BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIV • Numero 55 • Settembre 2025
Disperazione esistenziale e distopia in style Mad Max
Se ponessimo questa domanda al mondo accademico dei teorici sociali, oppure al mondo dei politici, sicuramente il dibattito sarebbe quello dell’inevitabilità del nichilismo e di lasciare le soluzioni in mano alle tecnologie e all’autoritarismo. Ma se avessimo potuto porre tale domanda alla scrittrice e poetessa Ursula K. Le Guin,1 prima della sua morte avvenuta nel 2018, certamente ci avrebbe suggerito che possiamo rifiutare il nichilismo e l’ottimismo ingenuo praticando la nostra libertà collettiva, come si potrebbe documentare studiando la sua opera letteraria.
Un mio amico, professore di etica ambientale all’università di Carleton, Ottawa, mi ha raccontato recentemente che più della metà degli studenti del suo corso di etica ambientale credeva che fosse inevitabile – non solo possibile o probabile, ma inevitabile – finire in una distopia in stile Mad Max.2 Si confrontavano con la disperazione esistenziale. Ma è interessante notare che, sebbene vedessero la distopia inesorabilmente all’orizzonte, presumibilmente non erano fatalisti dal momento che stavano seguendo un corso di etica ambientale e riflettevano insieme su cosa si potesse fare.
Ma questo non è solo un paradosso di tali studenti. Penso che oggi, molti di noi, condividiamo la sensazione che tutto ciò che possiamo fare non sarà sufficiente, eppure che dobbiamo fare il possibile. E tuttavia, a molti di noi, al solo pensare alle guerre genocide in atto, alla crisi di una possibile estinzione globale, alla traballante economia globalizzata e all’ascesa dell’autoritarismo non ispira, senza dubbio, un atteggiamento ottimista e propositivo. Quasi tutti quelli che conosco si sentono impotenti nel controllare le cose terribili che stanno accadendo in questo momento. Abbiamo ragione su questo. Viviamo nel mezzo di molteplici catastrofi, che a volte sono tragedie personali e a volte perdite globali insopportabili che vanno oltre la nostra capacità di comprensione, e spesso entrambe le cose.
Può sembrare una contraddizione credere che esiti terribili siano inevitabili e allo stesso tempo trovare la volontà di impegnarsi per migliorare le cose. Ma, alcuni di noi rispondono a questa contraddizione affermando, nichilisticamente, che non ha senso provarci poiché, dato che non abbiamo il potere personale di migliorare le cose, tanto vale arrendersi ora. Altri rispondono credendo che qualcun altro farà in modo che le cose funzionino, in qualche modo, perché sono convinti che le tecnologie miglioreranno molto rapidamente, oppure che la Terra guarirà spontaneamente, o anche che ci sia un piano cosmico. Un ottimismo ingenuo, come questo, afferma che non abbiamo il potere personale di cambiare le cose, eppurele cose, inevitabilmente, si ri- solveranno.
Oggi, però voglio condividere con voi la voce di una terza via alla quale mi ha portato la teorica sociale e attivista Alexis Shotwell nel suo saggio We can live well, even though we don’t have a higher purpose. 3 Si tratta proprio della scrittrice e poetessa Ursula K. Le Guin, che ci aiuterà a rifletteresu una terza via. Per lei, la disperazione naturale e l’ottimismo ingenuo condividono un’idea fondamentale: esiste un insieme di forze, al di fuori del nostro controllo, che determinano sia il nostro percorso personale che il destino del mondo. Dato che non abbiamo il potere di cambiare le cose, siamo esenti dal doverci impegnare. Nella sua narrativa eteoria, Le Guin respinge sia il nichilismo che l’ottimismo, sostenendo che entrambi rimandano a uno scopo superiore. Per lei, vivere senza uno scopo superiore significa ammettere o, semplicemente, dare per scontato, alcuni assiomi:
- Non esiste alcuna divinità o forza nell’Universo con un piano specifico per la nostra vita.
