Redazione

Inquinamento acustico aumenta il rischio di demenza

27 Novembre, 2021
Tempo di lettura: 3 minuti

Da alcuni anni le tematiche sull’inquinamento ambientale hanno acquisito una posizione dominante tra le grandi questioni alle quali dare risposta. Molto si parla di inquinamento dell’aria, delle acque e dei terreni, molto meno si parla di inquinamento acustico. Eppure si tratta di un agente critico soprattutto per chi vive nelle grandi aree urbane. Basti pensare per esempio che negli aeroporti situati a ridosso o dento le città ci sono specialisti che hanno come compito di monitorare e contenere continuamente l’inquinamento acustico prodotto dai continui atterraggi e decolli.

Chi vive nelle vicinanze di ferrovie o strade molto trafficate e rumorose ha maggiore probabilità di andare incontro alla demenza. Si intende declino delle facoltà mentali sufficientemente grave da compromettere le normali attività quotidiane. E’ questo l’allarme lanciato da un gruppo di studiosi Danesi, i quali hanno individuato una correlazione tra inquinamento acustico e importanti alterazioni delle funzioni cognitive, che spesso si traducono nel morbo di Alzheimer.

Il rumore persistente espone al rischio di demenza

Si tratta del più ampio studio mai realizzato prima d’ora in questo campo: il monitoraggio delle condizioni di salute di oltre 2 milioni di danesi, di età superiore ai sessant’anni durato tredici anni, dal 2004 al 2017. I risultati sono stati poi pubblicati su Brithis Medical Journal (una prestigiosa rivista scientifica. I risultati dello studio sono impressionanti. I ricercatori hanno concluso che 1.216 degli 8.475 casi di demenza registrati in Danimarca nel 2017 sono attribuibili all’inquinamento acustico legato alla viabilità quotidiana. Di questi, 963 sono riconducibili al trasporto su strada, e 253 a quello ferroviario.

C’è quindi una stretta relazione tra inquinamento acustico e demenza. e maggiore il soggetto è esposto al rumore, maggiori sono i rischi. Gi stessi scienziati spiegano che l’esposizione prolungata all’inquinamento acustico provoca disturbi del sonno e il rilascio di “ormoni dello stress”, elementi che possono procurare malattie cardiovascolari, alterazioni del sistema immunitario e infiammazioni – fattori scatenanti della demenza.

Da questo primo studio sulle possibili cause dell’inquinamento acustico emerge l’urgenza di intervenire anche in questo campo. Il rumore produce conseguenze dirette sulla salute di milioni di persone, con conseguente abbassamento dello standard di salute collettiva e di un non trascurabile peso dei costi sanitari. 

I dati prodotti ci mostrano chiaramente quanto inquinamento atmosferico e inquinamento acustico siano due fenomeni strettamente correlati, non solo perché nella maggior parte dei casi maggiore rumore corrisponde a maggiore emissione in atmosfera; ma anche perché l’inquinamento acustico produce suoi propri danni all’uomo ed alla natura in genere. 

Inquinamento acustico e modifica dell’ambiente a lungo termine

Se l’inquinamento acustico ha una relazione diretta sull’uomo attraverso l’insorgenza di sintomi e patologia anche molto gravi, non è da meno l’impatto che ha sull’ambiente. Il rumore ha la capacità di modificare profondamente, e per lungo tempo, i territori che ne sono soggetti.

Alcuni animali, ad esempio, impollinano i fiori, altri spargono i semi delle piante, altri ancora li sotterrano, contribuendo a mantenere intatta la biodiversità e l’omogeneità della vita vegetale in alcune aree, che a sua volta garantisce loro la sopravvivenza. Ma cosa succede quando questo equilibrio si interrompe, magari a causa dell’inquinamento acustico generato dall’essere umano? Alcuni animali decidono di lasciare quei territori e con la loro assenza cambia anche la composizione vegetale.

A causa dell’inquinamento acustico un territorio potrebbe non tornare mai più ad essere ciò che era prima. Un’interessante studio condotto nel New Mexico per esaminare gli effetti dell’esposizione continua al rumore dei pozzi di gas naturale sulle piante, ha dimostrato come gli effetti si siano protratti a lungo termine.

Questa analisi prosegue il lavoro pubblicato nel 2012 dal National evolutionary synthesis center che aveva provato come, nel Nuovo Messico, l’inquinamento acustico generato dai siti di estrazione interferisse con l’impollinazione e la dispersione dei semi.Un’attività svolta da animali sensibili ai rumori. Ad esempio, la popolazione di pini si era ridotta, in quanto gli animali che si occupavano di spargere i semi erano particolarmente turbati dai rumori. Al contrario, erano aumentati i fiori perché i colibrì che li impollinano non sono così sensibili.

Lasciamo impronte anche quando crediamo di non farlo.

Sarah Termondt, co-autrice dello studio, ha dichiarato al quotidiano Guardian che “se si toglie la possibilità ad un seme di crescere in una zona perché un uccello non lo deposita più lì, potrebbe cambiare l’habitat anche di molte altre specie”. Inclusa la nostra.

Sempre più chiaramente ci rendiamo conto di appartenere ad un sistema complessi di cui trascuriamo le relazioni e sul quale agiamo consapevolmente o meno, senza conoscere gli effetti che le nostre azioni provocheranno nel breve e nel lungo periodo.  

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