Il nervosismo non è una malattia. Eppure non è sana una persona perennemente nervosa; è una condizione frequente, che coinvolge un notevole numero di uomini. Le abitudini consolidate delle nostre città non ci aiutano molto a scansarla. Si vive in una dimensione che molto spesso non è il qui ed ora, ma in una specie di recinto mentale, turbati da un perenne fastidio e insofferenza nelle relazioni, che pare non avere una causa apparente. Dietro al nostro nervosismo c’è la mente che richiama la nostra attenzione su ciò che non va come dovrebbe.
E’ il segno che dobbiamo fare una deviazione verso una direzione a noi più congeniale. Questo malessere, spesso, coinvolge tutti o molti degli ambiti della nostra vita. Facciamo fatica a ricordare le cose, con la mente avvolta in uno stato di confusione, siamo iper-sensibili, deconcentrati e stanchi. Sono veramente innumerevoli le manifestazione del nervosismo, e profondamente personali, con cambi di umore repentini ed ingiustificati, che producono una faticosa altalena emotiva.
È una condizione che conosciamo fino da piccoli e che si associa ad un fastidio profondo al quale ci ribelliamo.
Accogliere e orientare. Un lavoro quotidiano.
Uno degli aspetti più faticosi di questo status emotivo è l’insonnia, la difficoltà ad addormentarci o il risvegliarci improvvisamente nel cuore della notte. Nel caso del nervosismo, le cause non risiedono nella dimensione onirica, ma sono ben radicate nella nostra vita diurna, nel flusso di sensazioni edv emozioni che affollano le nostre giornate e che non riusciamo ad elaborare correttamente. Il nervosismo può originarsi sul posto di lavoro, nella guerriglia continua con i colleghi, in auto nel traffico, mentre portiamo i nostri figli a danza, in palestra, in piscina o in capo al mondo; oppure nei nostri momenti di relax che a volte non sono di vero relax, ma fonte di ulteriore caos.
Lo stress della vita moderna
Ci capita di passare ore di viaggio per raggiungere le mete del fine settimana, quando per ritemprarsi e ritrovarsi basterebbe una breve passeggiata sotto casa, magari “fingendo” di dimenticare il cellulare, Le cause risiedono in tutte quelle attività che ci portano lontani dai nostri veri scopi, da quelle leggi universali che risuonano in ognuno di noi.
Il nervosismo è il segno che l’uomo si trova in uno squilibrio nel quale la forza distruttiva prevale sulla sua forza rigenerativa, In questa condizione a farne le spese sono sia il nostro fisico che la nostra vita interiore, quella parte più profonda di noi tanto potente quanto delicata. Per questo è importante non trascurare la propria condizione alterata, ma farci i conti, incontrarla e conoscerla, per quanto faticoso possa risultare, ne varrà sempre la pena.
Riconquistare la centralità e tornare ad essere consapevoli di noi stessi
Da una parte il flusso continuo e aggressivo di sollecitazioni che ci pervade, dall’altra la nostra capacità di riceverle e filtrarle secondo la nostra natura. Questo processo assomiglia al modo in cui le immagini fluiscono oltre il finestrino di un treno in corsa. Immagini che ci attraversano senza lasciarsi afferrare. Opponiamo a questo flusso incessante maggiore consapevolezza, che attinga alle radici della nostra essenza, un guardare e sentire interiore con il quale leggere il fluire delle nostre vite.
Eugenio Montale scriveva:
“L’uomo d’oggi ha ereditato un sistema nervoso che non sopporta le attuali condizioni di vita. In attesa che si formi l’uomo di domani, l’uomo d’oggi reagisce alle mutate condizioni non opponendosi agli urti bensì facendo massa, massificandosi.”
Agli inizi del secolo breve In una conferenza dal titolo “Nervosità, fenomeno del nostro tempo” R. Steiner anticipò quello che sarebbe diventata una vera e propria pandemia. Nella conferenza tenutasi nel gennaio del 1912 a Monaco, il fondatore dell’Antroposofia sottolineò che i disturbi da “nervosità”, sarebbero progressivamente aumentati. Purtroppo non si sbagliava, alla luce dei dati sulla diffusione di ansia e depressione in maniera trasversale e trans-nazionale. Nella visione steineriana, l’uomo è costituito di quattro parti: una materiale, e altre tre immateriali. La parte materiale è nutrita e sostenuta dalle altre tre.
L’uomo è un’entità fisico spirituale che si manifesta grazie alla sua capacità di essere sensibile. E’ un organismo che vive grazie alle forze materiali e spirituali che lo compenetrano, grazie al loro equilibrio. Trascurare il nostro corpo sottile ci procura lo squilibrio che anima la forza distruttiva a svantaggio della nostra forza rigenerativa.
Quanto pesa la parte immateriale dell’uomo?
La post-modernità ci porta a dare rilievo solo a ciò che possiamo vedere, a quello che possiamo misurare, a quello che possiamo sperimentare con il nostro corpo fisico, Il progresso scientifico ha certamente generato enormi vantaggi per la salute e il benessere. Riusciamo a padroneggiare un’enorme mole di informazioni, migliorando le comodità che ci circondano, ma paradossalmente più sono aumentati il benessere economico e materiale, più é aumentata la frequenza degli stati di paura, ansia, senso di inadeguatezza, sconforto e mancanza di gioia di vivere.
Abbiamo dimenticato quella parte immateriale di noi stessi. Viviamo in una scissione continua tra quello che fa il nostro corpo e ciò che chiede la nostra natura. Nel fare spesso non c’è il nostro cuore, ci troviamo così a essere divisi, scissi. Questo scollamento tra essere e avere porta alla frantumazione del pensiero proveniente dal nostro spirito, generando malessere, disfunzioni e malattie.
Il contributo dell’omeopatia
La medicina omeopatica può fare molto per correggere anche questi tipi di disturbi, il rimedio corretto per la totalità del nostro essere, prescritto dal medico omeopata competente, può risolvere o migliorare molto questa condizione. Ma prima di qualunque intervento terapeutico, prima affidare ad altri il nostro benessere dobbiamo affidarlo a noi stessi, siamo i primi generatori della nostra salute. Il nostro corpo è solo una parte di noi, quella materiale… visibile. Prendersi cura di quella invisibile è altrettanto importante ma dobbiamo re-imparare a farlo. Nessuna medicina potrà guarirci veramente se non saremo i primi a metterci a lavoro.