Un blog ideato da CeMON

21 Settembre, 2025

L’Omeopatia è acqua fresca? – sesta parte

La pandemia da Covid-19 in Italia e l’Omeopatia. Un documento inedito

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Ogni lunedì riceverai una ricca newsletter che propone gli articoli più interessanti della settimana e molto altro.
Tempo di lettura: 27 minuti

Argomenti trattati:

Una sanità in confusione programmatica e metodologica

La cacofonia dei media e dei dispensatori di scienza

I veri medici sul campo di battaglia nei reparti Covid

Un unico fine: il Medicus

Gli studi epidemiologici retrospettivi sono oggettivamente di grande utilità

Che fine fecero gli omeopati durante la pandemia?

Omeopatia e allopatia un confronto metodologico

I meriti della allopatia e della chirurgia nelle emergenze complicate

La medicina omeopatica, sin dall’inizio della pandemia, dimostrò la propria efficacia metodologica e clinica

Nell’emergenza della pandemia le rappresentanze delle associazioni omeopatiche italiane, forti della loro esperienza clinica della prima ora, e in osservanza dell’art. 8 del codice deontologico1 inviarono al Ministro della salute e per conoscenza alla Presidenza della Federazione Nazionale una esplicita disponibilità a scendere in campo sul proprio territorio nei modi e tempi che il Ministero avesse ritenuto opportuni.  

Seguì il silenzio istituzionale sanitario. D’altra parte, riscontrammo il ringraziamento e l’apprezzamento esplicito del Presidente della nostra Federazione.

Il documento ufficiale

L’appello di un grande costituzionalista al confronto scientifico tra metodologie

Premessa: al lettore attento non sarà sfuggito, leggendo le varie “parti” de “l’Omeopatia è acqua fresca?”, che in tutto il racconto storico c’è un filo conduttore.

Al lettore riflessivo non sarà neanche sfuggita la natura delle cause che determinano l’approvazione o la disapprovazione o addirittura la negazione e l’occultamento di nuove scoperte o delle attività che interferiscono con il pensiero o con i meccanismi socioeconomici e culturali già consolidati.

Il tutto è in antitesi con la scienza tanto invocata ma che resta solo una copertura di una autoreferenzialità di facciata!

 La Scienza, quella con la maiuscola è innanzitutto ipotesi costante, osservazione e verifica oggettiva delle premesse. Insomma, è metodo senza preconcetti.

Va da sé che la narrazione naturale della vita viene distorta dai “custodi” autoreferenti che presidiano e difendono la “loro” verità incontestabile, di rito e di potere, e quindi la negazione nella rigidità della posizione acquisita assume risvolti illeciti perché omissivi, quando si rigettano apoditticamente le proposte di altri al fine di mantenere la propria gestione e il controllo completo della conoscenza “ufficiale” che viene protetto dalle possibili ingerenze esterne.

Il tutto, come abbiamo visto (letto) in precedenza, utilizzando sillogismi non spiegati e basati su affermazioni spesso vuote e di facciata come “l’omeopatia è acqua fresca” o “non è scientifica” che è il tema di questi nostri editoriali dedicati.

Ecco perché il nostro racconto storico documentale ha visto il ripetersi nel tempo di queste false opposizioni e negazioni che ho cercato di raccontare attraverso i dati storici consultati o con quelli che sono in nostro possesso; quando a nostra volta siamo stati il “bersaglio” di queste negazioni strumentali, come avvenne proprio durante la pandemia in oggetto!

Mostrerò alla fine di questa lettura il documento a cui faccio riferimento di cui accennai nel 2022 ancora in corso di pandemia in occasione del libro sul bicentenario, più volte citato in questi scritti, e lo farò a distanza di oltre cinque anni.

Tutto questo tempo, in quanto, all’epoca dell’invio della scrittura in oggetto al Ministro della Salute nel 2020 noi, omeopati italiani, escludemmo di informare i media del nostro atto perché non si trattava di una occasione di visibilità per l’Omeopatia ma la percepimmo come un dovere oltre che  deontologico soprattutto etico ed improcrastinabile, seppur rischioso per la salute, quello di scendere in campo in prima linea ufficialmente per affiancare ed integrare il lavoro oneroso dei colleghi già al “fronte”.

Ma oggi, al termine del travaglio pandemico e con il cambio di guardia nelle istituzioni sanitarie, possiamo svelare l’iter documentale della “storia anche politica” omeopatica durante la pandemia dove, a ricordo di tutti e per fatti evidenti, non ci fu quella conflittualità che seguì l’insistenza e le minacce alle Istituzioni di complicità per le future perdite dovute al colera da parte di Rocco Rubini che voleva a tutti i costi partecipare alla cura delle epidemie di colera assieme ai suoi omeopati a titolo gratuito; di cui abbiamo raccontato in precedenza e che si concluse con la “visita della Guardia di Finanza cosa che portò il Rubini a lasciare la professione medica…”;2 noi invece comunque andammo avanti, con discrezione, per tutta la pandemia, a curare e supportare i nostri pazienti in tutte le ondate della malattia che fecero seguito.     

In conclusione, spero, e credo, che il nostro racconto circostanziato dei fatti potrà essere di aiuto al lettore per partecipare, come al solito laicamente, al tribunale della storia, sempre secondo lo spirito della maieutica socratica: ricordando che fatti e circostanze che abbiamo analizzato e riscontrato nella dinamica della storia della omeopatia sono analogici a tutti gli altri piani della vita dell’uomo:  i fatti sono sempre gli stessi, cambiano solo i nomi”.    

Per quel che serve!

La dimensione del dramma Covid-19 e la confusione sanitaria

Le incertezze e le contraddizioni sul piano clinico e metodologico dell’epoca

Con l’affiorare dei primi casi di Sars- Covid-2 nel 2020, la Sanità del nostro Paese si trovò impreparata ad affrontare la pandemia; innanzitutto, sul piano logistico organizzativo e poi sul piano clinico metodologico.

Come di consueto, i presidi terapeutici e le LLGG3 conseguenti che accentrano e generalizzano l’approccio clinico, sottraendolo all’atto medico, non potevano essere emanati in assenza di una sperimentazione “ab usu in morbis” tutta da iniziare e verificare; ovvero il metodo convenzionale è strettamente deduttivo e per formulare una terapia deve riconoscere una patologia già osservata e descritta in precedenza, come avviene sempre nella metodologia della medicina convenzionale che adotta la terapia attraverso una equazione lineare tra nosografia della malattia e intervento farmacologico sintomatico.

Tutto ciò secondo l’assunto che i malati portatori di malattia, descritta nei suoi sintomi comuni, siano tutti uguali in termini di reattività o idiosincrasia e quindi vanno sottoposti alla stessa terapia emanata tramite LLGG.

Cosa grave, a mio parere, in quanto, come abbiamo detto, tutto ciò metodologicamente sottrae al medico quella autonomia in scienza e coscienza che è insita nell’atto medico e che a sua volta prevede un malato unico e quindi una scelta terapeutica in assonanza alla clinica di quel malato storico portatore di Sars-Covid-2.

