È sempre stato uno degli argomenti portanti degli oppositori dell’Omeopatia: superato un certo livello di diluizione, a detta loro, della sostanza di base non resta più nulla. Oggi, dopo anni di ricerche, uno nuovo studio mostra che non è così. Si tratta del progetto DynHom, portato avanti da Michel Van Wassenhoven, in passato presidente dell’associazione Unio Homeopathica Belgica e presidente della Commissione per la “Registrazione dei farmaci omeopatici” presso l’Agenzia del Farmaco belga.
Il progetto DynHom mostra particelle specifiche in medicinali omeopatici
Secondo quanto emerso dallo studio le soluzioni omeopatiche, anche a diluizioni molto elevate, mantengono strutture specifiche, rilevabili attraverso risonanza magnetica nucleare. Lo studio ha preso in esame due sostanze, Gelsemium sempervirens e Cuprum metallicum. Per il Gelsemium ha ricercato la gelsemina (marcatore specifico della pianta) e la Sempervirina. Per il Cuprum, invece, le particelle di Rame.
Lo studio, cominciato nel 2014, aveva già rilasciato parte dei dati nel 2017, quando aveva mostrato che le particelle trovate non erano impurità o effetto di contaminazioni della strumentazione.
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