MineIslar, Eszter Kelemen, Virginie Maris, Martin Quaas, Suneetha M Subramanian, Heidi Wittmer, Asia Adlan, So Eun Ahn, Yousef SAl-Hafedh, Edward Amankwah, Stanley T Asah, Pam Berry, Adem Bilgin, Sara J Breslow, Craig Bullock, Daniel Cáceres, Hamed Daly-Hassen, Eugenio Figueroa, Christopher D Golden, Eri Gómez-Baggethun, David González-Jiménez, Joël Houdet, Hans Keune, Ritesh Kumar, Keping Ma, Peter H May, Aroha Mead, Patrick O’Farrell, Ram Pandit, Walter Pengue, Ramón Pichis-Madruga, Florin Popa, Susan Preston, Diego Pacheco-Balanza, Heli Saarikoski, Bernardo B Strassburg, Marjanvan den Belt, Madhu Verma, Fern Wickson, Noboyuki Yagi. Valuing nature’s contributions to people: the IPBES approach. In “Current Opinion in Environmental Sustainability”, Vol. 26-27, pages 7-16, June 2017

15 John Hadley, filosofo australiano la cui ricerca riguarda la filosofia morale e politica, compresa l’etica animale, l’etica ambientale e la metaetica, cioè la riflessione sulla natura e sullo status dell’etica stessa, argomenta che sia i sostenitori dei diritti degli animali che gli ambientalisti dovrebbero sostenere i diritti di proprietà degli animali perché la protezione dell’habitat promuove i valori ecologici e aiuta a garantire che gli animali vivano liberi dall’interferenza umana. L’obiettivo di Hadley è pragmatico: colloca i diritti di proprietà degli animali all’interno dell’istituzione della proprietà come esiste oggi nelle democrazie liberali. Sostiene che i tentativi di giustificare i diritti di proprietà degli animali sulla base del lavoro e della prima occupazione probabilmente falliranno; invece, fonda i diritti di proprietà degli animali sull’importanza dell’habitat per la soddisfazione dei bisogni primari degli animali. Viene esplorato a fondo il potenziale dei diritti di proprietà degli animali come mezzo per rinvigorire le risposte di politica pubblica esistenti al problema della perdita di biodiversità dovuta alla distruzione dell’habitat. Utilizzando il concetto di tutela per gli esseri umani con disabilità cognitiva, Hadley traduce i diritti dell’habitat come un diritto a negoziare: i guardiani umani dovrebbero essere autorizzati a negoziare, per conto degli animali selvatici, con i proprietari terrieri umani le cui attività di sviluppo mettono a rischio gli animali.

16 Diritti di proprietà degli animali: una teoria dei diritti dell’habitat per gli animali selvatici rappresenta il primo tentativo di estendere la teoria dei diritti di proprietà liberale attraverso la barriera delle specie agli animali. Amplia l’attenzione tradizionale dei diritti degli animali oltre i diritti fondamentali alla vita e all’integrità fisica ai diritti alle aree naturali in cui risiedono gli animali.

17 La teoria dei diritti di proprietà degli animali è un approccio ai diritti territoriali in cui gli animali selvatici sono concepiti come proprietari degli spazi naturali che abitano e usano. Il suo più importante sostenitore è il filosofo australiano John Hadley, mentre altri difensori includono il filosofo Josh Milburn, il teorico politico Steve Cooke e l’avvocato Karen Bradshaw. Sebbene ciò suggerisca che la teoria è un nuovo approccio al pensiero sulle relazioni uomo-animale e sulla conservazione degli spazi naturali, Hadley identifica il seme della teoria dei diritti di proprietà animale in opere influenti dell’etica animale del ventesimo secolo, come come il caso dei diritti degli animali di Tom Regan nel 1983. Detto questo, uno dei primi riferimenti espliciti viene da James Rachels nel 1989.

18 15. C. D. Stone, Should Trees Have Standing? Law, Morality, and the Environment (Oxford Univ. Press, 2010).

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