Di conseguenza, sempre nei termini convenzionali, in assenza della conoscenza della fisiopatologia indotta dal virus e delle sue varianti sui singoli soggetti storici malati, mancarono di fatto i riferimenti terapeutici dall’alto o LLGG; cosa che determinò la confusione totale.

Per questa ragione e in assenza di una conoscenza della patogenesi del virus, le terapie palliative, compresi i presidi respiratori della prima ora, furono insufficienti ad agire sulla fisiopatologia “sistemica” della malattia o anche di mitigarne gli effetti soprattutto a medio e a lungo termine.

Per di più vennero vietate le autopsie dei poveri cittadini deceduti e quindi inizialmente si interpretarono i danni parenchimali diffusi all’albero respiratorio come l’azione diretta del virus su cellule e tessuti piuttosto che lesioni da micro-embolie e trombosi con residua fibrosi.

Di conseguenza, all’inizio la malattia venne scambiata come esclusivamente respiratoria senza avere contezza che nella sua natura altamente infiammatoria e conseguentemente coagulativa, propria della patogenesi di Sars- Covid-2, venivano in realtà interessati secondariamente e in modo sistemico tutti gli organi: polmoni, reni, fegato, cuore, circolatorio e altri… compresi quelli della vista e del sistema nervoso.

Qualche tentativo, in una visione unitaria della malattia

Per questi motivi, risultò benemerita l’intuizione terapeutica della prima ora di chi, come avvenne ad esempio presso l’Istituto Pascale di Napoli, già a marzo del 2020, facendo un ragionamento clinico unitario sulla patogenesi del virus, sperimentò sui malati affetti un farmaco (Tocilizumab) per l’artrite, un anticorpo monoclonale che, inibendo il disordine reattivo-immunitario proprio della patogenesi da Sars -Covid-2, ne mitigava spesso le complicanze sistemiche.

Ma, nonostante il fatto che detta intuizione terapeutica avesse travalicato l’oceano e se ne parlasse con entusiasmo anche sul New York Times, almeno come ipotesi di lavoro negli ambienti medici, velocemente il progetto fu messo in disparte e anche osteggiato e criticato.

Tutto ciò proprio mentre affioravano le LLGG “istituzionali” generiche, a cui la maggior parte dei medici si affidò in modo acritico,4 chiamate terapie di utile attesa o palliative, consistenti in antinfiammatori e se il caso di antibiotici, che venivano somministrate all’interno di certi parametri di monitoraggio suggeriti; con la speranza che l’autonomia o il vitalismo proprio dell’organismo di ippocratica memoria, di solito poco considerato metodologicamente, facesse infine la sua parte.

Di fatto, tutto ciò, come di consueto, declassò la professionalità del medico a semplice attuatore delle LLGG sottraendolo così alla propria responsabilità!

Una censura che invece andava rigettata perché in contrasto con le obbligazioni del codice deontologico-professionale, all’art. 12.

Quei medici di base che operarono fuori delle LLGG, pur avendo avuto risultati individuali positivi sui propri pazienti furono comunque attenzionati dalle loro sedi ordinistiche, anche con censura,5 quando affermarono, attraverso i media, di avere abiurato alle LLGG in vigore e di avere prescritto terapie individuali ai malati a loro affidati; come ricorda la cronaca dell’epoca.

In attesa della possibile ipotesi vaccinale e del vaccino

La ricerca di una terapia al di fuori delle LLGG di fatto rimase sospesa demandando ogni soluzione alla sola attesa della ipotesi vaccinale su cui si puntò tutto in termini di ricerca, nonostante la pandemia fosse in piena virulenza!6

L’ospedalizzazione poi veniva prevista ed effettuata su decisione dell’ASL dopo l’allerta telefonica del medico di base e dopo apposita visita e valutazione clinica in presenza da parte di medici abilitati e protetti da vestiario tecnico.

Questo fu l’inizio del dramma “pandemia” che ebbe molti risvolti sociali e fu caratterizzato in Italia da una confusione di direttive e di iniziative che oggi sembrano quanto meno paradossali per le finalità per cui questi provvedimenti venivano emanati e/o imposti con una improvvisazione dilettantesca protetta dalla autorità dello stato di emergenza.

Il dramma e l’angoscia del cittadino; eravamo agli inizi dell’anno 2020 – Il ruolo dei media

Le restrizioni anche fisiche e sociali emanate in corso di pandemia con decreti di urgenza e giustificate dallo stato di emergenza, videro fiorire sui media una serie di nuovi personaggi, tutti competenti (?), non solo medici clinici, in verità pochissimi, ma: ricercatori, laboratoristi, biologi, veterinari, psicologi… anche collegati da altri paesi, che intrattenevano il pubblico, ansioso di notizie, a tutte le ore con opinioni evidentemente improvvisate; come accade in una emergenza logisticamente mai pianificata come ipotesi sanitaria e nella necessità di quella testata giornalistica e televisiva di procurare personaggi da salotto, in qualche modo titolati, per fare audience!7

Il primo obiettivo degli intrattenitori improvvisati era quello di distinguersi dalla massa come esperti della pandemia e di virus pur servendosi della massa stessa per fare audience e consenso e trattenere i cittadini all’ascolto per ore di trasmissione.

Questi individui, per fortuna oggi dimenticati e che tentano di riaffiorare di tanto in tanto galleggiando in modo instabile su altre tematiche da veri trasformisti,  si caratterizzavano in maggioranza per il fatto di non entrare nel merito dei fatti, di non essere clinici, di riferirsi a luoghi comuni non dimostrati; avvalorati, come ricordiamo, dalle loro referenze teoriche, chiamate generalmente “pubblicazioni”; ostentate e sostenute nei media di turno (del genere: lei non sa chi sono io?), consistenti, come è risaputo, in ricerche online assemblate e documentate da una lunga bibliografia in una sorta di puzzle.

Le pubblicazioni compilative sono di solito il medagliere che nasconde il vuoto pneumatico della conoscenza; secondo il detto “chi sa fa, chi non sa insegna”.

L’esperienza clinica dei conferenzieri

Come osservato, la maggior parte dei conferenzieri tipo Covid, come accadeva di consueto, erano privi di esperienza clinica, conoscevano del malato al massimo il dosaggio e il nome del batterio o del virus come alcuni microbiologi di ufficio e altri assimilabili, generalmente neanche medici; personaggi che avevano l’esperienza di qualche laboratorio di ricerca o erano solo a conoscenza di lavori che circolavano in rete: quelli che si utilizzano per imbastire nuove pubblicazioni dove la bibliografia risulta di gran lunga superiore al testo!

Anche il veterinario di turno distribuiva pareri scientifici e clinici sui media, relativi alla pandemia, che spesso valicavano la sua competenza; visto che il Covid non era una zoonosi; di certo l’infezione si trasmetteva e si trasmise direttamente da uomo a uomo.

Ma in quel momento storico interessava l’audience; il trattenimento dei sequestrati in casa.

