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Nuovo stop alla vendita della cannabis. Anzi no, ripartiamo
27 Novembre, 2020

Nuovo stop alla vendita della cannabis. Anzi no, ripartiamo

RedazioneRedazione
Non c'è destino più travagliato di quello della legislazione sulla pianta della canapa

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Nuovo stop alla vendita della cannabis. Anzi no, ripartiamo. Poi di nuovo stop. Poi di nuovo via libera. Non c’è destino più travagliato di quello della legislazione sulla pianta della canapa. Né strada più tortuosa di quella che porta alla sua legalizzazione. Non parliamo, qui, di marijuana contente THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo), la sostanza psico-attiva contenuta nelle infiorescenze di alcune varietà di piante. Parliamo di alcune varietà prive di THC, ma nelle quali è invece abbondante il CBD, o cannabidiolo. Questo secondo principio attivo è molto diverso dal primo, non altera le percezioni, ma in compenso ha mostrato rilevanti effetti benefici.

Nuovo stop alla vendita della cannabis. Anzi no, ripartiamo.

Dalla cura del glaucoma dell’occhio all’attenuazione delle convulsioni. Dall’effetto antinfiammatorio a quello antipsicotico (sì, esiste una componente della cannabis che contrasta le convulsioni, anziché favorirle come un tempo si riteneva). Sulle proprietà benefiche del cannabidiolo esiste ormai una vasta letteratura scientifica. Dopo un lunghissimo periodo di demonizzazione, oggi sono sempre di più gli Stati che ne stanno legalizzando l’assunzione. E, ovviamente, la produzione, con grandi effetti benefici anche per l’economia. In questa nuova corsa all'”oro verde”, l’Italia pare non abbia le idee troppo chiare. Ed ecco quindi che procediamo per un passo avanti e due indietro.

Un passo avanti e due indietro

Il 1 ottobre il ministro della Salute Roberto Speranza aveva firmato un decreto che aveva inserito, sorprendentemente, le “composizioni per somministrazione ad uso

Il ministro della Salute Roberto Speranza

orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis” nella tabella dei “medicinali a base di sostanze attive stupefacenti”. Diciamo sorprendentemente soprattutto perché Speranza è ministro in quota LeU, formazione politica che si è sempre schierata in maniera decisa per la legalizzazione. Ma si sa, quando si passa dagli scranni dell’opposizione a quelli governativi, tante battaglie di gioventù si perdono nel vento e gli equilibri politici richiedono un surplus di prudenza . Fatto sta che questo inserimento avrebbe di fatto messo fuori legge tutti i prodotti derivanti dalla cosiddetta cannabis light.

La voleva vietare la destra, l’ha vietata la sinistra

La notizia era passata abbastanza in sordina, dal momento che le pagine dei giornali dedicate alla sanità hanno di questi tempi ben altro di cui occuparsi. Qualche protesta, è ovvio, si era sollevata dalle associazioni direttamente interessate. “Tutto ci saremmo aspettati tranne che il colpo più grave alla canapa italiana venisse inferto dal governo Conte-bis- aveva dichiarato Federcanapa, federazione di imprese, esperti e associazioni operanti nel mondo della canapa industriale, tessile e terapeutica – Non si capisce perché l’ingestione di un estratto a bassa dose di CBD non possa valere come integratore alimentare”.

Passa meno di un mese e il ministero torna sui suoi passi. Lo stesso Speranza firma un nuovo decreto col quale sospende l’efficacia di quello precedente, rinviando la decisione definitiva sulla collocazione del Cbd a un tavolo di lavoro che sarà creato per rielaborare l’intera materia in maniera sistematica e complessiva.Il ministro ha invitato ufficialmente l’Istituto Superiore di Sanità e il Consiglio Superiore di Sanità a esprimersi con una rivalutazione complessiva e l’aggiornamento delle tabelle degli stupefacenti.

La Corte di Giustizia Europea prende posizione

È di pochi giorni fa, poi, l’ultima parola sulla vicenda. Ultima per il momento, si intende. A pronunciarla l’organo più alto della giustizia UE, ossia la Corte di Giustizia. «Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi». Quanto disposto dalla Corte di Giustizia è vincolante in tutta Europa. Quindi ora all’Italia, così come agli altri Stati, non resta che adeguarsi.

Le associazioni di categoria esultano

Esulta Coldiretti, dal momento che l’indotto della produzione di Cannabis ha cifre a molti zeri: «La sentenza della Corte Ue apre nuove opportunità per centinaia di aziende agricole che in Italia hanno investito nella coltivazione della cannabis con i terreni coltivati che nel giro di cinque anni sono aumentati di 10 volte superando i 4000 ettari. La coltivazione si estende da Nord a Sud della penisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Si tratta in realtà di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta».

 

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