Il cyberbullismo è una forma di bullismo che avviene tramite l’uso di tecnologie digitali. Può includere l’invio di messaggi offensivi o minacciosi tramite email, messaggi di testo, chat rooms, social network, o la pubblicazione di contenuti umilianti online. Il cyberbullismo si manifesta attraverso azioni aggressive e intenzionali con l’obiettivo di danneggiare o intimidire un coetaneo in difficoltà. La sua caratteristica distintiva sta nel fatto che può diffondersi ovunque e in qualsiasi momento, raggiungendo un pubblico vasto e incontrollato. I contenuti diffusi online persistono nel tempo e sono difficili da rimuovere. A differenza del bullismo tradizionale, dove l’identità del bullo è nota e le azioni sono circoscritte, nel cyberbullismo l’anonimato dell’aggressore favorisce una maggiore disinibizione e rende più difficile comprendere la sofferenza inflitta alla vittima. Le vittime sono spesso ragazzi e ragazze particolarmente sensibili, incapaci di rispondere alle aggressioni, presi di mira per qualche loro peculiarità. A subire maggiormente sono le ragazze che rappresentano il 65% delle vittime. Dall’altra parte dello schermo, i cyberbulli agiscono raramente da soli: sono sostenuti da complici che, con un semplice “like” o condividendo i contenuti offensivi, alimentano la spirale di violenza. È proprio questa rete di complicità a rendere il cyberbullismo così pervasivo e difficile da arginare.
I numeri del fenomeno
Le statistiche rivelano la diffusione del fenomeno: secondo la SIP (Società Italiana di Pediatria), il 12% degli studenti tra i 14 e i 18 anni ha subito cyberbullismo e il 33% atti di bullismo. In Europa, il National Center for Education Statistics riporta che il 7% degli studenti tra i 6 e i 12 anni ne è stato vittima, mentre il Centers for Disease Control and Prevention evidenzia che il 15% degli studenti delle scuole medie ha subito bullismo online. Le vittime sono prevalentemente ragazze (65%) rispetto ai maschi (35%), spesso individui sensibili che non reagiscono alle offese. Le conseguenze del cyberbullismo possono essere devastanti: oltre a scatenare un profondo malessere psicologico fatto di rabbia, ansia e depressione, spesso sfociano in pensieri suicidi o tentati suicidi. Le ragazze riferiscono più frequentemente sintomi depressivi (36% vs. 21%), pensiero suicida (19% vs. 12%) e tentato suicidio (10% vs. 6%). Il disagio si manifesta anche a livello fisico con cefalee e dolori muscolari, mentre aumenta il rischio di dipendenze e comportamenti antisociali o autolesionistici. Il dato più allarmante riguarda il silenzio che avvolge le vittime: in Italia, solo un minore su dieci trova il coraggio di confidarsi con un adulto, mentre quasi uno su quattro porta questo fardello in completa solitudine.
La normativa
Nel 2017 l’Italia ha introdotto una legge contro il cyberbullismo che, nonostante rappresenti un importante passo avanti legislativo, non ha ancora arginato questo fenomeno, come testimoniano i frequenti e drammatici casi di cronaca. La normativa offre una definizione ampia e dettagliata del cyberbullismo, includendo ogni forma di pressione, aggressione e molestia perpetrata online, estendendo la tutela anche ai contenuti che coinvolgono i familiari del minore vittima di abusi. La legge dà la possibilità ai minori, a partire dai 14 anni, di richiedere direttamente la rimozione di contenuti lesivi con tempi di risposta stringenti, 48 ore per i siti web, oltre le quali subentra il Garante della Privacy. Per i giovani responsabili tra i 14 e i 18 anni, inoltre, non scatterà un processo, ma solamente la cosiddetta “procedura di ammonimento”: una serie di misure di dissuasione simili a quelle già previste nella legge anti-stalking. Sul fronte della prevenzione, è stato istituito un Tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio, mentre le scuole sono chiamate a nominare referenti specifici per formare gli insegnanti al riconoscimento precoce di questi comportamenti.
Il ruolo della famiglia
Per ostacolare questo fenomeno e proporre modelli comportamentali adeguati è cruciale il ruolo dei genitori: i ragazzi tendono a replicare le dinamiche familiari nelle relazioni con i coetanei. Un ambiente che giustifica la violenza può predisporre a comportamenti da bullo, mentre genitori attenti e comunicativi possono educare al rispetto e prevenire atteggiamenti aggressivi. Ogni adulto che interagisce con gli adolescenti ha la responsabilità di contrastare questi comportamenti attraverso il dialogo e la comprensione.
Il cyberbullismo non è solo violenza digitale, è la negazione del diritto di crescere serenamente, di scoprire se stessi senza paura, di credere nel futuro. La tecnologia dovrebbe essere un ponte tra le persone, non un muro dietro cui nascondere la crudeltà. Per ogni giovane che trova il coraggio di parlare, molti altri continuano a soffrire in silenzio. La speranza risiede nella comprensione di un genitore, nell’attenzione di un insegnante, nella mano tesa di un amico. Il mondo digitale può diventare uno spazio di crescita e connessione, dove le differenze arricchiscono invece di dividere, dove l’empatia prevale sull’indifferenza. Solo riscoprendo il valore dell’ascolto e del rispetto reciproco potremo trasformare la rete in un luogo di incontro e non di scontro, preservando i sorrisi e le speranze dei ragazzi.