Mi astengo dal commentare anche le reiterate comparsate fuori orario delle autorità politiche dell’epoca che trasformavano le loro opinioni in diktat e regole… continuatamente.

Nella fretta…

Nella fretta di omologarsi subito, alcuni personaggi, in cerca di visibilità, proponevano idee, lontane anni luce da ogni coerenza metodologica.

Tra i tanti, qualcuno già noto al pubblico televisivo per l’arroganza di criticare tutto e tutti dalla parte del mainstream troviamo anche chi, in corso di pandemia, nella fretta di accreditarsi ad un pubblico affamato di notizie confortanti in un periodo pieno di mille incertezze, incautamente e precocemente, pubblicò libretti divulgativi, con titoli dai caratteri e significati roboanti che promettevano di raccontare la storia delle epidemie da virus e destinati a chiarire al volgo ignorante come la scienza avesse già operato sconfiggendo virus e malattie conseguenti!

Peccato che in questi titoli di copertina, che promettevano di parlare di virus, qualcuno più esperto si accorse, immediatamente, che venivano citate anche malattie di origine batterica; voglio pensare, per essere sempre rispettoso della professionalità di questi autori, che sia stata proprio la fretta di dire qualcosa sul tema pandemia ai poveri cittadini in pena, a causare la svista rispetto alla tematica centrale “virus” con il risultato di confondere ulteriormente le idee del lettore.

I veri medici invece li ritroveremo a rischiare la vita, assieme agli infermieri, nei reparti di cura degli ospedali: chi sa fa, chi non sa insegna nei salotti televisivi.

Chi come me ha una formazione militare ben sa che i timidi o forse anche i pusillanimi, diciamo così, restavano (si imboscavano) in fureria o nei servizi vari mentre quelli “veri” erano operativi al fronte!

I veri medici con esperienza clinica, precocemente cresciuta e adattata all’emergenza, non trovarono il tempo di pavoneggiarsi nei talks a tutte le ore; come accade di solito alle persone concrete.

Bastava entrare in una wapp-chat di pronto soccorso, che leggevo ogni sera perché mi fu concesso da un medico ospedaliero di entrare in un giro, per comprendere chi fossero i veri medici che scambiavano tra loro, in osservanza alla vera Scienza sul campo con la S maiuscola, l’esperienza giornaliera di sofferenza e morte: medici che dovevano decidere in autonomia sulla vita del malato senza riferimenti precostituiti: ora e subito!

Questi medici, nei loro avamposti di sofferenza e di battaglia, sottoposti a turni esasperati studiarono ed evidenziarono le modifiche ematochimiche emerse nei malati da coronavirus e degli altri parametri fisiologici alterati… di cui da subito mi avvantaggiai nella mia clinica…

Un plauso indiscusso, quindi, va a tutti questi medici in prima linea assieme agli infermieri di cui naturalmente non conosciamo nomi e fisionomie!

Il Medicus: la vera finalità

Il medico senza pregiudizi ideologici prescinde da Allopatia e Omeopatia.

Ricordo sempre agli allievi ed ai medici della nostra Scuola che, prima di essere allopatici o omeopatici, si è medici vincolati dalla finalità etica e deontologica.

In quanto il malato va curato secondo l’esigenza improcrastinabile che gli è dovuta come “soggetto storico” e con i presìdi opportuni allo scopo. Siano essi medici o chirurgici.

I miei pazienti, molti vengono deliberatamente alla Omeopatia pensando alla leggenda metropolitana di non dovere sottoporsi ad indagini diagnostiche e agli accertamenti specialistici, vengono subito informati esplicitamente che prescriverò indagini e accertamenti ematochimici e strumentali periodici e richiederò, quando è il caso, il consulto dello specialista per l’approfondimento dei dubbi diagnostici!

A questo proposito ricordo che il Magistrato della Suprema Corte di cassazione, presente a commentare a Roma, nel 1994, l’incontro a porte chiuse soprannominato “Conclave”, dal titolo “Le ragioni dell’omeopatia”8 che vide rappresentanze della Omeopatia e della FNOMCeO confrontarsi e scontrarsi come di consueto, concluse dicendo:9

«Ma cosa state dicendo!? Omeopatia? Allopatia? Ma esse non rappresentano una entità giuridica di riferimento mentre il medico lo è! Quindi, non ha senso sostenere di appartenere a questa o a quella medicina sia essa allopatica o omeopatica per affrancare la propria decisione terapeutica eventualmente non idonea. Operare nel nome di una definizione di medicina non ci libera dalla responsabilità di medici. L’Allopatia o l’Omeopatia non possono essere l’ombrello dell’operato del medico; quindi definirsi allopati o omeopati, ovvero di avere fatto scelte terapeutiche in nome di questo o di quello, tutto ciò non può comunque deresponsabilizzare il medico dal proprio operato. Per cui di fronte alla giustizia c’è solo il medico, soggetto giuridico, che dovrà giustificare la ratio delle proprie prescrizioni nel merito e secondo scienza e coscienza, in ogni caso, e senza deleghe…».

Oggi, tutto ciò è ancora più valido in quanto neanche il seguire acriticamente le LLGG potrebbe essere un salvacondotto per il medico, di fronte ad un danno provocato al malato per una terapia inappropriata anche se questa risulta consigliata istituzionalmente: in quanto la terapia deve essere comunque formulata caso per caso dal sanitario e da lui valutata per quel paziente e senza influenza esterna e solo sotto l’esclusiva responsabilità del medico; come recita l’Art. 12 del Codice deontologico!

L’indagine complessiva e una valutazione postuma

Un riassunto interessante della pandemia da Covid 19 nei vari Paesi lo ritroviamo nei grafici online che a ben analizzare mostrano oggettivamente tanti fatti su cui meditare.

In questi lavori, basta saper cercare con la giusta curiosità scientifica.

Si può osservare in questo lavoro l’incidenza delle trasmissioni della malattia, le fasce d’età, e la mortalità nei vari periodi stagionali, le localizzazioni geografiche nel corso della pandemia e la relazione con le sopraggiunte vaccinazioni; qui si osserva con l’inizio dell’iter vaccinale una interruzione dell’ascesa della curva delle infezioni che si mantiene stabile per pochi mesi per poi avere una impennata assieme  all’andamento della mortalità proprio al culmine della reiterazione della vaccinazione aggiuntiva che non era prevista nel programma vaccinale iniziale… ma lasciamo agli epidemiologici trarre un significato ed un insegnamento.

La lettura di tutto ciò va comunque effettuata sempre con spirito libero sì, ma alla luce di una capacità di giudizio di una mente laica, informata e preparata e senza preconcetti di ogni tipo: perciò questi dati andrebbero valutati alla luce di tanti fattori in termini di complessità e mai di linearità; come deve avvenire quando ci si fa carico della protezione della salute del cittadino!

Nella emergenza della pandemia che cosa facevano i medici omeopatici?

Durante la pandemia, i medici che professavano l’Omeopatia non vennero citati dalla cronaca dell’epoca perché lavorarono con i loro pazienti con discrezione ed efficacia.

