Un blog ideato da CeMON

20 Giugno, 2025

Gli incontri impossibili: Hahnemann e Walt Whitman

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Ogni lunedì riceverai una ricca newsletter che propone gli articoli più interessanti della settimana e molto altro.
Tempo di lettura: 2 minuti

Era inverno e a Parigi faceva molto freddo. Da più di una settimana la neve cadeva sulla città. Hahnemann, mentre rincasava, era scivolato su una lastra di ghiaccio. La caduta gli aveva procurato ematomi in tutto il corpo e forti dolori alla schiena.

Melanie, preoccupata per la salute del marito ottantenne, lo aveva costretto a restare a letto, dopo avergli fatto prendere dell’Arnica montana. Il medico tedesco, tormentato dall’idea di dovere trascurare i suoi pazienti, aveva cercato di opporsi. Ma Melanie era stata irremovibile. – Io, senza fare niente, mi annoio!- Aveva piagnucolato Hahnemann.

Melanie, impietosita, aveva chiamato, per tenergli compagnia, Walt Whitman. Il poeta americano, rimasto parzialmente paralizzato a causa di un colpo apoplettico, entrò nella camera da letto lentamente, la mano appoggiata ad un bastone. Melanie lo aiutò a sedersi su una poltrona poi uscì.

Hahnemann: – Mia moglie mi ha detto che voi avete scritto una poesia per me. Ebbene, ditemi il suo titolo. –

Whitman: – O Capitano! Mio Capitano!- 

Hahnemann: – Ottimo titolo. Cominciate pure!- 

Whitman: –  O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è finito,/ La nave ha superato ogni tempesta, l’ambito premio è vinto,/ Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,/  Gli occhi seguono la solida chiglia, l’audace e altero vascello;/-

Hahnemann, estasiato al pensiero di essere acclamato da una folla e da campane sonanti, gridò: – Sublimi parole, orsù continuate, amico mio! –

Whitman: – Ma o cuore! cuore! cuore!/ O rosse gocce sanguinanti sul ponte/ Dove è disteso il mio capitano/ Caduto morto, freddato./

Hahnemann, sdegnato: – Oibò, che dite, brutto menagramo? Io sono solo caduto e la morte non mi ha neppure sfiorato. –

Ma Whitman con sguardo fisso e assente, continuò a declamare la sua poesia: –  O Capitano! Mio Capitano! Alzati e ascolta le campane; alzati,/ Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te/ I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,/ Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,/ Qua capitano! Padre amato!/ Questo braccio sotto il tuo capo!/ E’ un puro sogno che sul ponte/ Cadesti morto, freddato./

Hahnemann, furioso, scese dal letto: – Ve lo faccio vedere io se sono morto e freddato. Adesso vi prendo a bastonate!- Il medico tedesco, purtroppo, incespicò nelle coperte e cadde sul pavimento. Batté la testa contro lo spigolo del comodino.

Whitman, la mente avvolta in una sorta di torpore, scosse e dondolò la testa per cercare di capire cosa stesse accadendo. Si avvicinò ad Hahnemann e, goffamente, gli toccò la fronte, prima di dire:-  Ma non risponde il mio Capitano, immobili e bianche le sue labbra,-

Hahnemann, con un filo di voce. –  Chiamate aiuto, presto!- 

Whitman annuì, fece per girarsi verso la porta ma, subito dimenticò cosa doveva fare e riprese a declamare:- Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;/ La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,/ Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;/ Rive esultate, e voi squillate, campane! –

Hahnemann, il dito puntato contro l’armadietto dove teneva i rimedi omeopatici, mormorò: – Prendete dell’Helleborus niger e tacete, per l’amor del cielo!- 

Poi svenne. Whitman lo guardò senza capire e, prima di addormentarsi sulla poltrona, terminò la poesia: – Io con passo angosciato cammino sul ponte/ Dove è disteso il mio Capitano/ Caduto morto, freddato./

Lascia il primo commento