Un nuovo spettro si aggira sopra la testa delle nostre famiglie. Un ragazzino sta chiuso nella sua stanza a “spippolare” con il cellulare, a vedere filmati, a chattare con i suoi coetanei? E lo spettro di una malattia che profuma di psichiatrico attanaglia il genitore colpevole e impotente di fronte al fenomeno dilagante. Viene definita come una forma grave di “ritiro sociale” anche se mancano strumenti di definizione, non solo validati, ma anche sensati. Il fatto che non ci siano situazioni aggregative sufficienti e adatte per le nuove generazioni, costrette a incontrarsi in giro per le vie del borgo o nei pub per farli consumare birra, non ha importanza.
Che l’insegnamento pubblico e privato induca a una gara continua per chi ha più informazioni da settimana enigmistica o da Invalsi poco importa. Che i politici, i sanitari, le istituzioni scolastiche, tutte le organizzazioni possibili abbiano, in occasione dalla pandemia, ridotto lo spazio vitale giovanile relegando la gente in casa con le restrizione e i coprifuoco di militare memoria, chiudendo palestre, scuole, piscine, cinema, non sembra essere neanche preso in considerazione.
No, adesso si parla di patologie nervose o comportamentali. Se reagisci con la chiusura sei finito, devi sorridere anche se patisci. Devi aderire senza esitazione al motto: “ce la faremo, andrà tutto bene”. A fare cosa poi? A tornare al solito “tutto bene”?
Solitudine o socializzazione
Il termine Hikikomori non si riferisce al cognome dello scopritore di una sindrome neurologica nuova o al nome di uno psichiatra che ha coniato il marchio di una malattia. Hikikomori significa semplicemente stare in disparte e non a caso è stato importato dal Giappone, dove la tecnologia e il microcosmo solipsistico regnano da un bel pezzo nelle famigliole inscatolate generando sociopatie varie.
Si tratta di una reazione indotta. L’Hikikomori è prerogativa adolescenziale, ma non solo. Si pensava fosse una sindrome culturale tipicamente giapponese, ma basta un po’ di osservazione antropologica per capire che è esteso a tutto il mondo dotato di tecnologie audiovisive autogestite con le relative logiche conseguenze.
L’ “Hikikomori” viene descritto come un disadattato sociale e anche in Italia stanno nascendo le prime organizzazioni e associazione Hikikomoriane per soccorrere i malcapitati. Si parla di inibizione sociale anche se si tratta, guardando bene, di attuare altre forme di comunicazione o di consolazione. Il fatto che si determinino difficoltà nell’instaurare relazioni è banale e irrilevante. Vorrei vedere se con il coprifuoco delle 22 i ragazzi senza cellulare e iPad che grandi relazioni sociali avrebbero potuto instaurare.
Le cause
Si psicologizza, spesso malamente, cercando cause molto banali come l’assenza emotiva del padre (cosa peraltro non così rara in tutte le latitudini e in tutte le aree sociali). Si parla di figli unici di famiglie abbienti che sono sottoposti a elevate pressioni di affermazione sociale. Si parla del rifiuto barbarico della scuola, giustificato dalla noia e dalla inutilità di gran parte dei programmi scolastici. Si fa notare che gli Hikikomori sviluppano una visione molto negativa della società e soffrono le pressioni sociali dalle quali cercano in ogni modo di fuggire.
In un certo senso sarebbe meglio che non ci fossero i mezzi tecnologici che risucchiano fatalmente l’attenzione e le energie, a cominciare dal bimbo e dall’adolescente, per finire all’adulto (e un po’ meno l’anziano oramai relegato a un cartaceo in via di estinzione o costretto a inforcare gli occhiali bifocali per tentare inutilmente di pagare le bollette on line). Ma che sostitutivo si propone al giovane contemporaneo? Chi ne parla con cognizione di causa?
Dove se ne vanno i giovani?
E i giovani se ne vanno. Se ne vanno fisicamente, quando è possibile, oppure mentalmente: non ci sono più… e diventano Hikikomori.
Evadono quando possono e magari cercano la libertà e il piacere che non trovano nella nostra società triste e blindata. Si tratta di un volo interno, di una esplorazione del web, di filmati, dei social, di musica contemporanea, di cose che conoscono bene solo loro e che suscitano a volte, giustamente, diffidenza. Ma una diffidenza preconcetta non è utile per capire il fenomeno.
Gli adolescenti stanno male, bella scoperta. Perché invece gli adulti e gli anziani… Qualcuno azzarda ipotesi: stanno male non per questioni psicologiche ma per motivazioni culturali. Come se le motivazioni socioculturali non si riverberassero nei deficit della scuola (gli insegnanti, i compagni), nelle incapacità famigliare ecc. dando luogo a rebound psicologici.
Sono solo nichilisti?
Il futuro non è più una promessa ma una minaccia. Perché devo studiare quelle schifezze, o lavorare come un disperato se ho davanti a me un futuro colmo di privazioni e di clausure?
Sarebbe difficile sostenere che il lockdown (parola oramai diventata di lessico comune) non abbia esasperato tutto questo, almeno nel tessuto sociale del nostro paese, e così gli Hikikomori fanno proselitismo.
C’è chi parla di nichilismo giovanile, fenomeno ben precedente al lockdown.
Cos’è il nichilismo? I valori si perdono, lo scopo svanisce, mancano le risposte e mancano anche le domande. Perché mi devo impegnare se niente mi interessa? Forse quello che interessa non viene insegnato o non è contemplato dagli spazi mentali educativi a disposizione. Questo è un dubbio legittimo che sicuramente i soggetti Hikikomori esprimono.