- L’organizzazione attuale della società non è inevi- tabile, le gerarchie in cui nasciamo possono essere
- Non abbiamo una natura biologica specifica che abbia per-programmato cosa significhi essere
- Le persone che ci hanno cresciuto e gli eventi a cui siamo stati sottoposti non dettano, fatalmente, il percorso della nostra vita.
La libertà, esistenzialmente esigente, sarebbe collettiva
Le Guin suggerisce un modo per scegliere, agire e fare senza mirare al controllo. La sua opera è un modello per rispondere a condizioni esistenzialmente impegnative. Lei pensa che non dovremmo neanche rinunciare alla responsabilità, pure se abbandonassimo culturalmente l’idea che le nostre azioni personali controllino il destino del mondo.
Lei, inoltre, consiglia che dovremmo prendere sul serio quanto siano brutte le cose e dirci la verità sui limiti del nostro potere personale. E poi, dovremmo chiederci, come fa una protagonista del suo monumentale romanzo Always Coming Home (1985):4 “Come può un essere umano vivere bene, allora?”. Data questa situazione e queste limitazioni di non controllo, cosa dovremmo fare della nostra vita?
Seguendo Le Guin, anche noi potremmo chiederci come un essere umano dovrebbe vivere bene. Le Guin parte dal mezzo, dove non abbiamo né dei padroni, né natura né cultura su cui fare affidamento. Per lei, dovremmo stabilire i nostri obiettivi, non lasciarci sfuggire la scelta tra le opzioni limitate che abbiamo. Finora, questo potrebbe sembrare un imperativo basilare – e molto sospetto – verso l’auto-controllo, il survivalismo e una sorta di protezionismo nativista,5 ma Le Guin è molto, in modo peculiare, più esigente e più disponibile. La sua comprensione del tipo di libertà esistenzialmente esigente che possiamo o dovremmo scegliere è fondamentalmente collettiva. Nella sua visione, noi umani, siamo liberi solo perché facciamo parte di un mondo collettivo. Come scrive nel suo romanzo più apertamente anarchico, The Dispossessed an ambiguos utopia (1974):6 “Le scelte dell’essere sociale non vengono mai fatte da sole”. Tuttavia, ciò non risponde, in modo esaustivo, a cosa significa fare scelte collettive, senza affidarsi a storie di scopi superiori per dare un senso alla nostra vita?
In effetti, in Always Coming Home,7 il personaggio centrale, un’antropologa del futuro, esamina i nostri discendenti, vissuti a distanza di molte generazioni, in un mondo che sta ancora affrontando le eredità della nostra distruzione ambientale. Il popolo Kesh, oggetto principale del libro, vive in piccole comunità nella “Valle”. Questo sarebbe un luogo che non possiamo definire un’utopia ma, piuttosto, un non-luogo oppure una pluritopia, vale a dire, un luogo multiforme. Sono sentitamente collocati, intimamente formati in termini relazionali.
Il loro stile di vita è però contestato e attaccato dai Condor, un popolo che persegue, attivamente, le eredità delle relazioni sociali capitaliste e coloniali, in particolare attraverso la guerra. Le vite dei Condor sono incentrate sulla conquista, su forme gerarchiche fisse e sulla devozione all’Uno, una figura divina. Infatti, nella visione di Le Guin, c’è qualcosa di sbagliato nel cercare di uscire dal mondo come se non ne facessimo parte.
