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Violenza ostetrica: cos’è e perché è sottovalutata

A volte il momento più bello di una donna può diventare un dramma: scopriamo perché
18 Maggio, 2023
Tempo di lettura: 2 minuti

Quando a gennaio di quest’anno un neonato morì all’ospedale Pertini di Roma, soffocato dal peso della madre, l’Italia intera scoprì l’esistenza di un termine fin lì quasi del tutto sconosciuto: violenza ostetrica. Quella tragedia non era infatti avvenuta per colpa della partoriente, sfinita da 17 ore di travaglio e chissà quante altre trascorse a cercare di vegliare sul suo piccolo, ma per la solitudine in cui la stessa si venne a trovare. In ospedale vigevano ancora le regole Covid, quindi nessun familiare era stato ammesso al suo capezzale. Né, d’altra parte, il personale sanitario le aveva prestato le attenzioni necessarie. Quel bimbo era morto perché l’intero peso del parto gravava sulle spalle della neo-mamma, abbandonata a se stessa.

Il dramma delle donne lasciate sole dopo il parto

In quei giorni anche chi non aveva figli capì ciò che le partorienti sanno bene, o scoprono a loro spese: che il momento del parto è sì un momento di gioia infinita, ma anche un momento delicatissimo, tanto dal punto della salute fisica che di quella mentale. Il corpo femminile è sottoposto a una violenta tempesta ormonale nel periodo che va da alcuni mesi prima ad alcuni mesi dopo il parto. In questo lasso di tempo la donna si trova a gestire emozioni di grande intensità, che lasceranno segni profondi tanto su di lei quanto sul nascituro. Scompensi emotivi eccessivi durante questi giorni possono infatti riflettersi sui parametri chimici collegati all’allattamento. Per questo è necessario che la donna riceva il massimo supporto sia in ambito familiare che in ambito sanitario.

Cos’è la violenza ostetrica

La violenza ostetrica è qualsiasi forma di violenza fisica, emotiva o psicologica che avviene durante l’assistenza sanitaria alla donna in gravidanza, durante il parto o nel periodo post-partum. Può verificarsi attraverso l’assenza di consenso informato per le procedure mediche, la costrizione fisica o verbale, la discriminazione basata sull’età, l’etnia, l’orientamento sessuale o la situazione economica, e la mancanza di rispetto per la privacy e la dignità della donna. In Italia spesso capita che la donna non sia informata sul ventaglio di opportunità terapeutiche a sua disposizione, ma venga instradata, in modo più o meno forzato, verso percorsi clinici prestabiliti. Iper-medicalizzazioni, induzioni al taglio cesareo o all’episiotomia anche in assenza di reali motivazioni mediche, somministrazione di farmaci inutili sono purtroppo all’ordine del giorno.

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