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21 Settembre, 2024

Il caos e l’ordine non sono forze opposte ma strettamente connesse

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIII • Numero 51 • Settembre 2024

 

Gli assiomi della fisica classica: l’universo governato dal determinismo e prevedibilità assoluta

Sarebbe ancora pratico, nel contesto di questo progetto editoriale, BIO Educational Papers, riproporre per l’ennesima volta un’altra semplificazione della teoria del caos?1 Sì, di quella teoresi impegnata nel dare una spiegazione ai cosiddetti sistemi dinamici non lineari. Una ragione mi porta, in quanto direttore di quest’attività divulgativa, a concedere ancora spazio al tema: il constatare l’incidenza tendenziosa, sia nel modo di sentire la nostra vita quotidiana, sia nel linguaggio descrittivo e analitico della cosiddetta scienza, di questo nostro utilizzo inguaribile dell’idea della causa o della causalità, escludendo, senza alcun’esitazione, la nozione del caos oppure della complessità.

In breve, proprio perché in quanto compito di BIO abbiamo decostruito in innumerevoli articoli il paradigma della causalità semplificata, e proprio perché l’euristica in materia suggerisce che possiamo accedere ad una visione più articolata, vogliamo insistere nel richiamare l’attenzione che se quasi tutto influenza tutto il resto, la parola causa è chiamata a perdere, almeno in ambito epistemico, cioè nell’ambito dell’indagine scientifica, il suo significato deterministico.

Per di più, l’elaborazione della narrativa della teoria del caos è piena di suggestioni poetiche. Si pensi soltanto alla poetica della storia del cosiddetto effetto farfalla. In effetti, il comportamento dei sistemi caotici viene spesso indicato come effetto farfalla partendo della premessa che una piccola variazione dei valori iniziali può causare una grande differenza nei risultati finali, come puntualizza James Gleick,2 nel suo richiamo a fare nuova scienza a partire della teoria del caos. Stando a Erick Van Aken, il primo a teorizzare sull’effetto farfalla in alcuni sistemi dinamici sarebbe stato il matematico e meteorologo Edward Lorenz negli anni ’60 proponendo modelli matematici di simulazione circa le variazioni atmosferiche.

Tale larghezza di veduta ha permesso accostamenti come quello che mette in relazione il cambio della luce nella bellezza di Cleopatra e il disfacimento dell’Impero Romano. Oppure quello classico di Lorenz per cui una farfalla si sposta da un albero a Michoacán, scatenando un uragano dall’altra parte del globo. Questi scenari esemplificano l’essenza del caos, un termine coniato dagli scienziati durante la metà del XX secolo, per descrivere come piccoli eventi in sistemi complessi possano avere conseguenze vaste e imprevedibili.

Al di là di questi aneddoti, in questo breve articolo vorrei curare, sotto la guida di James Gleick, la storia del caos per poi approcciarci alla domanda se un semplice battito delle ali di una farfalla possa scatenare, per davvero, un uragano lontano. A quanto pare, seguendo gli studiosi già accennati, per poter svelare gli stratti di questa domanda, si dovrebbe prima tornare al mondo classico della fisica newtoniana. In questo viaggio di ritorno a Newton sembra emergere qualcosa di affascinante: l’universo, dalla grande scala degli imperi ai momenti intimi della vita quotidiana, opera all’interno di una struttura in cui il caos e l’ordine non sono opposti ma forze strettamente connesse.

Nel suo libro Chaos: Making a New Science (1987), James Gleick3 osservava che la scienza del XX secolo è stata ricordata per tre cose: relatività, meccanica quantistica e caos. Queste teorie sono peculiari perché spostano la nostra comprensione della fisica classica verso un mondo più complesso, emergente e imprevedibile.

La fisica classica, che raggiunse il suo apice nell’opera di Isaac Newton, aveva dipinto un universo governato dal determinismo e dall’ordine. Era un mondo simile a una macchina perfettamente progettata, dove ogni azione, come la caduta di una tessera del domino, innescava inevitabilmente un effetto prevedibile. Questa prevedibilità assoluta, come la descrive Gleick, un mondo in cui comprendere il presente significava conoscere il futuro, divenne l’essenza della meccanica newtoniana.