Volutamente, in accordo generale sottinteso, noi omeopati mantenemmo un profilo basso durante la pandemia per non creare tensioni deontologiche prevedibili e per non coinvolgere i nostri pazienti in contenziosi quanto meno mediatici da parte dei soliti negazionisti presenti anche nelle sedi ordinistiche e custodi della esclusività di una terapia medica indicata dall’alto.

LLGG, peraltro, come più volte ribadito, in conflitto con le obbligazioni dell’Art. 12 del nostro Codice Deontologico.

Immaginatevi se un solo paziente dei milioni che si sono ammalati fosse finito in ospedale dichiarando che si stava curando con l’acqua fresca omeopatica e poi per disgrazia fosse morto.

I media ci avrebbero bombardato per giorni con questa notizia e organizzato dibattiti infiniti sulla ignoranza e la superficialità dei cittadini che si rivolgono ai medici ciarlatani”… e la storia di sempre si sarebbe ripetuta!  

In realtà, sin dall’inizio della pandemia in Italia, ma già allertati dalle notizie che arrivavano dalla Cina, le Scuole e le Associazioni di Omeopatia del nostro Paese organizzarono gruppi di lavoro online per scambiare dati clinici e sintomatologici descritti dai media e poi riscontrati nei loro pazienti che si ammalavano di Covid.

Il tutto per selezionare quei rimedi omeopatici similari alla malattia che si evidenziava sintomatologicamente nei singoli malati.

Via via, si trasmettevano i dati nel gruppo di lavoro e si integravano le esperienze in diverse località d’Italia.

Le prime esperienze sul campo dimostrarono subito l’efficacia di cinque o sei rimedi omeopatici principali nella prima fase della pandemia che furono utilizzati!

La prima fase del Covid fu quella con la sintomatologia più aggressiva e ad alta mortalità.

La metodologia vitalistica omeopatica e il metodo induttivo si dimostrarono subito efficaci

In realtà l’Omeopata, di fronte ad una malattia emergente, applicando il metodo dell’indagine induttiva e agendo per similitudine ed analogia sul malato unitariamente e non per il nome della malattia trova sempre i rimedi coerenti alla richiesta del portatore della malattia anche di una nuova patologia.

Il tutto facilitato dalla banca dati o Materia Medica omeopatica che raccoglie rimedi validi da oltre 200 anni e in cui sono descritte le “proprietà” dei rimedi omeopatici frutto di sperimentazione sull’uomo sano di sostanze naturali appartenenti ai tre Regni; come abbiamo già letto nelle cure delle varie epidemie di cui si è parlato.

Sintomi comuni e non comuni: dalla malattia al malato

Il fatto centrale è che l’Omeopatia, in osservanza del principio di similitudine e non di uguaglianza, non può affidarsi ai soli sintomi comuni di una certa malattia (nosografia) altrimenti avremmo un solo rimedio per ogni malattia diagnosticata per i suoi sintomi comuni che invece, per similitudine, si ritrovano in molti rimedi della MM (Materia Medica) omeopatica.

Per fare un esempio, basti considerare che la diagnosi convenzionale di influenza si effettua osservando alcuni sintomi comuni, ovvero sintomi presenti in tutti gli ammalati di influenza che sono: l’ipertermia, le artralgie, la spossatezza e l’impegno dell’apparato respiratorio. Se cerchiamo nella MM o nelle rubriche dei Repertori omeopatici, troveremo questi sintomi comuni in moltissimi rimedi omeopatici: di conseguenza questi sintomi lineari non rispecchiano le peculiarità complesse, nella risonanza corpo mente e viceversa, della sofferenza del soggetto storico malato di quella malattia; ma neanche una chiave di lettura terapeutica individuale.

Omeopatia e allopatia

In Omeopatia, la complessità della visione del malato emerge dall’indagine ippocratica induttiva (conoscere) che raccoglie tutti i sintomi comuni e non comuni e approfondisce la linearità della semplice definizione artificiosa dello schema nosografico deduttivo (riconoscere) che isola la malattia in una dimensione di isolamento artificioso: il metodo deduttivo ha bisogno di ri-conoscere secondo un riferimento preconcetto che è quindi lontano dalla sofferenza della persona umana.

Ricordiamo che la vita, come tutti gli altri sistemi alla nostra osservazione, è un sistema aperto che scambia unitariamente energia e materia con l’ambiente ed ha la capacità di evolvere; la malattia stessa non è quindi isolata dalle proprie cause e si manifesta in forme differenziate da organismo a organismo.

Al Medicus non sfugge che la malattia non può essere descritta in modo statico come se fosse causa di se stessa, ma si presenta, ad una indagine attenta, solo apparentemente con gli stessi sintomi comuni per tutti i portatori della stessa; in quanto, al contrario, l’indagine approfondita di ogni sintomo mostrerà modalità, intensità e qualità differenti dei sintomi della malattia in ogni soggetto storico malato!

Tutto ciò rappresenta il plus valore della indagine omeopatica sul vitalismo autonomo che è intrinseco alla vita.

La sperimentazione sull’uomo sano delle droghe omeopatiche perturba infatti l’omeostasi e, attraverso il cambio caratterizzato dai nuovi sintomi insorti, “svela” le “proprietà” della sostanza o rimedio omeopatico; quelle di fare ammalare artificialmente e momentaneamente lo sperimentatore e di curare il malato secondo il principio della similitudine.

Il metodo omeopatico ha quindi un solo momento di conoscenza del malato e del farmaco, quello della sperimentazione: malato e proprietà del farmaco diventano l’espressione l’una dell’altro; come affermò Antonio Negro in conferenza presso l’ISS nel1985. 

Il metodo

Per arrivare alla lettura delle cause della malattia, la similitudine osservata non può che ritenersi generica e sensibile ad un farmaco specifico; quindi, va approfondita e unificata su tutti i piani della sofferenza, come vedremo, per fare emergere la coerenza unitaria propria della persona umana nella sua peculiarità imprescindibile.

Tanto più si arriva ad una visione coerente dei sintomi del malato sui vari piani e all’assonanza con il rimedio di cura, tanto più possiamo parlare di analogia perché siamo entrati nella visione unitaria e coerente del malato, della sofferenza della Vis e analogicamente del rimedio; per cui emergeranno nell’approfondimento dei sintomi prima chiamati comuni altre caratteristiche peculiari come circostanze, orari, qualità dei dolori, reazioni, pensieri e percezioni che apparterranno a tutti i sintomi della cosiddettamalattia; questo tipo aggiuntivo e unificante di coerenza si chiama appunto analogia.

Dal sintomo alla persona umana

Assumiamo ora di parlare della semplice ipertermia, della febbre o anche dell’influenza, essa rientra nel significato di disease;10 si tratta quindi della semplice definizione della malattia che viene descritta da apposita nosografia come alterazione distrettuale: ovvero parliamo di ciò che è oggettivabile e quantificabile in modo lineare.

Quindi, se consideriamo la febbre di per sé il suo farmaco è un antipiretico!

