L’impatto del digitale sugli studenti (secondo la VII commissione del senato 2019-2021)
Nei mesi scorsi è emerso un testo rimasto a lungo sotterrato nel mare dei documenti prodotti dalle commissioni parlamentari, si tratta di una relazione pubblicata il 9 giugno 2021. L’argomento trattato è l’impatto del digitale sugli studenti. La relazione prodotta dalla VII commissione del Senato è basata sulle audizioni parlamentari di numerosi esperti: neurologi, psichiatri, psicologi, pedagogisti, grafologi, esponenti delle Forze dell’ordine.
Secondo questo rapporto la prolungata esposizione degli studenti ai dispositivi elettronici comporta danni fisici come miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete e danni psicologici come dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. A livello cognitivo si verifica inoltre una progressiva perdita di facoltà mentali essenziali: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica.
Nel documento si legge che “Dal 2001, anno in cui le console per videogiochi irrompono nelle camerette dei ragazzi, e con un’accelerazione impressionante dal 2007, anno in cui debutta lo smartphone, depressioni e suicidi tra i giovanissimi hanno raggiunto percentuali mai viste prima”; si aggiunge che gli effetti del loro massiccio utilizzo non sono “niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche”. Nell’allegato si afferma che “non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento, anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali dimostrano numeri alla mano il contrario”. “Tutte le ricerche internazionali giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), così come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecita il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui è stata limitata la « fisicità ». Nei primi anni di vita, infatti, la conoscenza di sé e del mondo passa attraverso tutti e cinque i sensi: sollecitare prevalentemente la vista, sottoutilizzando gli altri quattro sensi, impedisce lo sviluppo armonico e completo della conoscenza. È quel che accade nei bambini che trascorrono troppo tempo davanti allo schermo di un iPad o simili”.
Nel documento si legge inoltre: “Lo smartphone non è più uno strumento, ma è diventato un’appendice del corpo. Soprattutto nei più giovani. Un’appendice da cui, oltre ad un’infinita gamma di funzioni, in larga parte dipendono la loro autostima e la loro identità. È per questo che risulta così difficile convincerli a farne a meno, a mettere da parte il telefonino almeno per un po’: per loro, privarsene è doloroso e assurdo quanto subire l’amputazione di un arto. Usarlo incessantemente è dunque naturale. È naturale perché questo li inducono a fare le continue sollecitazioni di algoritmi programmati apposta per adescarli e tenerli connessi il più a lungo possibile. È naturale perché a disconnettersi percepiscono la sgradevole sensazione di essere «tagliati fuori», esclusi, emarginati. È naturale anche e soprattutto perché essere connessi è irresistibilmente piacevole, dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere”.
Il documento conclude che “Rassegnarsi a quanto sta accadendo sarebbe colpevole. Fingere di non conoscere i danni che l’abuso di tecnologia digitale sta producendo sugli studenti e in generale sui più giovani sarebbe ipocrita. Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo ad individuare i possibili correttivi”. Si auspica di “ interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento” e di ” incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria”.
Significativa è la frase finale del documento: “Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno. Si tratta di evitare che si realizzi fino in fondo quella « dittatura perfetta » vaticinata da Aldous Huxley quando la televisione doveva ancora entrare in tutte le case e lo smartphone aveva la concretezza di un’astrazione fantascientifica: « Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù ». Giovani schiavi resi drogati e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro”.
Secondo la commissione parlamentare dunque “Più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano le competenze degli studenti”. Tutto questo va in netta controtendenza rispetto al piano Scuola 4.0 PNRR In cui si prevede una vasta digitalizzazione della scuola, per altro già iniziata in epoca Covid, quando i ragazzi sono stati costretti a casa comprimendo l’apprendimento nei circuiti del digitale. Una recente circolare del Ministero dell’Istruzione vieta, pur con delle eccezioni, l’utilizzo di smartphone e tablet in classe; ci si augura che questo suggerisca un cambio di paradigma rispetto all’atteggiamento acritico che ha caratterizzato gli ultimi anni.