In questo contesto di interpretazione circa l’idea di realtà, la fisica classica non solo presentava un universo ordinato tra i seguaci di Newton, ma instillava altresì un profondo senso di padronanza del mondo naturale. Le proposte di Newton nutrirono la convinzione che l’Universo, precedentemente avvolto nel mistero, fosse ora messo a nudo, innescando un ottimismo senza precedenti nel potere della scienza. Armati delle leggi di Newton e della matematica rivoluzionaria, i principali pensatori dell’epoca sentivano di aver finalmente svelato i segreti della realtà. In questa atmosfera di trionfo scientifico, la filosofia fredda della fisica classica sembrava sciogliere un arcobaleno, spogliando il mondo naturale del suo incanto e del suo mistero. Al riguardo, il poeta John Keats si risentiva in Lamia (1890) del processo di razionalizzazione scientifica, che avrebbe potuto “tagliare le ali di un angelo” e ridurre le meraviglie del mondo a semplici voci nel “noioso catalogo delle cose comuni”.

Eppure, nonostante le resistenze di ogni indole, il XX secolo è stato testimone di un cambiamento drammatico con l’emergere della relatività, che ridefiniva la nostra comprensione dello spazio e del tempo, della meccanica quantistica, che avrebbe rivoluzionato la nostra comprensione del mondo subatomico e con l’emergere della teoria del caos. Il mondo ordinato e prevedibile della fisica newtoniana, il sogno di un universo meccanico pronto a palesare i suoi meccanismi più intimi, si dimostrava, felicemente o no, come una sorta di illusione. Nel XX secolo, la cosiddetta scienza però avrebbe rivelato un universo molto più intricato, meno prevedibile e, di fatto, caotico.

Come gli altri due pilastri individuati da Gleick (la relatività e la quantica) la teoria del caos sfida la nostra comprensione della fisica classica. Tuttavia, a differenza della meccanica quantistica e della relatività, la teoria del caos opera all’interno di un quadro newtoniano – presuppone una realtà deterministica governata da leggi specifiche. Eppure la teoria del caos rivela un livello di imprevedibilità avvincente, soprattutto a livello macroscopico.

 

Nel XX secolo, la scienza però avrebbe rivelato un universo più intricato, meno prevedibile e, di fatto, caotico

Ma questa imprevedibilità rivelata dalla teoria del caos, apparentemente in contrasto con una visione del mondo deterministica, deriva, stando agli studiosi come Erik Van Aken, dalla natura complessa dei sistemi non lineari. E questo perché seguendo gli studiosi della materia, nei sistemi dinamici, il comportamento cambia nel tempo. Il concetto di determinismo implica che gli stati futuri siano determinati precisamente dalle condizioni attuali, senza alcuna casualità o caso coinvolto. Tuttavia, quando i sistemi dinamici non mostrano linearità, il loro comportamento diventa più complesso e meno prevedibile, dal punto di vista di Van Aken. Questa complessità deriverebbe, secondo lui, da una relazione sproporzionata tra input o causa e output o effetto.

Un esempio semplice sarebbe quello dell’analisi di un semplice rubinetto. A bassa pressione, l’acqua scorre secondo uno schema liscio o laminare. All’aumentare della pressione, il flusso rimane stabile ma si allarga leggermente. Ad un punto critico, tuttavia, segnato da niente più che un piccolo cambiamento di pressione, vediamo una transizione di fase – il flusso ordinato diventa improvvisamente turbolento, esemplificando il caos. In effetti, la sensibilità dei sistemi non lineari, come i fluidi, a cambiamenti minori, portano a risultati imprevedibili. Al riguardo si potrebbe prendere ugualmente in attenta valutazione il movimento di un piccolo sasso che rotola lungo il pendio di una montagna. Piccole variazioni nel punto di partenza, nel terreno irregolare, nella densità del suolo e persino nella direzione del vento possono alterare drasticamente il suo percorso e la posizione finale.

Un parallelo nella meccanica celeste4 sarebbe, stando a Van Aken, il cosiddetto problema dei tre corpi. Seguendo la sua esposizione se si considerano due corpi nello spazio, cioè la Terra e la Luna, la meccanica newtoniana consentirebbe di prevedere perfettamente i movimenti orbitali di questi due corpi. Tuttavia, quando si aggiunge un terzo corpo, cioè il Sole, si presenta un livello di complessità che sfida la prevedibilità newtoniana. Le interazioni gravitazionali tra questi tre corpi creano un sistema dinamico e non lineare in cui piccole variazioni nelle condizioni iniziali, ad esempio, piccole variazioni nelle distanze o nelle velocità di qualsiasi corpo, possono portare a risultati molto diversi. Le posizioni a lungo termine dei tre corpi diventano praticamente impossibili da prevedere.