In un lungo dibattito se questo sia un buon modo di vivere o una setta o una malattia, uno dei Guerrieri Condor deride lo stile di vita dei Kesh, dicendo:
“… non mi vergogno di essere un Guerriero! È il mio orgoglio! Voi laggiù, siete malati, state morendo e non lo sapete. Mangiate, bevete, danzate, parlate, dormite e morite e non c’è niente in voi, come formiche, pulci o moscerini, la vostra vita non è niente, non va da nessuna parte, continua a ripetersi e ripetersi nel nulla! Ma noi non siamo insetti, siamo esseri umani e perciò serviamo uno scopo superiore.”8
Allineandomi al commento di Alexis Shotwell 9 su questo manifesto del guerriero Condor, evidentemente, al centro di questa idea di servire uno scopo superiore c’è una gerarchia fissa, con un Dio sovrano che stabilisce lo scopo della società. In questo senso stando a Le Guin, noi saremmo simili a frattali, quindi, queste gerarchie dettano la struttura governativa, con un singolo sovrano autocratico; le famiglie, con un patriarca che ha il dominio sulla sua casa; e forme sociali, basate sulla conquista militare e sulla schiavitù.
Le analogie con il nostro mondo o società sono chiare. Anche a noi viene spesso detto attraverso gli apparati ideologici, sia di Stato che privati, di sottometterci a una gerarchia fissa e di identificare il significato della nostra vita in base alla nostra posizione sociale, al nostro genere, alla funzione familiare o al lavoro. Di conseguenza, per Le Guin, siamo invitati a trarre lo scopo della nostra vita dall’esterno.
Una vita esistenzialmente esigente verso una vita sottoposta a scopi metafisici superiori
Al contrario del discorso del guerriero Condor in Always Coming Home,10 un suo personaggio del suo romanzo The Lathe of Heaven del 1971 [La falce dei cieli]11 riflette:
“Qual è la funzione di una galassia? Non so se la nostra vita abbia uno scopo e non vedo che abbia importanza. Ciò che conta è che ne siamo parte. Come un filo in un tessuto o un filo d’erba in un campo. È, e noi siamo. Ciò che facciamo è come il vento che soffia sull’erba.”
Questa eloquente riflessione mostra che per Le Guin, c’è qualcosa di sbagliato nel cercare di uscire dal mondo come se non ne facessimo parte. Pensare che il nostro scopo umano in questa Terra sia fare cose, cambiare cose e gestire cose, richiede questo senso di separazione, ma implica anche l’atteggiamento nei confronti del mondo che ci impone di averne la padronanza.
Le Guin rifiuta ugualmente la concezione di una natura umana fissa come qualcosa che detta il modo in cui noi, umani, dovremmo vivere. Lo fa, non immaginando mondi in cui siamo completamente separati dal campo del corporeo e del biologico, ma interrogandosi, direttamente, su come la biologia possa plasmare la nostra biografia collettiva in quanto umani. Una delle società che immagina nei suoi libri è l’”Ekumene”. Scrive, nel suo romanzo del 1969 The Left Hand of Darkness12 [La mano sinistra delle tenebre]:
“La mia dottrina è esattamente l’opposto della dottrina secondo cui il fine giustifica i mezzi. Procede, quindi, per vie sottili, lente, strane e rischiose; un po’ come fa l’evoluzione, che in un certo senso ne è il modello.”
In effetti, Le Guin contrappone spesso i mezzi sottili, lenti, strani e rischiosi dell’evoluzione a concezioni fisse della natura umana. Sotto questo aspetto, considera che possiamo partire dall’idea che non abbiamo uno scopo, nel senso di qualcosa di elevato, esaltato, superiore, migliore, funzionale, utile, biologicamente necessario o dato da Dio per fare. Non ci sarebbe nulla di particolare per cui siamo emersi in questa Terra. Per Le Guin, non esiste una natura umana specifica che determini cosa dovremmo fare in un dato momento. Piuttosto, facciamo scelte in contesti sociali e storici. Al riguardo, lei parte dalla convinzione che né un Dio né l’Universo abbiano un piano per noi. Siamo fatti di mezzi con cui stabilire inostri fini, attuare noi stessi. Gli scopi ordinari che costituiscono le nostre vite quotidiane travagliate o meno valgono, decisamente, la pena di essere impiegati per tutta la vita.