Ora consideriamo di aprire il diaframma della nostra osservazione e andare alle caratteristiche della febbre e alle sue implicazioni e consideriamo l’alterazione dello stato di malattia in modo unitario, sickness, ciò necessita della guida delle lamentele del malato, complaints, sensazioni o sintomi attraverso i quali passa e trasmette la sua descrizione soggettiva ed oggettiva della malattia diagnosticata al medico.

Quindi, se approfondirò ancora il quadro induttivamente, la malattia sfumerà nella varietà peculiare del malato, persona umana, portatore di ipertermia e osserverò, in associazione, tanti altri sintomi collegati e da lui lamentati.

Consideriamo allora i sintomi mentali, quelli generali e fisici e i loro collegamenti o risonanza unitaria, tutto ciò possiamo chiamarlo illness, ovvero la sofferenza soggettiva ed oggettiva del malato  che implicherà, in aggiunta, anche il piano relazionale reattivo in senso lato; ovvero con implicazione del rapporto ambientale pur esso percepito e oggettivamente cambiato in senso restrittivo: dall’appetito alla percezione alterata della temperatura, alla qualità dei dolori, dall’incapacità a concentrarsi, alla stanchezza precoce con sudori e &:  significa a questo punto che ho specificato o recuperato il quadro unitario di tutta l’alterazione nel suo complesso, malady, e la chiave di cura sarà, non più il farmaco sintomatico in rapporto lineare tra nosologia e terapia e neanche una serie di rimedi omeopatici in rapporto lineare con i sintomi distrettuali, ma un rimedio omeopatico unico;  analogico ovvero coerente al quadro unitario complessivo delle similitudini osservate sui vari piani della persona umana, soggetto storico malato.

La metodologia clinica allopatica o convenzionale

In allopatia, d’altra parte, l’azione sulla sintomatologia della malattia, disease, propria del farmaco convenzionale viene orientata sulla espressione finale o reattiva di una catena di eventi che rappresentano solo gli “effetti” e non la “causa” della malattia stessa secondo nosografia; il tutto al termine di una sequenza biologica che nasce da cause unitarie a partire dalla Vis.

Il farmaco classico agirà chimicamente opponendosi direttamente o indirettamente alla alterazione quantificabile per dati oggettivi.

Le cause, in ogni malattia, come abbiamo osservato, risiedono nella perdita funzionale del principio vitale, Vis medicatrix ippocratica.

Pensare che un virus o un batterio o un allergene siano cause di malattia risulta scientificamente ingenuo!

Gli agenti biologici come pure quelli chimici, fisici e psichici con cui si viene in contatto, quando ciò avviene nei temini fisiologici della Specie, rappresentano solo evidenziatori del nostro stato di salute senza determinarla in termini quantitativi. Nessun polline determinerà l’asma se non si è predisposti in termini di idiosincrasia ed immunità e neanche il Sars-Covid-2 determinerà la malattia di chi è venuto a contatto e nella stessa maniera, se in buona salute; non tutti si ammalarono di Covid 19 anche nella stessa famiglia.

Queste osservazioni semplici forniscono al medico la visione di ciò che deve essere curato ovvero del cuore vitale e vulnerabile dell’uomo da dove iniziano le malattie, come ritroviamo nella Dottrina di Ippocrate.

Di conseguenza, l’azione farmacologica opposta (allopatia) al sintomo emergente, è per fatti intrinseci sempre di tipo palliativo e/o soppressivo; in quanto si oppone alla naturale direzione della reazione autonoma del malato nella sua individuale idiosincrasia; reazione espressa dai sintomi e che rappresenta un tentativo, spesso inefficace, di guarigione e che si presenta sia con sintomi comuni che con sintomi soggettivi e oggettivi peculiari ovvero non comuni.

Semplificando, il sistema biologico che rappresenta la persona umana, come tutti gli altri viventi, nello stato di malattia mostra delle alterazioni che ne diminuiscono i gradi di libertà e il tutto unitariamente.

Di conseguenza, mentre il metodo omeopatico ha come obiettivo quello di agire sulla autonomia della forza vitale con stimoli calibrati per similitudine e analogia della espressione sintomatologica della malattia, che rappresenta un tentativo autonomo di recupero dell’equilibrio del malato,  l’allopatia agisce sopprimendo11 ciò che è la semplice risonanza di cause più profonde; un eczema, la psoriasi, l’artrite, una diarrea, una cefalea, un reflusso gastrico, una artralgia, una fistola, condilomi genitali, depressione, allergie periodiche, alopecia, ulcere, cistiti ricorrenti, angine tonsillari ricorrenti, depressione post partum & co.

Il sistema aperto biofisico e i rischi della interferenza lineare sui sintomi o manifestazioni parcellari

Il sistema aperto della vita, come tutti i sistemi aperti, biologici e non, ha una entropia intrinseca che va nella direzione della dissipazione energetica e si esaurisce nel tempo, altrimenti avremmo il moto perpetuo o la vita eterna.

Qualunque interferenza esterna che impedisca o alteri la regolare attività autonoma (anche l’espressione della malattia lo è) del sistema aperto, bloccando o deviando la direzione dei sintomi, che è un tentativo di recupero del vecchio equilibrio, omeostasi, produce in risposta un nuovo tentativo del sistema in altra direzione ma con un grado di reattività peggiore del primo, quello naturale, e con un ulteriore aumento della entropia o disordine biologico; come insegna il secondo principio della termodinamica dei sistemi aperti.

Insomma, il tutto va verso un depauperamento dell’energia e quindi un aumento dell’entropia o disordine che diminuisce i gradi di libertà o autonomia della persona malata; quando viene sottoposta a continue cure solo sintomatologiche.

Già Ippocrate aveva compreso tutto ciò distinguendo tra malattia e malato.

Mise al centro della sua Dottrina il vitalismo della persona e la sua autonomia conservativa o  “Vis medicatrix naturae” indicando di sostenerla usando i farmaci con parsimonia: “in quanto la natura conosce la strada della guarigione senza ragionamento né insegnamento”.

Naturalmente l’impostazione della medicina convenzionale nella sua linearità impedisce di comprendere la complessità unitaria della vita propria della Dottrina omeopatica neo-ippocratica, nella sua impostazione sperimentale e metodologica basata su principi.

Il valore benemerito dell’intervento palliativo o allopatico

Detto ciò, il medico attento e preparato sa che il metodo omeopatico è vitalistico ovvero è subordinato alla reattività intrinseca dell’organismo.

Abbiamo visto anche che metodologicamente l’applicazione indiscriminata e soppressiva sui sintomi, che rappresentano un tentativo di reazione e di guarigione, spesso sotto forma di eliminazione, rallenta il corso della guarigione pur nascondendo i sintomi con farmaci mirati.

D’altra parte, il farmaco diventa benemerito quando, nella clinica della malattia acuta e nei traumatismi spesso capita che il vitalismo intrinseco, proprio per la condizione di urgenza che va a complicare l’equilibrio naturale del paziente, non abbia l’autonomia biologica di recuperare lo stato di salute attraverso lo stimolo omeopatico.