 

L’imprevedibilità dei sistemi dinamici-non-lineari deriva dalla loro sensibilità alle condizioni iniziali

Seguendo l’analisi di Van Aken, in termini matematici e scientifici più ampi, si potrebbe asserire che il caos farebbe riferimento a sistemi che appaiono casuali ma sono intrinsecamente deterministici. Si prenda l’esempio della ruota della roulette, suggerisce Van Aken, comunemente percepita come un gioco d’azzardo. Anche se teoreticamente si può supporre che il risultato sia puramente casuale, i meccanismi sottostanti alla ruota della roulette, inclusi il movimento, l’attrito e la forza della rotazione, aderiscono a leggi fisiche deterministiche. La vera fonte di imprevedibilità deriva dalla sua estrema sensibilità alle condizioni iniziali: la forza con cui la pallina viene lasciata cadere, la velocità con cui gira la ruota, le sottili vibrazioni dovute a fattori ambientali come un condizionatore d’aria e persino il movimento degli avventori attorno al tavolo. Questi fattori, spesso inosservati, possono influenzare in modo significativo l’esito di ogni giro. La teoria del caos ci insegnerebbe che anche variazioni apparentemente insignificanti delle condizioni iniziali, una differenza di frazione di millimetro nel punto di caduta della palla, possono portare a effetti sproporzionatamente grandi.

Conosciuta colloquialmente come effetto farfalla, la teoria del caos è reputata come un’interpretazione che potrebbe mandare in frantumi la nostra comune nozione di causa ed effetto. Ciò suggerisce che prevedere il futuro a lungo termine sia incredibilmente complesso perché anche eventi piccoli, e apparentemente irrilevanti, possono avere conseguenze significative.

Questo scenario apparentemente bizzarro sottolinea la natura controintuitiva della teoria del caos. Sebbene l’idea che piccole cause abbiano grandi effetti possa sembrare familiare, la teoria del caos sfida le nostre ipotesi comuni su come funziona il mondo. La lezione sorprendente non è che piccoli eventi possono avere conseguenze significative, ma piuttosto la profonda difficoltà nel prevederne le conseguenze. Questo principio fondamentale – la difficoltà di previsione – ha una definizione tecnica: dipendenza sensibile5 dalle condizioni iniziali – ad esempio, la posizione della pallina della roulette prima che venga lasciata cadere, la velocità della ruota della roulette, ecc. Ma la dipendenza sensibile non è un concetto nuovo. Ha un posto nella storia. Tuttavia, nel quadro della teoria del caos, possiamo sviluppare ulteriormente questa idea.

Un accorgimento molto utilizzato in queste descrizioni è quello di considerare il potenziale di cambiamenti improvvisi dovuti alle transizioni di fase, come quando l’acqua vorticosa passa da liscia a turbolenta. Piccole variazioni nelle condizioni di un sistema, come un chiodo mancante nei ferri di un cavallo apparentemente insignificante, possono accumularsi e innescare un cambiamento inaspettato: il ferro che cade, il cavallo ferito, la battaglia persa. Questi cambiamenti improvvisi, transizioni sorprendenti all’interno del sistema, sono guidati da leggi fisiche sottostanti, ma rivelano l’imprevedibilità e la complessità intrinseche di quelli che potrebbero sembrare eventi semplici.

Proprio come un chiodo mancante porta alla perdita di un regno, il battito d’ali di un insetto lontano potrebbe scatenare eventi catastrofici? La risposta, forse sorprendentemente, dipende dalla prospettiva: da come scegliamo di guardare il mondo e da come comprendiamo causa ed effetto.

Per considerare queste prospettive distinte, stando agli studiosi, si rende fondamentale notare che l’effetto farfalla è piuttosto una metafora di una teoria, vale a dire della teoria del caos che sostiene che piccoli cambiamenti nelle condizioni possono avere effetti grandi e inaspettati. Sebbene l’effetto farfalla sia un’immagine suggestiva potente, è importante ricordare il fondamento cosiddetto scientifico che le avrebbe fornito il lavoro di Lorenz come meteorologo. In effetti, lui studiò il tempo e cercò di trovare modi per migliorare le previsioni, prevedendo quando sarebbe scoppiata una tempesta, dove si sarebbe rivoltata, quando si sarebbe calmata e così via. Durante le sue ricerche al MIT, Lorenz sviluppò un semplice modello computerizzato per tracciare ipotetici sistemi meteorologici in un ambiente mirato (il mondo reale). Secondo la storia, Lorenz inserì alcuni numeri nel programma del suo computer e lasciò l’ufficio per prendere un caffè. Quando tornò, scoprì un risultato scioccante.

