Sulla paura

2 Giugno, 2020
Tempo di lettura: 4 minuti

Ieri sera un’amica mi ha detto di avere paura per il suo futuro e per quello che potrà lasciare come insegnamento a suo figlio. Io le ho sorriso e le ho chiesto: “Perché hai paura?”. “Accettati per come sei, fermati un momento e non guardare troppo avanti. Il futuro incerto ci può fare paura, sicuramente, ma noi non possiamo farci nulla, se non accettarlo e lasciare che il tempo scorra, vivendo bene il qui ed ora”.

Ai più possono sembrare superstizione o credenze strampalate, ma in realtà solo la piena accettazione con gratitudine del sé è in grado di rimetterci in piena e profonda sintonia con il respiro incessante e materno del Creato.

Finché non ci alziamo e diventiamo padroni del nostro essere, finché non diventiamo più grandi della nostra paura, ne resteremo schiavi per tutta la vita. E non ci resterà che vivere di rimpianti. Non importa dove andremo o con chi saremo, essa sarà sempre con noi. Per vincere la paura dobbiamo guardarla in faccia e affrontarla, perché non esiste luogo dove nasconderla.

La paura viene dal buio interiore, dai luoghi oscuri dell’anima. E con lei l’incertezza, l’ansia e il panico. È uno stato d’animo che riguarda la mente, che viene creata dalla mente, la quale pretende di proiettarsi nel futuro “prevenendo” un avvenimento pericoloso. Ci si pone in un atteggiamento di paura quando si teme qualcosa di terribile o dannoso che può accadere d’improvviso, qualcosa che sta per arrivare e che ci potrebbe procurare danno. In realtà la paura non è quando ci si trova “davanti” al problema, ma quando lo si immagina. A meno che non ci si trovi di fronte a un malintenzionato, a un serpente a sonagli pronto a scattare o sull’orlo di un precipizio.

La paura ci accompagna costantemente nel corso della vita. Tutto inizia nell’infanzia, quando ci viene trasmessa: la paura delle persone estranee, dei luoghi sconosciuti, delle malattie. Fin da bambini ci dicono: “Se non studi, finirai per fare il barbone”, “Lavati le mani, altrimenti ti ammalerai”, “Se non mangi la pappa, non cresci e rimarrai piccolo e debole”. “Se non fai la nanna, arriva l’uomo nero”. La minaccia in questi “insegnamenti” è esagerata o addirittura paradossale, ma mentre l’adulto lo capisce, il bambino no e la rende propria, diventando vissuto interiore e terreno su cui metterà le proprie radici di uomo o di donna. Così, le intimidazioni si trasformano in uno strumento di educazione.

Al bambino viene semplicemente trasmessa la paura del pericolo, invece, di consegnargli o insegnargli gli strumenti per fronteggiarlo, perché, badiamo bene, nella vita i pericoli esistono. A seguito di tale “educazione” l’emisfero destro del cervello accumula un ricco arsenale di “potenziali minacce” e “si allena” ad avere paura. Ogni giorno ascoltiamo notizie terribili e confezionate ad hoc: incendi, terremoti, inondazioni, crolli, epidemie; seguiamo in televisione le cronache di incidenti stradali e di disastri aerei; ci abituano al fatto che gli aeroporti sono diventati non-luoghi di terrore, sottoposti a controlli sfibranti, che un raffreddore potrebbe ucciderci se non ci cureremo nel modo adatto e come ci viene imposto. Come risultato, il nostro cervello vive quotidianamente tantissime paure da quando nasciamo a quando moriamo e di cui nemmeno ci rendiamo più conto.

La paura non è il qui ed ora, la si vive per un fatto non reale, ma che “può accadere”. Per vincere la paura occorre vivere nel presente: smettere di pensare che verrà il peggio, che andrà male. Pensare questo significa attrarre negatività. Ci si deve afferrare nel presente, come essere, come sentimento, come tono vitale, con gratitudine e volontà.

La paura è una congettura, un’ipotesi, una previsione.

La paura è sempre un tentativo maldestro di scrutare il futuro. Vogliamo prevedere il futuro per cercare di scoprire le probabili minacce: l’uomo ha sempre cercato di scrutare e prevedere il futuro perché ne è atterrito. Non conoscere il futuro è un bene, occuparsene è un inutile spreco di energie. Nel frattempo, l’esperienza di vita ci suggerisce che, anche se ci aspettano dei problemi in futuro, spesso non sono quelli di cui ci preoccupiamo ora. Siamo ingannati dalla così detta “illusione del pericolo” perché costantemente sottoposti a minacce e rimproveri. Non ci è concesso di pensare troppo, di alzare la testa, perché questo è scomodo, perché altererebbe l’ordine precostituito.

Se diamo un’occhiata alla nostra vita passata, ci sorprendiamo nello scoprire quante cose che avevamo pensato fossero delle tragedie, per le quali non avevamo dormito notti intere, alla fine si sono rivelate molto meno importanti e significative.

Noi, ragionevolmente non attraversiamo la strada col semaforo rosso, stacchiamo la corrente quando aggiustiamo la presa, laviamo le mani prima di mangiare, facciamo attività fisica, non abusiamo dell’alcol, mangiamo bene, ci prendiamo cura della nostra salute e così via. Tutto ciò basta semplicemente farlo, del resto i pericoli potenziali sono talmente tanti che è impossibile prevedere il nostro destino. Questo non significa vivere alla giornata, ma non pre-occuparsi per cose che probabilmente non avverranno mai

Quindi, la paura di quello che lasceremo a nostro figlio? Non preoccupiamoci, troverà la sua strada. Cerchiamo invece di amarlo nelle cose quotidiane e semplici, ogni giorno. Diventiamo esempio e gli avremo trasmesso tutto ciò che sappiamo e possiamo.

Sprecare la vita e distruggere la salute per la sofferenza data dalla paura è una follia. Quindi, viviamo nel presente con la consapevolezza che nulla è definitivo e che cercare di dominare il nostro destino è utopico. Con la paura difficilmente si muore, ma sicuramente non si vive.

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