L’occasione del compimento dei cento anni di Edgar Morin offre lo spunto per la riproposizione della sua sfida della complessità, cioè della complessità come tema fondamentale del rinnovamento della cultura, dalla scienza all’educazione, dalla politica all’arte.
La cultura moderna, secondo Morin, ha derivato dalla scienza meccanicista una concezione dicotomica (la scissione cartesiana tra soggetto ed oggetto della conoscenza, tra mente e corpo) e riduzionista (come se ogni aspetto della realtà potesse essere ricondotto alle leggi semplici del movimento meccanico, reversibile e determinabile). La relatività generale e la fisica quantistica, ed ancor prima la termodinamica, hanno tuttavia rivoluzionato la scienza dall’interno, ed hanno aperto nuove vie. La complessità è un antidoto all’atomizzazione ed alla separazione, ad un progresso fuori contesto. La teoria dei sistemi complessi infatti è basata sull’idea che in un sistema isolato cresca irreversibilmente il disordine, l’entropia che lo condurrebbe alla morte. Sono invece gli scambi continui di un sistema aperto che definiscono la vita ed il suo equilibrio in divenire. L’ecologia tiene inoltre conto dello scambio tra sistemi aperti e l’ambiente. Un sistema vivente è un sistema di auto-eco-organizzazione.
Se “noi siamo educati a una iper-semplificazione, che scarta tutto ciò che non rientra nello schema della riduzione, del determinismo, della decontestualizzazione” (Edgar Morin, La sfida della complessità, ed. 2017), allora la complessità è la sfida che abbiamo di fronte. “In molteplici ambiti … l’intelligenza parcellare, compartimentata, meccanicista, disgiuntiva, riduzionista spezza la complessità del mondo in frammenti disgiunti, fraziona i problemi, separa ciò che è collegato”. Così, se è certamente vero che la medicina ha compiuto progressi eclatanti, avviene tuttavia che “i rimedi che guariscono un organo determinano spesso nuovi mali in altri organi e, a causa della stessa decontestualizzazione, i medicamenti producono le malattie dette iatrogene”.
Un esempio secondo Morin del cammino possibile, seppur non lineare, dal semplice al complesso è rappresentato dalla storia delle idee sul cancro. Si è passati dall’individuazione delle cellule cancerose che dovevano essere asportate e/o distrutte, alla correlazione del processo canceroso con taluni virus, alla individuazione infine di quei meccanismi complessi di regolazione della vita e morte delle cellule, così che oncogeni ed oncosoppressori diventavano la migliore chiave di lettura della patologia cancerosa. “Si è giunti all’idea che la causa del cancro non è sempre nell’aggressione esterna di un agente cancerogeno, ma anche in una défaillance di un sistema che regola in modo estremamente complesso la relazione vita/morte delle cellule”.
La sfida è dunque quella di riconoscere la trama che intesse la complessità del reale, in cui ogni cosa è collegata e non separata. Ed è una sfida che incontra delle resistenze. A tal proposito Morin cita Tocqueville: “Un’idea semplice, ma falsa, avrà sempre più peso nel mondo di un’idea vera, ma complessa”.
Morin ha scritto un saggio che dalla recente pandemia cerca di trarre delle indicazioni utili, cerca di darle un senso imparando qualcosa da essa per il futuro: Cambiamo strada. Le 15 lezioni del coronavirus (2020). La decima lezione riguarda la scienza e la medicina. Morin prende atto che “la scienza è stata legittimamente cooptata nella lotta contro la pandemia”, ma che in questa stessa lotta ha dimostrato di non poter possedere verità assolute ed ha evidenziato alcuni suoi punti critici. Per un verso “la scienza è devastata dall’iperspecializzazione”, per altro verso le lobby di potere al suo interno (mandarinati li chiama Morin) ne frenano il dinamismo. Un atteggiamento apertamente scientifico incoraggerebbe utili sperimentazioni, laddove invece “qualsiasi prodotto non elaborato dall’industria farmaceutica viene aprioristicamente disdegnato”.
La crisi del virus è la conseguenza di un generale processo regressivo che c’è il timore possa continuare. Ma c’è anche la speranza: “la speranza è nel proseguimento del risveglio delle menti che l’esperienza della megacrisi mondiale avrà stimolato”.
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