Il suo modello era da ritenersi come relativamente semplice. Avrebbe utilizzato una serie di equazioni differenziali per rappresentare il modo in cui l’aria si muoveva e le temperature fluttuavano. Lorenz stava, in verità, ripetendo una simulazione che aveva eseguito in precedenza, ma aveva arrotondato una variabile da .506127 a .506, un’alterazione, apparentemente, irrilevante. Con sorpresa di Lorenz, quella piccola alterazione avrebbe trasformato, drasticamente, il risultato del modello.

Il lavoro pionieristico di Lorenz avrebbe aperto un’euristica per un fenomeno sorprendente: piccoli cambiamenti possono avere conseguenze enormi e impreviste, portando a barriere, impenetrabili, nelle previsioni a lungo termine. Questo fenomeno è stato metaforicamente denominato effetto farfalla, ma il suo fondamento scientifico risiederebbe nella sensibilità dei sistemi non lineari alle condizioni iniziali.

 

La causalità non è una sequenza semplicistica ma una complessa iterazione di una miriade di fattori

La natura caotica dei sistemi non lineari non si evincerebbe solo nell’impatto sulla matematica. Ad esempio, piccole mutazioni genetiche o cambiamenti ambientali nell’evoluzione biologica possono portare a cambiamenti evolutivi significativi nel tempo. Il percorso dell’evoluzione non sarebbe, di conseguenza, lineare o prevedibile. Sarebbe invece pieno di colpi di scena e svolte inaspettate, come il movimento di un ciottolo giù dalla montagna. Allo stesso modo, in economia, i mercati funzionerebbero come sistemi complessi e non lineari. Voci su un’azienda o lievi variazioni dei tassi di interesse possono fungere da fattore scatenante, innescando cambiamenti sostanziali e imprevisti. La crisi finanziaria del 2007-2008 ci ricorda che piccole perturbazioni in un settore possono sfociare in un tracollo globale.

Forse il punto sui piccoli eventi sarebbe meglio affermato da Terry Pratchett e Neil Gaiman nel loro libro Good Omens (1990):

Un tempo si pensava che gli eventi che cambiavano il mondo fossero cose come grandi bombe, politici maniacali, enormi terremoti o vasti movimenti di popolazione, ma ora ci si è resi conto che questa potrebbe essere una visione molto antiquata, sostenuta da persone totalmente fuori di testa senza contatto con il pensiero moderno. Le cose che cambierebbero davvero il mondo, secondo la teoria del Caos, sarebbero piccole cose, come azzardatamente propone la metafora della farfalla che sbatte le ali nella giungla amazzonica e, successivamente, partecipa a scatenare una tempesta che devasta mezza Europa.

Le piccole cose contano. Ma il movimento di una farfalla, che peserebbe all’incirca quanto un centesimo, può provocare davvero una tempesta di notevoli dimensioni? La risposta, secondo gli studiosi, è piuttosto complessa. Stando a loro la risposta sarebbe sì e no: sì, dal punto di vista della fisica classica, è no, dal nostro punto di vista nostro come agenti umani.

Per spiegare questo loro paradosso, possiamo considerare, come esempio classico, l’atto di accendere un fiammifero. Convenzionalmente, questo atto è percepito in modo semplice e lineare: l’accensione del fiammifero (evento A) porta all’accensione (evento B), illustrando apparentemente ciò che i filosofi del XIX secolo chiamavano la legge della causalità – dato l’evento A, l’evento B seguirebbe. Abbastanza semplice. Fino a quando non si apprende che la legge di causalità viene meno se esaminata attraverso la lente della fisica classica.

La fisica ci informa che l’accensione di un fiammifero non è solo il risultato dell’accensione, ma piuttosto l’effetto aggregato di una vasta moltitudine di elementi. Questi includono la composizione chimica della partita, la forza esercitata nel colpo, la presenza di ossigeno e molti altri fattori. Il punto critico sarebbe che, da un punto di vista fisico, la causalità non è una sequenza semplicistica ma una complessa interazione di una miriade di fattori, ciascuno dei quali contribuisce in modo più o meno sottile all’evento finale.

