Rilassamento terapeutico per bambini 

18 Settembre, 2022
Tempo di lettura: 3 minuti

Ormai decenni fa (fine anni ’80) mi ritrovai davvero  in “una selva oscura” dal lato terapeutico e professionale. Qualcosa non andava tra i soliti schemi protocollari, la routine ambulatoriale e… me.  Non  uscivo dal tunnel medico, intossicazioni medico farmacologiche. Occorreva una rottura, un cambio di rotta.

Incontrai un terapeuta giovane (27 anni), 10 meno di me, con cui iniziai un percorso di Rilassamento Terapeutico. Mille dubbi: così giovane, ma  sarà bravo, avrà esperienza sufficiente… tutte domande legittime per tutti. Finii i 9 mesi di training, anche con molta gioia, un po’ per la fatica dell’appuntamento settimanale e un po’, confesso, per la noia. 

Ma passati tre anni, le cose per me non andavano bene, anzi peggio. Allora presi  la situazione di petto: con la mente mi feci un esame di coscienza e cercai l’errore. Da parte mia erano mancati l’ IMPEGNO e la FIDUCIA, cose essenziali in qualsiasi rapporto, soprattutto, se terapeutico. Tornai dallo stesso terapeuta, lo guardai con altri occhi: era il mio terapeuta esperto, mi dovevo affidare, la fiducia crebbe, e anche il mio lavoro, faticoso ma collaborativo. Ed eccomi qua con una tecnica indolore in mano mia da utilizzare al bisogno per me e anche sui miei giovani pazienti.

Cos’è il rilassamento terapeutico?

È una psicoterapia a breve termine, a mediazione corporea: lavora sulla sfera psico-emozionale, di circa un anno di durata, considera i vari segmenti corporei fino al corpo in toto col suo contenuto e le variazioni di tono, di pesantezza/leggerezza, calore.

Il metodo, di cui molto succintamente vi riassumo, elaborato da Jean Bergés e da Marika Bounes, nato per i bambini, può rivolgersi a tutte le età, ovviamente con leggere modificazioni.

Ogni seduta, settimanale, inizia con breve colloquio sull’esperienza della seduta precedente, dove si riporta il proprio vissuto al terapeuta. La seconda parte della seduta inizia con la concentrazione e attivazione della mente, prosegue con  movimenti di decontrazione e distensione muscolare attraverso sensazioni di pesantezza, infine seguita da uno stato attivo di ripresa del tono muscolare. Dalla”frammentazione“ del corpo delle prime sedute, si passa poi a riunire ciò che si è frammentato nella cosiddetta fase di “generalizzazione”, sulla totalità corporea. Quindi nei seguenti incontri, si va ai contenuti, al respiro e al plesso solare. 

Non c’è movimento attivo nella seduta, ma il corpo diventa capace di provare il movimento in quanto c’è la stimolazione rappresentativa dell’azione stessa. Il terapeuta agisce con suggestioni verbali, immagini fisse, con tono vocale spesso monotono.

La durata della seduta è sempre la stessa, ma si coglie progressivamente, nel procedere del percorso, un’accelerazione dei processi di rappresentazione, passando da un solo segmento corporeo a tutto il corpo e a quello che contiene.Questo metodo attiva processi di attenzione, concentrazione e ideazione attraverso lo schema corporeo.

Quali situazioni lo  consigliano?

Io mi sono trovata ad applicarlo a pazienti con problemi che si esprimono bene nel corpo: malattie psicosomatiche in genere, tic, balbuzie, disturbi dell’organizzazione spaziale, dell’attenzione, ma anche in disturbi dell’apprendimento, in cui la parte psicologica gioca un grande ruolo, e in tutti gli stati di tensione accompagnati da contratture, anche del diaframma, col quadro di respiro corto.

Questa tecnica può precedere o seguire una vera e propria terapia analitica, senza interferire con nulla.

Ma il grande vantaggio è che una volta appreso il metodo, il paziente, sia  bambino che adolescente o adulto, può utilizzarlo dove e quando vuole: bastano 7 minuti di concentrazione per una ripresa completa.

Considerazioni generali

Sicuramente, nonostante i buoni  risultati ottenuti con i miei pazienti, capii che quello  non  era il mio ruolo. Con la mia esperienza medica, che poi è diventata anche omeopatica, proprio poco dopo la conoscenza del rilassamento, avrei potuto sempre consigliare questa tecnica e accompagnarla o essere accompagnata da lei, durante un percorso omeopatico ad hoc o, per lo meno, fitoterapico, per chi non vuole o non è pronto ad amare l’Omeopatia. 

Mi sento comunque di dare un suggerimento a tutti i genitori. O meglio un invito a una riflessione.

È importante avere un’apertura mentale, affidarsi a qualcuno con impegno e serietà, perché il lavoro che il terapeuta cerca di fare con noi deve essere accompagnato dal coinvolgimento attivo personale.

Nel caso dei bambini, il loro coinvolgimento viene senza dubbio da se stessi, ma moltissimo anche dal sostegno e dall’impegno dei genitori e dell’entourage famigliare. Se all’interno qualcuno ha pensieri negativi o scettici o rema contro, il bimbo “spugna” assorbe anche questo e troverà difficoltà nell’accettare le cose, per cui faticherà tanto per aver risultati positivi e magari mollerà. La bravura del terapeuta sta anche nella conquista dello spazio e nell’istaurare un feeling, ma deve essere sostenuto pur sempre da chi sta ai bordi della relazione stessa paziente/terapeuta.

L’impegno, la pazienza, l’adattabilità e il cercare di conoscere se stessi per conoscere anche il proprio figlio sono alla base di qualsiasi relazione terapeutica, in cui si affida un bambino alla cura di altri.

Nella relazione con un bambino a volte si è in tanti, in troppi e si sta anche un po’ stretti. Proprio per questo è importante tra genitori e terapeuti collaborare, procedere e progredire insieme in conoscenza ed esperienza, per fare crescere i bambini in armonia e al meglio per loro.

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