Oggi mi è arrivato un messaggio WhatsApp dalla scuola di inglese di mia figlia che mi ha fatto molto pensare. Dice che, dal momento che i ragazzi non sono in grado di mantenere l’attenzione per 2 ore, da settembre le lezioni saranno suddivise su due giornate.
Vero è che i ragazzi oggi hanno notevoli difficoltà di concentrazione per una serie di motivi che non voglio analizzare ora, è altrettanto vero che, di fatto, stiamo trattando questi ragazzi come degli inutili idioti o degli incapaci.
È come se il tempo fosse fermo, come se non ci fosse possibilità di cambiamento, di evoluzione.
I bambini prima e gli adolescenti poi hanno necessità di tempo per poter imparare ed evolvere, per poter capire chi sono, quali sono i loro desideri, come realizzarli. Ma anche è soprattutto per conoscere il loro mondo emotivo ed imparare a viverlo in tutte le sue sfaccettature.
Il mio incubo, quando andavo a scuola, era imparare le poesie a memoria: perché dovevi ripeterle all’infinito, fino a che non riuscivi a dirla senza nessun errore. Ci voleva tempo, resistenza alla frustrazione quando imparavi una strofa ma ti rendevi conto di aver dimenticato parte della precedente. Ma dovevi impegnarti e dovevi trovare il tuo modo, o meglio, il tuo metodo. Non quello della prof o dell’amica, il tuo. E potevi trovarlo solo col tempo, sbagliando ed assumendoti la responsabilità dell’errore per capire come correggerlo. Perché sapevamo di non essere perfetti e di voler migliorare.
E si può migliorare solo attraverso le difficoltà.
Oggi no. Oggi i ragazzi li proteggiamo come se fossero dei malati terminali, non vogliano che soffrano, che abbiano un brutto voto… non vogliamo ledere l’immagine di perfezione che noi adulti vorremmo loro avessero.
Ma, dal momento che nessuno è perfetto, di fronte ad un errore – non un fallimento, un errore – cerchiamo di minimizzare, diamo la colpa al prof’ o comunque agli altri, impedendo di fatto ai ragazzi di vedersi per ciò che sono.
Perché siamo noi a non vederli per ciò che sono, a non accettarli nelle loro difficoltà, ad aver paura che, fatto un errore, non saranno mai in grado di migliorare.
Diamo la colpa ai social, alla scuola, alla società… sempre a qualcosa di esterno. Ed insegniamo lo stesso ai nostri ragazzi.
Solo che, così facendo, li stiano distruggendo. Abbiamo eliminato l’emotività dell’educazione, abbiamo avallato l’idea che gli errori si debbano nascondere, abbiamo infuso la convinzione che tutto è possibile e che, se voglio una cosa, devo fare di tutto per averla e guai chi mi dice di no, a chi mi mette un limite.
E questo vale per le cose ma purtroppo per le persone.
Abbiamo eliminato la responsabilità, come se fosse per loro come la kryptonite per Superman. Solo che, così facendo, abbiamo impedito loro di crescere, di essere autonomi, di poter scegliere la loro vita, di conoscere se stessi. Abbiamo impedito loro di essere liberi nel disperato ed inutile tentativo di renderli perfetti.