Pertanto, nel regno della fisica classica, il concetto di causa è notevolmente ampliato, suggerendo che quasi ogni evento all’interno del “cono di luce del passato” di un evento, tutto nel suo passato, potrebbe essere considerato causale. Per illustrare la questione si può anche considerare l’esempio classico di un albero che cade in una foresta. Qui, il cono di luce passato dell’evento racchiude tutti gli eventi precedenti che potrebbero aver influenzato la caduta di questo particolare albero; il concetto, il cono di luce passato di un evento, indica che le informazioni o l’influenza viaggiano alla velocità della luce o al di sotto di essa. Per l’albero che cade, il cono di luce del passato include fattori immediati come il vento, la salute dell’albero e le condizioni del suolo, oltre a una moltitudine di eventi più distanti, dalla formazione dei modelli meteorologici ai cambiamenti ecologici e persino all’attività solare distante che influisce sul clima della Terra. Non importa quanto apparentemente non correlato o remoto, ogni evento converge all’interno del cono di luce del passato dell’albero, contribuendo a una complessa rete di causalità. La filosofa Alyssa Ney riassume quanto sopra esposto con notevole chiarezza. In “Physical Causation and Difference-Making” (2009),6 Ney scrive, presupponendo che guardiamo alla fisica per radicare o comprendere la causalità:

Ci sono molte relazioni causali in questo mondo, forse molte più di quanto normalmente supponiamo. I campi delle nostre migliori teorie fisiche sono sparsi in tutto l’universo e interagiscono con tutto ciò che è alla loro portata. Collegano piccoli eventi, come la tua uscita di casa stamattina, a quelli più significativi che accadono in Iraq un po’ più tardi e a quelli più distanti nella galassia. In questa immagine non è del tutto vero che “tutto causa tutto”, ma le cose si avvicinano.

Le argomentazioni di Bertrand Russell in “Sulla nozione di causa” (1912-13)7 complicano ulteriormente il quadro della causalità in fisica. Russell attacca del tutto l’idea di causa ed effetto. In sostanza, egli sostiene che se A produce B, e A racchiude l’ambiente (il cono di luce passato di A), questo amplierebbe la portata dell’evento A a tal punto da renderlo essenzialmente irripetibile.

L’argomentazione di Russell porta gli studiosi della materia a un dilemma: per sostenere la legge di causalità, si dovrebbero definire gli eventi notando uniformità invariabili e astraendo la maggior parte delle influenze fisiche su A. Tuttavia, una tale astrazione potrebbe, inavvertitamente, escludere influenze causali, minando il principio di causalità. Pertanto, Russell asserisce due conclusioni significative: in primo luogo, che la causalità non è una sequenza semplicistica ma una complessa interazione di una miriade di fattori e in secondo luogo, se nozioni come “causa” dovessero essere riducibili alla fisica, dovremmo eliminare l’uso del termine “causa”. Secondo Russell non esiste alcuna causa ed effetto.

Cosa significherebbe questo per l’effetto farfalla? Stando agli studiosi, semplicemente, significa che quando si considera la causalità attraverso la lente della fisica, il battito delle ali di una farfalla conta come concausa di una tempesta successiva. Ma lo sarebbe anche tutto il resto nel cono di luce del passato della tempesta. Tutte le farfalle che svolazzano, una balena che sfonda nel Pacifico, un bambino che gioca a calcio a Edimburgo e l’effetto gravitazionale della Luna contano tutti come causali. La tensione ci avvicina alla conclusione radicale di Russell: se quasi tutto influenza tutto il resto, la parola “causa” comincia a perdere il suo significato.

Eppure, esiste una linea nella filosofia della causalità, rintracciabile attraverso pensatori come RG Collingwood, Nancy Cartwright, Huw Price e James Woodward, che postula che dobbiamo individuare la nozione di causa nella pratica umana concentrandoci su cose come la manipolazione e il controllo. In questa visione, le “cause” sono viste come “maniglie”, cose in natura che ci forniscono una misura di controllo. Questo quadro enfatizza il ruolo delle prospettive umane nel modellare, inquadrare o limitare gli eventi e ci obbliga, epistemologicamente, a considerare la portata della nostra influenza cognitiva umana nei sistemi complessi.