In questi casi il medico attento clinicamente riconosce i limiti oltre i quali si devono attuare obbligatoriamente i presidi medico chirurgici salvavita per bloccare la deriva fisiopatologica che si è innescata sia per fatti esterni che per degrado biologico da malattia cronica.

Quindi a tale scopo risulta necessaria l’azione del farmaco o della chirurgia d’urgenza.

Pensiamo a condizioni come un addome acuto, una trombosi, un distacco di retina, traumatismi con fratture multiple, una crisi di asma soffocante, uno shock anafilattico, un avvelenamento, un infarto del miocardio, una fibrillazione atriale, un arresto cardiaco, una emorragia cerebrale o una ischemia… e tante altre situazioni che vedono impegnate la chirurgia e i farmaci salvavita come cortisonici, antibiotici, beta bloccanti, anticoagulanti, o di sostituzione come insulina e altro.

Anche in questo caso però l’attenzione clinica dovrà essere massima in considerazione della unità reattiva biologica del malato e a causa del fatto che una soppressione necessaria può provocare ulteriore disordine biologico, secondo il secondo principio della termodinamica dei sistemi aperti.

Inoltre, ogni intervento lineare su un sistema complesso e unitario, quello della vita, paga in termini negativi dei feedback naturali per il continuo tentativo di riallineamento biologico autonomo dell’organismo ad ogni induzione esterna.

Nelle situazioni complicate che necessitano dell’uso di più farmaci avviene di solito una interferenza nella farmacodinamica e nella farmacocinetica reciproca delle sostanze farmacologiche prescritte che altera, amplificando o diminuendo, la concentrazione dei singoli farmaci nel sangue e nei siti bersaglio; di conseguenza c’è un forte rischio iatrogeno per il malato o della efficacia d ella terapia.

In tal senso, ma senza i riferimenti farmacologici che riscontriamo nella nostra attualità e solo in termini metodologici, Hahnemann richiamò l’attenzione dei medici di fronte alle situazioni estreme al Paragrafo 67 nota1 dell’Organon dell’arte del guarire.12

Il Covid e l’esperienza omeopatica sul campo

Una alleanza medico paziente

Da quanto scritto in precedenza emerge, nella clinica omeopatica, quanto sia fondamentale la necessità di una formazione medica accurata in termini di osservazione del malato e della conoscenza non solo della semeiotica generale e della malattia o semeiotica classica, ma anche di quella propria del malato o omeopatica; come emerge dalle proprietà dei rimedi sperimentati.

In termini di operatività sul campo risulta evidente che nella metodologia omeopatica è di primaria importanza il concetto di prevenzione e di tutela dell’energia vitale.

Quella prevenzione che è finalizzata a precedere la deriva che porta alla perdita della reattività naturale nel malato sottoposto allo stimolo patogenetico di qualunque noxa che interferisca con l’autonomia intrinseca o omeostasi.

Per questo motivo anche nella pandemia da Covid 19 il rapporto del medico omeopatico con il malato fu molto stretto e osservazionale con collegamenti tra medico e paziente stabiliti più volte al giorno e anche straordinari che si attuarono al variare anche minimo dei parametri vitali.

Per tutto ciò, giocava a favore l’attenzione alla auto osservazione del paziente omeopatico che venne istruito dal medico su cosa osservare preventivamente nella pandemia e riferire all’occorrenza.

In questa fase anche i pazienti asintomatici assunsero uno dei rimedi selezionati per affrontare il Covid; quello che era più assonante con la predisposizione cronica del soggetto diventava preventivo perché manteneva stabile la propria reattività biologica.

In breve, la comunità omeopatica riuscì a gestire da subito il Covid nei propri pazienti e si aggiornò costantemente sulla nuova sintomatologia unitaria e complessiva che emergeva nei nuovi casi e sul possibile nuovo rimedio da utilizzare!

Scoprimmo che anche i colleghi non strettamente a contatto con i gruppi di lavoro, in un confronto postumo, avevano usato con successo quegli stessi rimedi dei gruppi di lavoro e osservato gli stessi tempi di evoluzione della malattia e di degenza. Il tutto in quanto la diagnosi di rimedio omeopatico si effettua induttivamente raccogliendo i sintomi soggettivi e oggettivi del malato e modalità e recuperando dalla banca dati omeopatica il rimedio analogico!

Siamo a fine febbraio del 2020 in pieno inizio della battaglia per la sopravvivenza

Di fronte ai numerosi decessi e alla crescita dei contagi in Italia, emergeva sempre più il numero basso dei medici combattenti sul campo.

L’ipotesi più accreditata per accrescere o rinfoltire le fila dei sanitari fu quella proposta della laurea abilitante. Ovvero quella di mandare allo sbaraglio i neolaureati senza l’esame abilitante professionale ma soprattutto in assenza di una giusta pratica clinica.

Da un articolo dell’epoca:  https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=81719

Stralcio: «La situazione di “emergenza epidemiologica da COVID-19” come viene definita dal Governo impone a nostro avviso uno sforzo da parte del Governo; avere migliaia di laureati medicina “in quarantena medica” per via di una prova scritta non ci sembra opportuno».
I membri del Direttivo Nazionale ALS-Fattore2A
(Online si possono recuperare numerose testimonianze sulla richiesta di medici da impiegare sul campo durante la pandemia.)

Ad aprile del 2020 noi omeopati prendemmo la decisione storica di scendere in campo ufficialmente ed esplicitamente, come da obbligazioni del nostro CD all’art.8, che sono previsti in un periodo di emergenza sanitaria o sociale.

Ma la disponibilità in termini di “volontariato” dei medici omeopatici fatta consapevolmente alla luce della loro clinica direttamente al Ministro della Salute e informando la Federazione Nazionale, non ebbe mai risposta dal Ministro in questione, mentre ci fu il ringraziamento e l’apprezzamento esplicito  del Presidente della FNOMCeO. 

A stralcio dal libro del bicentenario 2022: La pandemia e la disponibilità a scendere in campo degli omeopati13

«Nel momento storico sanitario pandemico, in cui scriviamo queste note, convinti più che mai che la medicina sia un unico sapere al servizio del cittadino malato e in coerenza con questo assunto, già nell’aprile del 2020, la comunità dei medici omeopati italiani, nell’emergenza che richiedeva l’arruolamento di nuovi medici sul territorio, inviò alle Istituzioni Sanitarie del nostro Paese e alla FNOMCeO un documento sottoscritto di disponibilità a scendere in campo gratuitamente per affiancare i medici di base nel proprio territorio di operatività per l’assistenza del cittadino malato».

Ci su una sola risposta. Quella del Presidente della FNOMCeO che plaudì alla iniziativa ma nulla in risposta dal Ministero della Salute e dal suo Ministro.

Il nostro documento originale in copia

Formulato e scritto dalla nostra indimenticabile Maria Luisa Agneni e approvato all’unanimità dai sottoscrittori rappresentanti di numerosissimi medici omeopatici collegati alla federazione delle Scuole di omeopatia in Italia e ad altre associazioni di omeopatia.    

