Lieto fine, anzi no
Questa è una storia a lieto fine. Anzi no, avrebbe dovuto esserlo, avrebbe potuto esserlo, ma in realtà si avvia a essere l’ennesima scena di un film ben conosciuto dagli esasperati abitanti della Terra dei fuochi, in Campania. Un film che racconta di una popolazione che, coraggiosa e proattiva, si mette in moto per combattere la camorra e i suoi molti tentacoli. Trova una strada innovativa per farlo, vince, fiumi di inchiostro vengono versati per osannarne il successo e decantarne le grandi qualità. Poi, quando tutto sembra essere andato per il verso giusto, viene abbandonata da quello che avrebbe dovuto essere il suo alleato e protettore, lo Stato, che per indolenza finisce per favorire gli interessi della malavita. E tutto torna alla triste normalità: incuria, abbandono, giornalisti spariti e montagne di denaro pubblico ad ingrassare le organizzazioni criminali.
Non è un paese per uomini
Partiamo dall’inizio. Nei pressi di Giugliano, in provincia di Napoli, per molti anni è stata attiva una maxi-discarica, chiamata Resit, nella quale sono state sversate migliaia di tonnellate di rifiuti, anche pericolosi. Questo pantagruelico oceano di monnezza ha devastato l’intero territorio del giuglianese, arrivando anche a inquinare una falda acquifera che che fornisce di questo prezioso elemento, migliaia di persone e irrora ettari e ettari di campi. Nel 2004 questo vero e proprio mostro ecologico viene finalmente chiuso, ma gli effetti deleteri dell’inquinamento prodotto dai rifiuti non si fermano, continuando ad appestare terra e cielo delle zone circostanti. Cominciano i bandi pubblici, per individuare quale progetto attuare per la bonifica dei terreni. Progetti che prevedono enormi spese, decine e decine di milioni di euro, e che a loro volta comportano elevati rischi ambientali, perché trasferire queste enormi montagne di rifiuti aumenta il rischio di disperdere nell’ambiente sostanze nocive, oltre a necessitare di un nuovo luogo in cui trasferire il pattume. Nuovo luogo che, ci scusino i nostri signori amministratori per la scarsa fiducia, ma verrebbe probabilmente lasciato allo stesso degrado della discarica stessa. Non parliamo poi dei rischi di infiltrazioni malavitose, perché purtroppo in Italia funziona così: la criminalità devasta, e la stessa criminalità poi si occupa di ricostruire. Ci guadagna due volte.
All’improvviso una luce
In questo scenario desolante, però, si accende un faro. Sulla scrivania del commissario straordinario Mario Di Biase arriva un progetto differente, curato da un gruppo di studiosi della facoltà di agraria dell’università di Napoli, coordinato dal prof. Massimo Fagnano. Secondo questo team si può effettuare un tipo di intervento diverso, ecosostenibile, con costi enormemente più bassi (parliamo di circa 900mila euro, contro gli svariati milioni previsti dagli altri progetti) e che non prevede di sollevare le migliaia di tonnellate di terreno colmo di percolato e altri metalli pesanti profondamente inquinanti. L’idea è infatti di piantare 20mila pioppi, alberi dalle radici molto profonde, in grado di assorbire gli inquinanti dal terreno e quindi realizzare una bonifica “endogena”. Inoltre il terreno viene cosparso di compost arricchito con batteri capaci di metabolizzare gli idrocarburi. Il piano viene attuato e, udite udite, funziona alla grande, diventando un modello studiato anche all’Estero, per il suo bassissimo impatto ambientale. Si tratta di un vero miracolo, almeno per chi non ha sempre sostenuto che la Natura, se messa nelle giuste condizioni, sa curare se stessa meglio di qualsiasi intervento umano, proprio come un organismo sa curare le proprie malattie e cicatrizzare le proprie ferite. Dove prima regnavano topi e marciume improvvisamente sorge un bellissimo bosco, le scuole vanno in visita in questa terra rinata, si organizzano iniziative artistiche per animare questo angolino di Verde nato dalla sozzura. Due murales di Jorit, che raffigurano Peppino Impastato e Giancarlo Siani, svettano sull’area a ricordare il tributo di sangue che gli italiani hanno già pagato alla malavita.
Una bella storia, in cui noi lettori stiamo già pregustando il lieto fine, quando improvvisamente le carte in tavola cambiano di nuovo: l’incarico al commissario Di Biase non viene rinnovato. Regione Campania e Ministero dell’Ambiente si rimpallano le responsabilità, come da migliore tradizione del Belpaese. I progetti vengono sospesi, le costruzioni edificate nell’area vandalizzate, quando non proprio rase al suolo. Ora questo territorio sottratto alla camorra e all’abbandono rischia di tornare nell’oscurità dalla quale era faticosamente emerso. La malattia rischia di tornare a prevalere sulla cura, sotto gli occhi basiti del paziente, in questo caso gli abitanti e le tante associazioni che in questi anni hanno lottato con le unghie e con i denti per ridare una speranza all’area. C’è bisogno di una mobilitazione forte, per mettere le autorità davanti alle loro responsabilità, e non permetter loro di voltarsi dall’altra parte.