Al riguardo Le Guin ci rivolge la domanda relativa a cosa succede quando comprendiamo che nessun potere, capacità o scelta personale ci salverà dal precipitare verso guerre per l’acqua, sterminio delle specie e signori della guerra neo-feudali che guidano auto truccate nel deserto. O, in una modalità, ironicamente meno distopica, ci domanda cosa succede quando arriviamo ad essere certi che nessuno di noi possa controllare personalmente l’immensa complessità che affrontiamo, e che questa sia, in realtà, un evento meraviglioso, perché ci rendiamo conto di essere solo una parte evanescente del mondo ronzante e vibrante.
Per Le Guin, in una tale epifania, troviamo una diversa fonte di scopo. Poiché siamo una specie sociale, la nostra forza risiede nella collettività, nell’essere parte di un tutto, nell’esercitare una capacità umana di plasmare collettivamente il nostro mondo condiviso. Nella sua interpretazione della vita umana la via d’uscita dalla disperazione non sta nell’ottimismo senza fondamento, né nel privarci della responsabilità di scegliere di agire. Percepire che le cose vanno molto male e fare qualcosa che potrebbe comunque cambiare il mondo deriva dal fatto che siamo sia l’erba che il vento e che il nostro scopo e il nostro potere derivano dall’essere parte di questo mondo.
Come sostiene Alexis Shotwell,13 nell’interpretazione dell’evento della vita umana senza scopo metafisico di Le Guin, potrebbe indurre alla disperazione rinunciare all’idea che noi umani veniamo al mondo con una ragione prestabilita per vivere o un progetto su come dare un senso alla nostra vita. In effetti, adottare questo orientamento significa che non c’è altra ragione per vivere se non le ragioni che ci diamo. Vale a dire che noi,umani, abbiamo solo scopi autogenerati da perseguire.
Invece di evocare disperazione, trovo quest’idea piuttosto bella e perciò ho voluto condividerla con voi. Pur essendo esistenzialmente impegnativo, sarebbe anche eticamente e politicamente appagante non avere altro destino se non quello che creiamo. Non abbiamo uno scopo superiore. Ma abbiamo molti scopi inferiori, basilari, a misura d’uomo, situati, delicati, dolci.
In effetti, gli scopi ordinari che compongono la nostra vita valgono decisamente la pena di essere realizzati. Non c’è niente di meglio che potremmo fare che cercare di vivere, senza arroganze e presunzioni metafisiche, in questa Terra, insieme. La scrittrice e poetessa Ursula K. Le Guin ci mostra che possiamo rifiutare il nichilismo e l’ottimismo ingenuo praticando la nostra libertà collettiva. Se non abbiamo uno scopo superiore, nel senso di un destino o di un fato prestabilito, non c’è scopo superiore per le nostre vite che praticare la libertà collettiva: dare un senso a ciò in cui siamo stati gettati, in tutto il suo caos.
- Ursula Kroeber Le Guin, meglio conosciuta come Ursula Le Guin (Berkeley, 21 ottobre 1929 – Portland, 22 gennaio 2018), è stata una autrice di fantascienza e di fantasy. Vinse otto premi Hugo, sei premi Nebula e ventiquattro premi Locus – i massimi riconoscimenti della letteratura fantastica. La profondità e attualità dei suoi temi, che spaziano dal femminismo all’utopia e al pacifismo, hanno reso i suoi romanzi noti e apprezzati ben oltre il tradizionale circolo di lettori di genere. Tra le sue opere si ricordano in particolare La mano sinistra delle tenebre (1969), I reietti dell’altro pianeta (1974) e il Ciclo di Earthsea (1968-2001). Le Guin sfruttò la flessibilità creativa della fantascienza e del fantasy per esplorare i temi delle identità e delle strutture sociali. In questo modo, il ricorso a discipline quali sociologia, antropologia e psicologia portò alcuni critici a includere le sue opere nella categoria dellafantascienza soft. Lei si oppose a questa classificazione, sostenendo che il termine sia divisivo e implichi un’idea ristretta di quanto costituisce una forma valida di fantascienza. Le tematiche dell’anarchismo e dell’ambientalismo riaffiorano inoltre lungo tutta l’opera di Le Guin. Conoscendo profondamente le prospettive delle scienze sociali circa l’identità e la società, Le Guin decide razze e generi a ragion veduta. La maggior parte dei suoipersonaggi sono persone di colore, una scelta fatta per rispecchiare la maggioranza non bianca dell’umanità (motivo a cui attribuisce la scarsità di personaggi illustrati sullecopertine dei suoi libri). La sua scrittura ricorre spesso a culture aliene – umane ma non terrestri – per esaminare le caratteristiche strutturali della società e della culturaumana, nonché del loro impatto sull’individuo. La scrittura di Le Guin fa un notevole uso di azioni ordinarie, allo scopo di chiarire come le attività quotidiane inseriscano gli individui in un contesto di relazioni con il mondo fisico e con il prossimo.