                                                                                    Ministro della Salute On. Roberto Speranza

                                                                                                  segreteriaministroXxxxx

Al Presidente della FNOMCeO Dott. Filippo Anelli

                                                                                                    presidenzaXfnomceoxx

Napoli, 10/04/2020 Prot. n. LU20/SW/1

In questo momento di emergenza, visto il perdurare della presenza di pazienti affetti da Covid e da sintomatologia Covid correlabile nel nostro Paese e vista la attuale maggiore necessità di assisterli sul territorio, i medici esperti anche in Omeopatia sentono il dovere di mettere a disposizione della comunità, in affiancamento alle terapie correnti e nelle zone della propria residenza e attività professionale, la loro competenza nelle modalità che saranno loro indicate al fine di contribuire alla prevenzione e all’arresto della progressione della malattia verso le fasi più critiche.

Porgiamo i nostri saluti.

Prof. Dario Chiriacò, COII

Dott.ssa Antonella Ronchi, FIAMO

Dott. Carlo Melodia, Associazione LUIMO

Dott. Pasquale Delmedico, OMEOMEFAR

Dott. Andrea Valeri, SIMO

Dott.ssa Simonetta Bernardini, SIOMI

Il Ministro della Salute non rispose mai a questo nostro appello accorato e dovuto deontologicamente.

Di seguito la risposta del nostro Presidente della FNOMCeO

Prof. Dario Chiriacò, COII

Dott.ssa Antonella Ronchi, FIAMO

Dott. Carlo Melodia, Associazione LUIMO

Dott. Pasquale Delmedico, OMEOMEFAR

Dott. Andrea Valeri, SIMO

Dott.ssa Simonetta Bernardini, SIOMI

luimo.pec@legalmail.it

Egregi Dottori, in riferimento alla Vostra nota dello scorso 10 aprile, sono a ringraziare per la disponibilità espressa che viene a confermare l’apprezzabile mobilitazione e l’impegno di tutti per l’obiettivo comune di contrasto all’epidemia di coronavirus. Cordiali saluti.

Filippo Anelli

 

Siamo giunti al termine di questo lunghissimo editoriale in sei puntate di cui la sesta è la più consistente.

Ripropongo al termine, ma non per ultimo, l’appello che risulta sempre più attuale del Presidente Vincenzo Caianiello, Giudice della Corte Costituzionale e poi Presidente della stessa Corte:

Il dovere intellettuale e scientifico è quello di verificare altri statuti epistemologici qualora quello di riferimento non riuscisse a dare tutte le risposte alle domande di chi soffre.

… Nell’aprire il Memorial per il 150° anniversario della nascita di Tommaso Cigliano a Ischia, il 26 settembre 1992, Vincenzo Caianiello, allora Giudice della Corte Costituzionale, successivamente Presidente della stessa Corte e poi Ministro di Grazia e Giustizia, ebbe ad affermare che: «…non ha senso parlare di “Medicine alternative“ come contrapposte a quella “ufficiale” perché l’unico criterio per distinguere le prime dalla seconda è, se mai, quello di “alternative” rispetto alla “tradizionale” perché, se quest’ultima si autodefinisce come “ufficiale” si ha il sospetto che essa stessa dubiti di essere “Scienza”. Ma, poiché il metodo scientifico tradizionale della Medicina non riesce a dare risposta a tutto ciò che gli si chiede, ai suoi seguaci incomberebbe il dovere di chiedersi se, per caso, da parte di coloro i quali propugnino posizioni alternative, si possa dare risposta a quelle esigenze di ricerca che con il proprio metodo non si è riusciti a soddisfare».

… la storia si ripete

 

  1. L’art. 8 del Codice di Deontologia Medica italiana stabilisce il Dovere di Intervento: il medico deve prestare soccorso e assistenza in caso di urgenza, indipendentemente dalla sua attività abituale, e deve attivarsi tempestivamente per garantire ogni forma di assistenza adeguata e specifica.Non può rifiutarsi di intervenire in situazioni di emergenza.
  2. Da: https://www.luimo.org/il-tema-del-giorno/editoriale-lomeopatia-e-acqua-fresca-quarta-parte

    Il peccato dell’onestà

    Inoltre, con il ritorno di nuove epidemie di colera che mietevano moltissime vittime, siamo nel Regno d’Italia e senza più la protezione borbonica, ormai licenziato dal Ciccone dagli Ospedali riuniti di Napoli assieme agli altri omeopati, Il Rubini, medico onesto, offrì alle novelle Istituzioni romane la propria opera gratuita, alla luce della esperienza dimostrata in precedenza, e a quella dei suoi medici omeopatici, per curare i colerosi.
    Alle mancate risposte delle autorità a cui aveva inviato reiterati appelli, il Rubini reagì accusando le Istituzioni del Regno di complicità nelle future morti per epidemia visto che egli aveva dimostrato sul campo di salvare da morte certa tantissimi malati e che la sua entrata in campo avrebbe impedito.
    Il Cigliano, allievo del Rubini, racconta, “In morte di Rocco Rubini”, che queste richieste reiterate[1], inviate a Roma, di partecipare alla cura del colera, da parte del suo Maestro, costarono a Rocco Rubini una visita minacciosa della Guardia di Finanza.
    I militari la motivarono dicendo al Rubini che, egli ritenendosi famoso, doveva quindi essere in possesso di numerosi beni che andavano verificati.
    L’inizio della persecuzione convinse il Rubini a cancellarsi dall’Ordine Professionale!
    Una brutta storia, come ce ne sono tante, e che è passata nel silenzio dell’omertà!

  3. Linee Guida
  4. Non dimentichiamo che con l’introduzione della assicurazione obbligatoria l’arte medica è scaduta a una mera azione di tutela del sanitario che deve rispondere di ogni variazione terapeutica non consigliata dall’alto in caso di contenzioso. Perciò oggi la terapia diventa uguale per tutti i malati di una certa patologia ed è quella indicata dalle LLGG. Tutto ciò in molti casi può tradursi in accanimento terapeutico quando la sensibilità del soggetto storico al farmaco o alla terapia indicata risulti eccessiva alla generalizzazione delle indicazioni fornite dall’alto. Questo avviene quindi in quanto le LLGG sottraggono il medico alla valutazione del malato, soggetto storico, ovvero prevaricando di fatto l’atto medico!
  5. Deontologicamente invece questi medici si erano attenuti all’Art. 8 del Codice deontologico e quindi in piena osservanza delle obbligazioni professionali mentre al contrario doveva essere indagato il comportamento di chi li aveva censurati per sostenere terapie di Stato e fuori del controllo del medico e della individualità del malato sancita dall’atto medico.
  6. Vaccini, di cui qui non parlerò! In quanto diventerebbe complesso esporre in breve una serie di contraddizioni metodologiche sull’uso improprio dei vaccini in assenza di una cultura vitalistica convenzionale e della reale conoscenza del principio di similitudine; parliamo di una metodologia che è di competenza della visione metodologica omeopatica di cui parla dettagliatamente Hahnemann al paragrafo 46 dell’Organon. Vitalismo e similitudine spiegano tempi, modi e reiterazione dei vaccini anche in termini di idiosincrasia del soggetto storico malato intesa come disponibilità a ricevere il vaccino:

    1) per dose efficiente,

    2) per veicolo di composizione del vaccino e tossicità,

    3) per opportunità di reiterazione del vaccino,

    4) infine, ma non per ultimo, anzi, l’opportunità inedita di vaccinare in costanza della presenza del Virus nell’ambiente o addirittura a contagio già avvenuto!