Niente di nuovo si potrebbe dire. Ovvero la questione diventa prettamente esistenziale, cosa già vista e mal digerita nei secoli passati.
La salute mentale in veste omeopatica
Per la medicina omeopatica la salute mentale è al centro della salute generale e fisica. Perché? Il procedimento è quello di collegare, per capire la genesi degli squilibri e delle malattie, occorre collegare, nel tempo, tra apparati e organi, tra emozioni e corpo, tra sensazioni e manifestazioni fisiche. Questo offre la medicina omeopatica nella sua analisi del caso che tende a comprendere e collegare tutte gli elementi raccolti, partendo da quelli emotivi e affettivi.
Secondo questo modo di vedere l’Hikikomori è uno stato conseguente a una reazione, di chiusura, di ripiegamento, di negazione. Sempre soggettiva, non necessariamente malata, in certe situazioni di ipersensibilità e di malessere familiare.
La cura non è l’integrazione ma la disintegrazione. Integrare significa riassestare un modello che ha già dato evidenti segni di deterioramento e di fallimento psico sociale. L’Hikikomori sente un malessere proveniente da uno status malato che vorrebbe mutare, ma non sa come fare e approda in un mondo dove la disidentificazione sociale prospera.
L’omeopatia punta in alto, non ricompone un quadro con dei presupposti malati, ma aiuta il soggetto a trovare le proprie attitudini e talenti per esprimere se stesso.
I test
Tutto oramai viene misurato in campo psicodinamico e per stabilire una diagnosi è fondamentale avere un certo punteggio che deriva da test appositi. Dislessie, ADHD, depressioni, ansie, le varie sindromi psicologiche sono diagnosticate attraverso i test.
Per esempio il questionario “Hikikomori Questionnaire (HQ-25)” è composto da 25 item suddivisi in tre sotto-scale: socializzazione (11 item), isolamento (8 item) e supporto emotivo (6 item).
La risposta a ogni singolo item si colloca su una scala che va da 0 (fortemente in disaccordo) a 4 (fortemente d’accordo). Il punteggio individuale totale va da 0 a 100. Un cut – off di 42 punti su 100 è stato associato a una sensibilità del 94%, specificità del 61% e valore predittivo positivo del 17%. In sostanza fra poco arriverà l’esenzione dal ticket anche per gli Hikikomori diagnosticati come tali attraverso il test probante.
E’ evidente che un buon stato di salute mentale è determinato da tanti elementi e variabili, che vanno dalla percezione psicofisica di se’, alla educazione famigliare, allo stato emotivo-affettivo determinato dai rapporti umani, dai valori sociali, dalle condizioni materiali, dal proprio spazio vitale, dalle possibilità di esprimersi e realizzarsi ecc. Poco si addice un test nella valutazione dello stato di salute mentale anche se può essere utile per dimensionare il fenomeno.
Libertà di scelta
Visto che comporre un quadro positivo e sano di tutto ciò appare piuttosto utopico, almeno diamo ai nostri discendenti la possibilità di essere liberi di scegliere, di scegliere le proprie attitudini artistiche, di avere la propria identità sessuale, di coltivare i propri talenti, di divertirsi costruendo il futuro secondo le loro attitudini: ovvero diamogli la possibilità di seguire un modello di disintegrazione.
Tutto questo è l’opposto di quello che sta succedendo in questo momento almeno in Italia: le codificazioni, i protocolli, le omologazioni, le ambizioni di diventare dei bravi servi e soldatini aderendo ai valori fasulli e degradati provenienti da menti usurate e promosse dalle istituzioni di controllo.
Se l’adolescente evade, rifiuta o non segue il diktat, viene emarginato o considerato malato, come molti degli Hikikomori inseriti del vasto e mal definito calderone dei soggetti “fragili”.
Verso un mondo sempre più fragile
Villani presidente della SIP (Società Italiana di Pediatria) sostiene che il 10% dei soggetti in età pediatrica siano “fragili”. E’ un dato piuttosto rilevante e preoccupante.
La definizione di “fragilità” è estesa a tutte le età. Secondo il paradigma bio-psico sociale è stata proposta da Gobbens e collaboratori, che la descrivono come “uno stato dinamico che colpisce un individuo che sperimenta perdite in uno o più domini funzionali (fisico, psichico, sociale), causate dall’influenza di più variabili che aumentano il rischio di risultati avversi per la salute”.
Per bambini e adolescenti i danni emotivi sembrano determinati e non casuali. Sono la conseguenza di un malessere collettivo ancora più rilevante in seguito alla situazione di isolamento in cui si sono trovati loro malgrado e che ha ulteriormente ridotto le aspettative di un futuro libero e sano, rendendoli sempre più “fragili” come una parte della popolazione.
I segnali che l’approccio tecnocratico sia disumanizzante sono davanti agli occhi di tutti. Sta a noi coglierli e migliorare la qualità della nostra vita e non voltare la faccia dalla parte dei media che ti istruiscono a modelli sempre più distruttivi o ai politici nostrani che vedono il mondo dalle loro postazioni anguste e meschine.
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
http://tesi.cab.unipd.it/53309/1/Silan_Margherita.pdf
https://www.pacinimedicina.it/hikikomori-un-fenomeno-non-cosi-lontano/
PSYCHOANALYTIC PSYCHOTHERAPY FOR HIKIKOMORI YOUNG ADULTS AND ADOLESCENTS. British Journal of Psychotherapy. Volume 34, Issue 4, pages 623–642, doi: 10.1111/bjp.12398 – https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/bjp.12398
https://www.fsm.it/il-paziente-fragile/