Un blog ideato da CeMON

L’evidenza scientifica dell’Omeopatia: cosa ci dicono gli studi
10 Novembre, 2025

L’evidenza scientifica dell’Omeopatia: cosa ci dicono gli studi

RedazioneRedazione
Una panoramica aggiornata sulla ricerca clinica sull’Omeopatia e il suo confronto con la medicina convenzionale

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Ogni lunedì riceverai una ricca newsletter che propone gli articoli più interessanti della settimana e molto altro.
Tempo di lettura: 3 minuti

Quando si parla di Omeopatia, la domanda che emerge più frequentemente è sempre la stessa: “Ma funziona davvero?” La risposta potrebbe sorprendere molti scettici: le evidenze scientifiche a supporto dell’Omeopatia si basano sugli stessi tipi di studi clinici utilizzati per testare i trattamenti medici convenzionali, e i risultati sono sorprendentemente simili. Qui su Generiamo Salute, dove proponiamo l’Omeopatia come parte di un percorso di cura integrato e consapevole, è giunto il momento di guardare i numeri, senza troppi slogan, ma con trasparenza.

Che tipo di studi sono stati condotti sull’Omeopatia

Gli studi condotti sono uelli che la comunità scientifica ritiene più validi: i randomized controlled trials (RCT) e studi in doppio-cieco contro placebo. Ad esempio, secondo una sintesi del Homeopathy Research Institute (HRI), al termine del 2024 risultavano pubblicati 172 studi RCT in doppio-cieco (controllati con placebo) riguardanti 105 diverse condizioni mediche. Di questi, circa 42 % (73 studi) ha evidenziato un effetto positivo, circa 3 % (5 studi) un effetto negativo (inefficacia), e il 55 % (94 studi) risultati inconcludenti. 1 In parallelo, lo stesso rapporto HRI segnala che nelle revisioni sistematiche della medicina convenzionale (1128 systematic review sugli RCT) la proporzione era approssimativamente: 45 % di effetti positivi, 10 % negativi, 45 % inconcludenti.

Come interpretare questi dati?

Sul piano dei numeri, la proporzione di risultati “positivi” nell’Omeopatia non appare del tutto dissimile da quella della medicina convenzionale. Per totale trasparenza dobbiamo chiarire due aspetti: primo, la quantità di ricerche in Omeopatia è molto inferiore rispetto alla quelle sulla medicina tradizionale; secondo, la variabilità metodologica (condizioni, disegni, qualità degli studi) è ampia.
Questo significa che non possiamo affermare in modo categorico che “l’Omeopatia funziona sempre”. Dall’altro lato, relegarla al “nessun effetto” o all'”effetto placebo” è un falso scientifico. Per questo presentiamo l’Omeopatia come una risorsa informata, da integrare con altri strumenti di cura, non come alternativa isolata.

Le criticità emergenti nella ricerca sull’Omeopatia

Tra i principali limiti segnalati troviamo: campioni troppo piccoli, studi che non replicano su larga scala, condizioni molto diverse tra loro, e in molti casi mancanza di chiarezza su meccanismi d’azione fisiologici dell’Omeopatia. Ad esempio, l’HRI sottolinea che occorre «large‐scale high quality repetitions of the most promising positive studies» (ripetizioni su larga scala e di alta qualità degli studi positivi più promettenti).

Cosa significa per il lettore interessato all’Omeopatia

Per te, che segui il nostro blog, tutto questo vuol dire:

  • che l’Omeopatia può essere considerata all’interno di un approccio integrato alla salute (non un dogma).

  • che è importante chiedere al professionista omeopatico quale sia la base di evidenza per il trattamento proposto.

  • che è essenziale mantenere un atteggiamento critico e informato: se un rimedio omeopatico viene proposto in sostituzione di un trattamento necessario in una condizione grave, è doveroso valutare attentamente.

Quali scenari futuri per l’Omeopatia

Per rafforzare la credibilità e la diffusione di percorsi omeopatici informati, sono auspicabili studi futuri con campioni maggiori, condizioni cliniche ben definite, e collaborazioni interdisciplinari che includano anche la ricerca sui meccanismi biologici. Solo così l’Omeopatia potrà progressivamente uscire dalla nicchia delle alternative e “camminare” accanto alla medicina convenzionale, senza contrapposizione.

LEGGI ANCHE: Omeopatia: la prova dell’efficacia nelle onde cerebrali

  1. Quando si parla di risultati inconcludenti negli RCT, ci si riferisce a studi i cui dati finali non permettono di trarre conclusioni definitive o chiare sull’efficacia o la sicurezza dell’intervento sperimentale rispetto al controllo. Quindi non significa che l’ipotesi sperimentale sia di per sé errata, ma che o che la dimensione del campione (sample size) è insufficiente, oppure che il disegno sperimentale presenta errori metodologici o che ci sono risultati contrastanti su diversi outcome (lo studio potrebbe mostrare un beneficio su un endpoint secondario, ma non sull’endpoint primario – l’obiettivo principale dello studio-, rendendo difficile l’interpretazione complessiva).

Lascia il primo commento