    Il tutto contravvenendo alla prima regola deontologica dell’atto medico, quale è quello vaccinale. Ovvero l’accertamento da parte del medico della disponibilità del malato per fatti evidenti e non per imposizione di Stato con obbligo di consenso informato sottoscritto dal cittadino in assenza di dati sperimentali; come da consuetudine deontologica ed etica!
    Ricordo soltanto, come già scritto in precedenza parlando della storia del primo vaccino di Jenner, che a dirigere il Reale Istituto Vaccinico nel 1845 nel Regno dei Borbone fosse, per motivi di competenza metodologica, un Accademico ed Illustre omeopata della prima ora: il Cav. Dott. Prof. Cosmo Maria de Horatiis già medico omeopatico del Re Francesco I di Borbone.
    https://www.luimo.org/il-tema-del-giorno/vaccini-e-omeopatia-paradossi-e-dintorni

  7. Nei talks, fateci caso, ho notato che il conduttore di turno, ciò vale per ogni tematica, per referenziare l’ospite di turno sconosciuto, fa precedere il nome da un titolo, di solito professore. Mentre per quelli già conosciuti utilizza direttamente il cognome raramente preceduto dal nome. Questa referenza ha un duplice scopo: quella di preparare l’opinione del pubblico favorevolmente verso lo sconosciuto e creare il proprio personaggio indiscusso per quella tematica; ogni testata televisiva aveva/ha i suoi oracoli! Così abbiamo visto nel Covid tante meteore passare assieme a tante chiacchiere inconcludenti.
  8. Riuscii ad essere presente a questo incontro/scontro in quanto Giuseppe del Barone, Onorevole e allora Presidente dell’OMCeO di Napoli, poi presidente della FNOMCeO, mi chiese di accompagnarlo a Roma al convegno assieme ad altri due colleghi omeopati. Del Barone era apertamente un sostenitore della omeopatia e approvò, tra l’altro, presso l’Ordine e in apposita conferenza anche il regolamento per una sperimentazione omeopatica. Ho riportato il suo ricordo alla pag. XVII del più volte citato libro edito in occasione del bicentenario dell’arrivo delle truppe austriache e della omeopatia nel Regno di Napoli.
  9. Vi riporto questo passaggio secondo il ricordo storico ma ancora vivo che ho delle parole di quel Magistrato; che da persona equanime riportò la “palla al centro” e richiamò tutti i medici presenti alla loro responsabilità senza deleghe di convenienza.
  10. Il Professore Mario Coltorti, uno dei più grandi conoscitori della semeiotica medica che abbiamo avuto in Italia e terrore dei medici agli esami di abilitazione per l’esercizio della professione medica, si appassionò alla metodologia omeopatica leggendo l’Organon di Hahnemann che gli fu regalato dalla Dottoressa Alma Rodriguez. Poi venne ad ascoltarci presso la LUIMO e ben presto entrò nel Comitato Scientifico Interdisciplinare diretto dal Professore Sciaudone presso la LUIMO. In una sua straordinaria lectio magistralis parlò proprio del significato di disease, sickness. complaints, illness, malady in corrispondenza del metodo con cui si osserva malattia e malato.
  11. Leggiamo già negli atti del VII Congresso degli Scienziati a Napoli del 1845 di cui abbiamo scritto nella parte precedente. a proposito di soppressione: Tigna e petrolio: «Taluno annunziava che anche nelle opere “omiopatiche” si dà internamente il petrolio nella tigna, e riteneva potere usato esternamente arrecare danno grave “retropellendo” l’eruzione…»
  12. (‘) Casi nei quali la cura antipatica è ancora da usare.
    Solo in casi urgentissimi, nei quali il pericolo di vita e l’imminenza della morte non permettono al rimedio omeopatico il tempo per agire (tempo che non è di ore, ma a volte di minuti), in casi insorti improvvisamente in persona prima sana, come per es. in casi di asfissia, morte apparente da fulmine, da soffocazione, da congelamento, da annegamento ecc. è permesso ed opportuno anzitutto di rianimare la eccitabilità e la sensibilità (vita fisica) con lievi scosse elettriche, con clisteri di caffè forte, con sostanze da fiuto eccitanti, riscaldamento graduale ecc. Ottenuto questo, la vita degli organi vitali riprende il suo funzionamento normale, poiché qui non vi era da rimuovere alcuna malattia.
    Eppure, ma invano, la nuova scuola dei miscugli si basa su queste osservazioni per trovare dappertutto nelle malattie tali eccezioni a conferma della regola e molto comodamente contrabbandare i suoi rimedi allopatici, associandovi anche altro lordume allopatico dannoso alla umanità, unicamente per risparmiarsi la fatica di cercare in ogni caso di malattia il giusto rimedio omeopatico, e così, bellamente, atteggiarsi a medici omeopatici senza esserlo. I risultati sono però di conseguenza rovinosi.
    A quest’ordine di cose appartengono pure gli antidoti di avvelenamenti acuti:
    alcali contro acidi, fegato di zolfo contro i veleni metallici, caffè e canfora (ed ipecacuana) contro avvelenamento da oppio ecc.
    Una medicina omeopatica non è ancora inadatta in un caso di malattia, se luno o l’altro sintomo corrisponde solo antipaticamente ad alcuni sintomi di valore medio o piccolo. Quando gli altri sintomi della malattia più forti, caratteristici e speciali vengano coperti dal rimedio per la somiglianza dei segni (ossia omeopatica-mente) ossia vengano vinti, estirpati, spenti, anche i piccoli sintomi contrari spariscono spontaneamente cessando l’azione del rimedio, senza minimamente ritardare la guarigione.
    C.F.S.Hahnemann – Organon dell’Arte del guarire. Traduzione Giuseppe Riccamboni. Ed. CeMON
  13. 1821-2021 IL BICENTENARIO DELL’ARRIVO DELLA MEDICINA OMEOPATICA A NAPOLI. L’OMEOPATIA AL TEMPO DEI BORBONE di Carlo Melodia, Prima edizione: 2022 © Editore LUIMO ISBN 978-88-906376-2-9

2 commenti

  • Ma una sintesi da poter diffondere? Capisco che non è facile ma i non lettori sono più dei lettori!

    • Generiamosalute

      Ha ragione sulla situazione dei lettori… ma cerchiamo di resistere “in direzione, ostinata e contraria”. In ogni caso chiederemo all’autore, anche se le sintesi (che oramai vengono realizzata perlopiù con l’utilizzo della AI) rischiano di far perdere il contesto e importanti informazioni.

Lascia il tuo commento