Il paziente narra e il medico ascolta.

Una medicina della persona parte naturalmente dall'ascolto del paziente, più che dei suoi sintomi. Nella visita del medico omeopata tutto parte dall'ascolto spontaneo del singolo.
25 Marzo, 2020
Tempo di lettura: 2 minuti

Ognuno di noi ha una storia che inizia ancor prima del nostro venire al mondo. Ognuno di noi ha una storia che viene da molto lontano, che ha il sapore dei tempi antichi. E’ da questo “inizio di qualcuno e non di qualcosa”, come diceva Sant’Agostino, che inizia il nostro racconto.
C’è stato un tempo in cui ognuno di noi, cullato nel ventre delle nostre mamme ha imparato i sapori, le voci e i suoni del mondo. In quel luogo sicuro abbiamo imparato la gioia e la paura, ci siamo legati per sempre e in maniera così forte al suono del cuore materno da diventarne parte assoluta. La storia di noi bambini è passata prima di tutto attraverso gli occhi delle nostre madri, prima di divenire il modo di raccontarci al mondo.

Prendersi cura di qualcuno, curare, significa onorare le storie dei pazienti, come dice Rita Charon nel suo bellissimo saggio “Medicina narrativa“. Narrazione e ascolto reciproco sono le basi di un processo profondo di comprensione. Il bisogno di raccontarsi, il bisogno di narrare, è un bisogno arcaico perché la condivisione lenisce il dolore, riportando tutto a un livello umanamente accettabile. Arriva infatti un momento, nella vita, in cui sentiamo il bisogno di raccontarci per fare un po’ di ordine, per capire il presente, per sapere come si è diventati.

Il racconto di quello che abbiamo fatto, di chi abbiamo amato e dei motivi per cui abbiamo sofferto. Il racconto che ci fa tornare bambini, che ci fa guardare il nostro bambino con immensa tenerezza e gratitudine per ogni singolo respiro, per ogni incontro, per ogni pensiero che compongono la nostra identità.

Ascoltare è curare, è accogliere, è comprendere senza giudizio. Affrontare lo “sconosciuto” dell’altro è possibile solo accogliendo i nostri sentimenti, cercando di comprenderci e di perdonarci. Comprensione e perdono: quello che è stato non poteva che essere così e noi ora viviamo solo il presente, il qui e ora. Ascoltare le narrazioni può identificare meglio la malattia, trasmettere sapere e rispetto, accompagnare il paziente, insieme con la sua famiglia, lungo la sofferenza. Ascoltare la storia del paziente non è soltanto uno slogan vuoto, ma ha la capacità di produrre trasformazioni radicali e di influire profondamente sulle relazioni terapeutiche attraverso un’etica più profonda. Ascoltare le narrazioni ci permette di migliorare i nostri rapporti, le nostre connessioni, di alleggerire i nostri fardelli, di conoscere i nostri doni, di comprendere che nulla rimane immutato e che dobbiamo vivere adesso.

Il cuore dell’Arte medica è la relazione e la relazione si compie nell’ascolto. L’ascolto non è fatto solo di parole, ma anche di attenzione, premura e presenza.

Ascolto è presenza.
La presenza è cura.

Le storie ci guariscono, ci fanno comprendere il significato e il valore della caducità, ci insegnano a rispettare ciò che di unico c’è in ognuno di noi, a riconoscerci davvero affrontando l’ignoto con coraggio.
Le storie celebrano l’altro, anche nelle piccole cose apparentemente insignificanti. Ascoltare le storie dei nostri pazienti, le loro esistenze, le loro paure, le loro speranze, restituisce loro unità e coerenza.

La presenza ricompone le parti, anche le nostre, anche il nostro dolore. E’ la presenza che con gentilezza, coraggio e gioia diventa cura che non si esaurisce con una semplice prescrizione o con distaccato cinismo, ma si rigenera costantemente in un autentico atto d’amore.

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