- Mad Max è un media franchise nato da una serie cinematografica australiana, ideata e diretta da George Miller, ambientata in uno scenario post apocalittico. Nel primo film la guerra nucleare non è ancora scoppiata, ma l’ambientazione è comunque distopica.
- Alexis Shotwell – We can live well, even though we don’t have a higher purpose. In psyche know yourself. 13 May 2025.
- Ursula Le Guin. Sempre la valle. Traduzione di Riccardo Valla. A. Mondadori, Milano 1986.
- Il survivalismo è una filosofia e insieme di pratiche che riguardano la preparazione per situazioni di emergenza, come catastrofi naturali, crollo della società o altre crisi. Si concentra sull’acquisizione di conoscenze e competenze per sopravvivere autonomamente, in situazioni dove non si può contare sul supporto esterno. Fonte: Ronald H. Fritze, Falsi miti. Come si inventa quello in cui crediamo, Sironi Editore, 2012, p. 170. Il nativismo invece è la politica o pratica di preservare o far rivivere una cultura indigena. Altro significato sarebbe quello che indica una politica di destra volta a proteggere gli interessi degli abitanti nativi contro quelli degli immigrati, compreso il sostegno di misure direstrizione dell’immigrazione. Negli studi accademici, il nativismo è un termine tecnico standard, sebbene coloro che sostengono questa visione politica, in genere, non accettino l’etichetta. Oezguer Dindar ha scritto: «I nativisti […] non si considerano nativisti. Per loro è un termine negativo e si considerano piuttosto “patriottici”.» In filosofia il termine è un sinonimo di innatismo. Fonte: Max J. Castro, The Rise and Fall of the New Nativism: Economic Forces, Ethnic Politics and US Immigration Policy , in Han Entzinger, Marco Martiniello e Catherine Wihtol de Wenden (a cura di), Migration between states and Markets, Research in migration and ethnic relations series, Ashgate, 2004,
- Ursula Le Guin, I reietti dell’altro pianeta, traduzione di Riccardo Valla, Collana Narrativa di anticipazione n.6, Editrice Nord, 1976.
- Ursula Le Guin. Sempre la valle. Traduzione di Riccardo Valla. A. Mondadori, Milano 1986.
- Ibidem
- Alexis We can live well, even though we don’t have a higher purpose. In psyche know yourself. 13 May 2025.
- Ursula K. Le Guin. Sempre la valle. Traduzione di Riccardo Valla. A. Mondadori, Milano 1986.
- Ursula Le Guin, La falce dei cieli, traduzione di Riccardo Valla, collana Biblioteca Cosmo n° 1, Editrice Nord, 2005.
- Ursula Le Guin – La mano sinistra delle tenebre, traduzione di Ugo Malaguti, Collana Gli Slan fantascienza, Bologna, Libra Editrice, dicembre 1971.
- Alexis Shotwell. We can live well, even though we don’t have a higher purpose. In psyche know yourself. 13 May 2025.