Ciò evidenzia la distinzione tra causalità fisica e il modo in cui noi utilizziamo il concetto di causa per comprendere e navigare nel mondo. Si consideri l’esempio classico al riguardo, cioè gli sforzi di qualcuno di noi per prevenire un comune raffreddore. Ci concentriamo su fattori controllabili come la dieta, il sonno e le persone con cui interagiamo, e ignoriamo fattori apparentemente irrilevanti come le farfalle e le lontane violazioni delle balene. Il punto sarebbe questo: mentre fattori remoti e incontrollabili come il movimento di una farfalla possono avere qualche influenza fisica minore, il movimento della farfalla non fa la differenza per la nostra salute fisica. I filosofi spesso lo spiegano in termini di probabilità: possiamo alterare la probabilità di prendere un raffreddore assicurandoci di dormire a sufficienza, mentre la probabilità rimane inalterata catturando una farfalla e tenendola al sicuro in un barattolo; oppure controfattuali: se non fossimo rimasti svegli fino alle 4 del mattino, non ci saremmo ammalati. Rifiutiamo come assurdo il controfattuale:8 se questa particolare farfalla non si fosse spostata da un fiore all’altro, non ci saremmo ammalati.

Ma riguardo questa questione si nota la lieve tensione epistemologica anche qui. Se è vero che il movimento di una farfalla (o qualsiasi cosa nel passato cono di luce) avrebbe qualche effetto sulla nostra salute, sarebbe allora arbitrario concentrarsi su fattori controllabili come quanto dormiamo? La risposta degli studiosi sarebbe contraria, argomentando che consentiamo il ragionamento causale di base quando spostiamo la nostra attenzione dalla fisica a una prospettiva più pratica, a livello umano. In effetti, sembra essere un aspetto centrale del nostro uso ordinario di causa. Potremmo voler evitare di ferirci o di ammalarci e il nostro interesse ci porta a porre una serie specifica di domande: A sua volta, questo ci porta al fatto che gran parte del mondo diventa irrilevante. In effetti, con il nostro utilizzo ordinario del concetto di causa se vogliamo evitare di contrarre il cancro ai polmoni o l’influenza, ad esempio, non saremo interessati agli attuali modelli di migrazione delle farfalle monarca o al numero di università in California.

Al riguardo, Van Aken e Gleick, considerano il lavoro fondamentale di Edward H Carr, What Is History? (1961).9 In un capitolo intitolato “La causalità nella storia”, Carr ammette che il determinismo introduce serie complicazioni nell’analisi storica. Tuttavia, sottolinea che gli storici si concentrano su generalizzazioni fruttuose, o su quelle che Carr chiama cause reali. Per illustrare la questione, si potrebbe immaginare che Pinco Pallino, mentre sta andando a comprare un pacchetto di sigarette, venga ucciso da un guidatore ubriaco che sfreccia dietro un angolo cieco. Sebbene sia vero che se Pinco Pallino non fosse stato un fumatore, non sarebbe morto, non possiamo generalizzare l’affermazione che il fumo abbia causato la morte di Pinco Palino. Sarebbe epistemicamente molto più utile, certamente, nel contesto della storia e della vita quotidiana, dire questo: che la vera causa della morte di Pinco Pallino sia stata il guidatore ubriaco, la velocità del veicolo o l’angolo cieco. Ecco perché gli storici citano il Trattato di Versailles o l’invasione nazista della Polonia nel 1939 come causa della Seconda Guerra Mondiale e non la nascita di Hitler.

Da questi appunti teorici, emerge una tesi di base: il problema di Russell cioè il problema della causalità in fisica, si potrebbe superare spostando la nostra prospettiva. Se si guardasse il mondo attraverso la lente ordinaria dell’agire umano, piuttosto che attraverso la lente della fisica, si potrebbe parlare delle cause come di maniglie, eventi all’interno della natura che fanno la differenza per qualche effetto e ci forniscono un senso di controllo.

Per esemplificare la questione, si potrebbe provare ad immaginare che Harris e Trump siano in piedi vicino a un fuoco attorno al quale ci siano molti spettatori. Qualcuno potrebbe desiderare di spegnere le fiamme. Immaginiamo, inoltre, come lo vorrebbe una delle narrative in competizione, che Trump decida di spruzzare sul fuoco con un tubo e che Harris decida di pregare affinché il fuoco si spenga. Da un punto di vista fisico, Donald e Kamala, uno spruzzando e l’altro pregando, influenzano il fuoco con la loro semplice presenza e, quindi, con le loro azioni. Tuttavia, da una prospettiva umana a livello macro, solo un individuo influenza il fuoco, cioè, solo la spruzzatura di Donald farebbe la differenza sulle fiamme.

