L’emicrania può sembrare una patologia di poco conto, e in effetti molto spesso viene sottovalutata da medici, genitori o partner. Eppure chi ne soffre sa bene che non è così. L’emicrania è, invero, la seconda causa di disabilità al mondo in base al parametro YLD, correntemente utilizzato per valutare gli anni trascorsi con una disabilità. E, secondo le stime, colpisce le donne molto più degli uomini. Secondo uno studio del Censis del 2019, l’80% di chi ne soffre è donna.
Emicrania al femminile: l’80% di chi ne soffre è donna
Nonostante questa patologia colpisca tantissime persone, circa un terzo della popolazione mondiale, chi ne soffre fa ancora molta fatica ad essere riconosciuto come malato. Spesso ci si sente rimproverare di essere sfaticati, malati immaginari, deboli. Questo stigma sociale può portare a chiudersi in se stessi e non ricercare l’aiuto medico, che è invece estremamente importante.
I dati sono impressionanti
Solo il 58,9% di chi soffre di emicrania si rivolge al medico entro il primo anno dal sopraggiungere dei sintomi. E, fra l’altro, gli uomini lo fanno molto più delle donne (73% contro 55,9%). Addirittura un 20,7% fa trascorrere più di 5 anni, rendendo più difficile il successivo approccio terapeutico. Anche l’entità dei disagi è diversa tra uomini e donne, laddove nella popolazione femminile i casi di emicrania cronica (cioè si presenta più di 14 giorni al mese) sono più frequenti e più debilitanti.
Come curarsi?
Purtroppo la patologia si ripercuote anche sulla vita lavorativa, dove già sappiamo che le donne sono fortemente penalizzate. Si calcola, infatti, che chi soffra d’emicrania perda mediamente 56 giorni all’anno a causa dei mal di testa, e ne faccia perdere mediamente 15 al partner per l’assistenza. Se una terapia dai risultati certi in tutti i casi ancora non esiste, l’Omeopatia ha dimostrato di poter dare buoni risultati. Purché, però, sia ben calibrata sui sintomi e cucita addosso al singolo paziente.
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