D’Annunzio, durante un volo di ricognizione, ammarò bruscamente nelle acque di Grado e sbatté la fronte contro la mitragliatrice di prua. Dall’incidente l’occhio destro risultò inesorabilmente compromesso e, per non perdere anche quello sinistro, il Vate si rivolse ad Hahnemann. Il medico tedesco, dopo aver esaminato attentamente l’occhio, domandò: – Le duole molto questa ferita? –
– Le ferite foggiano la forma. – Rispose D’Annunzio.
Hahnemann: – La disturba questa obbligata immobilità?-
D’Annunzio: – Fermo ma non inerte. –
Hahnemann: – Ah, bene. Allora mi dica: cosa fa durante il giorno? –
D’Annunzio: – Resto dentro di me. –
Hahnemann: – Che cosa sente dentro di sé? –
D’Annunzio: – I cavalli dell’azione e della poesia ricominciano a galoppare nella mia mente.-
Ad Hahnemann sembrò di parlare con un matto; perplesso, scosse la testa e domandò: – Ha mai avuto paura di morire?-
D’Annunzio: – Forse che Sì, forse che No. –
Hahnemann, sempre più spazientito: – Qual è stato il suo primo pensiero dopo l’incidente?-
D’Annunzio: – Vivere ardendo e non bruciarsi mai!-
Hahnemann si sforzò di essere diplomatico: – Scusi, ma cosa spinge un poeta così famoso a tanta temerarietà? –
Scattando in piedi, con il mento rivolto verso l’alto, D’Annunzio gridò: – A chi la forza?- “A noi.” – A chi la fedeltà? – “A noi.” – A chi la vittoria?- “A noi.”
Hahnemann:- Sta facendo l’imitazione di Benito Mussolini?-
D’Annunzio:- Nossignore. È lui che copia me.-
In quel momento Melanie, la giovane moglie di Hahnemann, entrò nello studio per portare all’ospite una tazza di tè. Di fronte a tanta bellezza, il poeta ebbe un sussulto e dal suo unico occhio partì uno sguardo carico di desiderio. – Di nuovo rugge il leone. – Esclamò.
Hahnemann divenne teso come un elastico e domandò: – Non mi vorrà far credere che la sua virilità resta alta anche da ferito…? –
– Possente di sua propria forza. – Rispose D’Annunzio, senza staccare lo sguardo voglioso dal corpo di Melanie, poi aggiunse: – Comincio a mangiarti dalla lingua e vado giù fino in alla “rosa”. –
Hahnemann, livido in volto per la gelosia e con le mani strette intorno al collo dell’altro, urlò: – Non le sembra di esagerare? –
D’Annunzio, quasi senza fiato, riuscì a mormorare:- Ricordati di osare sempre. –
Hahnemann alzò le mani in segno di resa. – Allora continui pure con mia moglie. Sono curioso di sapere fino a dove riuscirà a spingere questa sua sfacciataggine. –
– Fino alla meta. – Rispose D’Annunzio. Afferrò la mano di Melanie e, dopo averla languidamente baciata, declamò: – “La pupilla dell’occhio destro non si dice della cosa piu’ cara che alcuno abbia? Tu hai dato la pupilla dell’occhio destro a colei che ami: la tua pupilla di veggente, il tuo lume di poeta.”
Il medico tedesco accompagnò la moglie fuori dallo studio e si piazzò in modo minaccioso davanti al Vate: – Maledetto impertinente italiano, io sono il marito e non puoi dire queste cose di fronte a me!-
D’Annunzio:- Me ne frego.-
Hahnemann, i lineamenti del viso deformati dall’odio, afferrò l’attizzatoio e, mirando alla testa del poeta, disse: – Smettila di fare il satiro, altrimenti ti spacco in due! –
D’Annunzio:- Morire piuttosto che rinunciare. –
Hahnemann, di fronte a un desiderio erotico così ossessivo, si afflosciò sulla sedia. Intinse la penna nel calamaio e scrisse la ricetta, dicendo: – Personaggio maleducato, insolente e sprezzante; altezzoso, narcisista, eccessivamente passionale, con un costante bisogno di sentirsi eccitato, poi drammatico nelle sue ostentazioni. Platinum metallicum è il suo rimedio. Poi aggiungo gocce di Symphytum due volte al giorno per l’occhio….e non si faccia più vedere da me, oppure venga quando non c’è mia moglie. –
D’annunzio, con la ricetta in mano, andò verso la porta e, mentre stava per uscire, si girò, gridando: – EIA EIA EIA. ALALA’! –