Una giornata mondiale per celebrare la gentilezza

9 Novembre, 2022
Tempo di lettura: 4 minuti

Quest’anno si festeggiano la festa di San Martino e la festa della gentilezza nella stessa settimana.

Festa di San Martino

La leggenda narra che in una notte fredda un cavaliere avvolto nel suo mantello stava percorrendo una strada buia, quando vide un povero mendicante, coperto di soli stracci. Martino, il prode cavaliere, tagliò la metà del suo mantello con la spada per offrirla al mendicante infreddolito. Proseguendo sotto la pioggia battente e il forte vento, Martino si accorse che le nubi sopra di lui all’improvviso si diradarono. Smise di piovere e l’aria diventò mite. Il sole usci dalle nuvole come se fosse un giorno d’estate. Durante la notte, Martino fece un sogno; gli angeli lo ringraziavano per la metà del mantello donato, quasi a fargli capire che il mendicante era uno di loro.

La festa di San Martino è una ricorrenza autunnale molto sentita e festeggiata nelle scuole Waldorf di tutto il mondo. I bambini e gli adulti si divertono a progettare e a realizzare lanterne luminose, per ricordare la fredda notte d’inverno in cui San Martino offrì il suo mantello al mendicante infreddolito.

In questi giorni, ho letto un testo in una scuola Waldorf che mi è particolarmente piaciuto:

“L’11 novembre si celebra San Martino, la festa della gentilezza, della condivisione e dell’umiltà.
San Martino è la prima festa che ci introduce alla ricerca della luce del periodo più buio dell’anno.

Ma chi è Martino?

Con Martino si festeggia la seconda delle tre feste d’autunno: Michele, Martino e Nicola, prima che nasca il figlio della luce.
Queste feste di santi, seppur cristiane – ma ancora con valori umani molto universali, formano una bellissima trinità adatta al pensiero antroposofico.

Là dove Michaël ci invita coraggiosamente a mostrare la nostra forza di volontà e a fare buone azioni, Martino  si appella al nostro cuore, egli è simbolo dell’umanità che si mostra con l’attenzione per l’altro.

Nicola fa appello ad una qualità molto diversa, con la sua saggezza e conoscenza ci invita a far crescere la nostra coscienza per diventare persone migliori.

Così, le tre feste insieme rappresentano tre qualità del nostro animo umano: il pensiero, il sentimento e la volontà, e con la festa di San Martino, le prime luci interiori si possono vedere brillare nel buio autunnale.”

Cosa può significare vedere brillare le prime luci interiori? 

Potremmo vedere la gentilezza di San Martino nella lanterna come metafora della luce interiore che, una volta accesa, illumina una parte buia di noi, allontanando timori, disagio, senso di isolamento o allontanamento da sè stessi.

Educare i bambini alla gentilezza è molto importante perché li aiuta a rimanere autentici, a non perdere la meraviglia e la luce con cui guardano il mondo. Li aiuterà da grandi a capire che le relazioni vengono prima dei ruoli.

Spesso pensiamo che per essere considerati gentili sia sufficiente salutare, ringraziare, sorridere, chiedere perdono.

Certo, ricordare il nome di una persona è segno tangibile della nostra attenzione; grazie è una parola chiave del dizionario della gentilezza; sorridere è un gesto empatico, che si traduce in una ricerca della condivisione degli stati d’animo; chiedere scusa è manifestare umiltà e rispetto.

Ma la gentilezza non è solo questo. La gentilezza è una pratica del cuore. È anche far bene agli altri, contribuire al benessere emotivo di chi ci circonda.  Può essere vista come un sorriso espresso a parole, o ancora come il saper comprendere e rispettare le esigenze altrui, con cuore.

Mi capita sempre più spesso di sentire storie di pazienti che nonostante abbiano dato ascolto alla loro indole, alla loro natura, a predisposizioni personali, seguendo percorsi, anche di studio, con grande entusiasmo e motivazione, avvicinando sogni, approdati nel mondo del lavoro, si siano trovati in situazioni di forte difficoltà, perdendo gli equilibri psico emotivi, sfociati poi in disturbi di salute o psicosomatici. 

Ci sono ambienti di lavoro non gentili

Un ambiente di lavoro gentile è un luogo dove chi esercita una leadership lo fa preferendo l’autorevolezza all’autorità, l’ascolto all’umiliazione, la comprensione e l’empatia al giudizio ed alla critica. Dove le persone (invitate a comportarsi nello stesso modo) si sentono complementari e non superiori o inferiori, ognuno con i propri talenti e punti di vista. 

Perché, compiere atti di gentilezza, come riceverne, vuol dire aumentare la soddisfazione per la vita, l’umore positivo, la gioia, che è il sentimento più vicino all’Amore. Può stimolare il rilascio di serotonina e ossitocina, riducendo così paura ed ansia. 

Essere gentili, o tra persone gentili, fa aumentare l’autostima, ovvero la sicurezza, il rispetto verso sè stessi, verso il proprio corpo, l’ambiente in cui viviamo, verso Madre Natura. La gentilezza ci rende felici, perché parla di compassione, di gesti d’Amore, e niente nutre e colma più dell’Amore.

E per chi ha perso il suo Essere gentile?

Quando ci si rende conto che qualcosa dentro si è spento e non ci sentiamo più gentili, possiamo aiutarci o farci aiutare, e tra le persone gentili che ci si augura di incontrare ci sono proprio i professionisti della salute.

I Fiori di Bach, se ben consigliati, sono dei validi alleati.

Il potere terapeutico del fiore è la capacità di consentire alla persona di entrare nella stessa frequenza vibratoria del suo modello energetico, dei suoi principi, riarmonizzandone le dissonanze e le distorsioni.

Sono 38, si dividono in 12 guaritori e 7 aiutanti che, una volta individuati e scelti, vanno miscelati tra loro in preparazioni personalizzate, insieme ai più adatti degli altri 19.

Vervain (guaritore) e Vine (aiutante), perfetti archetipi, potrebbero essere un esempio.

Vervain promuove la tolleranza in soggetti impositivi, con atteggiamenti estremi.

Vine, aiuta nel trasformare il soggetto autoritario, dominatore, a guida. 

Questa miscela riconnette all’energia del cuore addolcendo la volontà con l’Amore.

Ecco che allora la gentilezza, come atto d’Amore, non richiede sforzo, è una luce che illumina chi la riceve e chi la dona, in uno scambio che infonde calore, condivisione, benessere immediato, pronto, inesauribile. 

La Natura lavora nel buio della terra per far rinascere la pianta da quello che rimane il suo seme originario sotterrato, nascosto, che custodisce la vita. Il lavoro profondo che fa la Natura si riflette nell’uomo. E la luce, la scintilla di vita, divina, il nostro seme, permette l’elaborazione interiore, affinché ci si rafforzi e si rinasca, fiorendo, oltre il buio. 

Seminare gentilezza equivale a seminare semi di luce. Solo così ci sarà concesso vivere in un mondo dove, l’Amore nato, sarà la vera cura per l’uomo ed il suo ambiente.

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