Paura della povertà

19 Maggio, 2023
Tempo di lettura: 2 minuti

Sono stato un idiota a fidarmi di Antonio. Lui, il maledetto palazzinaro, mi ha fregato.
Sento un battito di frustrazione venire da lontano. Rapidamente si trasforma in un dolore oppressivo e pulsante che mi scoppia nella testa. Arriva alla regione frontale, s’irradia agli occhi. La sofferenza mi rende pazzo e, di colpo, inizio a sragionare.

Lei, la mia fregatura, sta distesa sull’erba. Non ha colore e neanche profumo. Almeno così mi sforzo di considerarla, se voglio trovare il coraggio di distruggerla. Le righe nere della mia coscienza misurano le linee sottili dei suoi tratti. Sì, devo eliminarla, devo impedire che ad altri capiti quello che è successo a me. La cospargo di benzina. Con il pollice premo sulla piastrina dell’accendino finché la scintilla si trasforma in una gialla fiamma incandescente.

Lei ha un sussulto e grida: – Cosa vuoi farmi? Sei impazzito?
La guardo e mi sento morire. La mia mano trema e un gusto amaro mi sale in bocca. Ho una pietra al posto dello stomaco e vorrei averla anche al posto del cuore.

– Taci, maledetta – Urlo pieno di rabbia.

– Perché mi tratti così?- Chiede lei, indignata.

– Perché, per colpa tua, sono stato imbrogliato.

La sua replica è imbarazzata. – Sei stato tu a volermi.

– Ti ho tanto desiderata. – Rispondo offeso.
– Ho lavorato per una settimana come manovale per Antonio, detto il Losco. Ho riempito decine di secchi di calce, poi mi sono spaccato la schiena a portarli su e giù per i piani. E come compenso ho ottenuto te: il Losco mi ha raggirato, maledetto lui!

– Non ti piacciono quelle del mio colore?

– Vado matto per le rosse come te, ma tu non vali nulla.

– Chi lo dice?

– Giacomo, il cassiere di banca.

– E tu ti fidi di quel donnaiolo da strapazzo?

– Sarà anche un donnaiolo da strapazzo, come tu sostieni, ma non è certo uno che parla a vanvera.
– Mi sento ridicolo: sono in piedi in mezzo ad un prato, immobile per non provare dolore, con un accendino acceso in mano. Mi sembra di essere lo spettatore di un concerto rock.

Lei è terrorizzata. Non vuole essere bruciata e compie un ultimo disperato tentativo per dissuadermi. – Dammi a Tiziano il benzinaio. Oppure a Daniele, il tabaccaio. Molti, al tuo posto, farebbero la stessa cosa.

La guardo con disperazione e ammetto: – Ci ho pensato. Come pure ho immaginato di portarti da Luigi il fruttivendolo. Però non mi va, sarebbe troppo disonesto fare una simile azione di cui, in futuro, potrei pentirmi.

Mi dispiace. – Sussurro, avvicinandole la fiamma. In un attimo lei prende fuoco. Per non guardare le fiamme che l’avvolgono, cerco di girare la testa da un’altra parte ma, ogni volta che provo, il collo mi duole e provo una sgradevole nausea. Chiudo gli occhi. Mi lascio avvolgere dal fumo, trattengo il respiro, come se nuotassi sott’acqua.

La sua voce disperata penetra attraverso le mie palpebre abbassate: – Sarai sempre un poveraccio!- Quando riapro gli occhi, vedo la striscia di cenere rimasta. Il triste spettacolo dilata la mia paura della povertà e l’angoscia per il mio avvenire.

Per calmarmi metto sotto la lingua una monodose di Bryonia. È stato un gesto estremo, lo so, ma dovevo compierlo, dovevo distruggerla, non potevo permettere che quella banconota falsa da 500 euro continuasse a rimanere in circolazione.

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