Quando noi umani, in un atteggiamento epistemologico, spostiamo la nostra prospettiva dalla fisica all’intenzione e alla creazione di differenze, arriviamo alla valutazione più intuitiva dell’effetto farfalla. Dal nostro punto di vista, la farfalla non sarebbe la causa della tempesta perché non possiamo influenzare le tempeste manipolando le farfalle. E anche se la farfalla potesse avere un effetto su una tempesta, non farebbe alcuna differenza rispetto al verificarsi delle tempeste in un modo che possiamo prevedere o controllare.

Esplorare la dicotomia tra le prospettive della fisica e quelle dell’agire umano svela un paradosso: le nostre azioni sono, contemporaneamente, vincolate dal determinismo delle leggi fisiche e arricchite con intenzione, scopo e significato che vanno oltre esse.

Per comprendere appieno cosa ciò significhi, si potrebbe utilizzare l’espediente di ascoltare una lezione tratta dal grande romanzo di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov (1880), che si chiede come un Dio benevolo possa permettere la sofferenza. C’è solo un personaggio virtuoso nel romanzo, il monaco padre Zosima, il cui semplice insegnamento, dettato dal genio di Dostoevskij, fa luce sul caos, sulla causalità e sulla creazione di differenze:

“Vedi, qui sei passato accanto a un bambino piccolo, sei passato oltre con rabbia, con una parola disgustosa, con un’anima adirata; tu forse non ti sei accorto del bambino, ma lui ti ha visto, e la tua immagine brutta ed empia è rimasta nel suo cuore indifeso. Non lo sapevi, ma potresti aver piantato in lui un seme cattivo, che potrebbe crescere, e tutto perché non ti sei trattenuto davanti al bambino, perché non hai coltivato in te un amore attento e attivo… per prima cosa dovremmo amare non per un momento casuale ma per sempre. Chiunque, anche un uomo malvagio, può amare per caso. Il mio fratellino ha chiesto perdono agli uccelli: sembra insensato, eppure è giusto, perché tutto è come un oceano, tutto scorre e si connette; toccalo in un posto e risuonerà dall’altra parte del mondo”.

______________Note _________________

1 In effetti, la teoria del caos è un paradigma scientifico elaborato per la prima volta negli anni ’60. Consiste in un approccio per comprendere dei sistemi dinamici che non sono spiegabili con l’approccio deterministico.

2 James Gleick. Chaos: Making a New Science. Vintage 1997

3 James Gleick, storico della scienza il cui lavoro ha raccontato l’impatto culturale della tecnologia moderna. Riconosciuto per i suoi scritti su argomenti complessi attraverso le tecniche della saggistica narrativa, è stato definito uno dei grandi scrittori scientifici della contemporaneità

4 La meccanica celeste è la branca della meccanica classica che studia il movimento dei corpi celesti, in particolare pianeti, satelliti naturali ed artificiali, asteroidi e comete da un punto di vista fisico-matematico. Il problema principale delle meccaniche celesti riguarda la stabilità del sistema solare

5 Dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali significa che, in un sistema caotico, a variazioni infinitesime delle condizioni iniziali corrispondono variazioni significative del comportamento futuro.

6 The British Journal for the Philosophy of Science Volume 60, Number 4

7 Bertrand Russell. On the notion of cause. Proceedings of the Aristotelian Society. New Series, Vol. 13 (1912 – 1913), pp. 1-26 (26 pages), Published by Oxford University Press

8 Per pensiero controfattuale si intende un concetto che coinvolge la tendenza umana a creare possibili alternative a eventi che si sono già verificati; il pensiero controfattuale è, come afferma l’aggettivo: “contrario ai fatti”.

9 Cosa è la storia è un’opera di metodologia storica di Edward Carr: consiste in un volume che raccoglie sei lezioni tenute dal 1960 dallo stesso storico all’Università di Cambridge. Per Edward Carr, come pure per Marc Bloch, lo studio della storia prevede una stretta relazione tra presente e passato.

Fonti Immagini: operaencirksteateravisen