La notizia ha colpito anche i sostenitori più convinti della vaccinazione di massa: secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), la stragrande maggioranza dei nuovi casi di parotite negli Stati Uniti riguarda persone già vaccinate. In particolare, tra i bambini e gli adolescenti colpiti dal virus, fino al 94% aveva ricevuto il vaccino MMR (morbillo, parotite, rosolia). Un dato difficile da ignorare, che riaccende il dibattito sull’efficacia reale delle campagne vaccinali a lungo termine.
La parotite era quasi scomparsa dopo l’introduzione del vaccino nel 1967: dai 152.000 casi registrati nel 1968 si era scesi a poche centinaia nel 2003. Ma dal 2006 i numeri hanno ripreso a crescere, spesso proprio tra chi era già immunizzato. Nel 2016 e 2017 si sono registrati più di 150 focolai in 37 Stati americani, con circa 9.000 casi complessivi.
L’immunità che svanisce e la comparsa di nuovi ceppi
Gli scienziati del CDC ammettono di non sapere con certezza perché la protezione vaccinale fallisca così spesso. L’ipotesi più accreditata è quella di una “immunità calante”, ovvero un indebolimento progressivo degli anticorpi con il passare degli anni. Inoltre, il vaccino MMR si basa su un ceppo virale (genotipo A) che oggi non circola più: il virus della parotite è mutato nel tempo, e questo potrebbe ridurre ulteriormente l’efficacia della protezione.
La dottoressa Mariel Marlow, epidemiologa del CDC, spiega che le infezioni tra vaccinati erano rare fino a pochi anni fa, ma ora rappresentano la norma. Tuttavia, sottolinea, “i sintomi sono in genere più lievi nei vaccinati”. Un’affermazione che, pur attenuando la gravità clinica, non risolve il nodo principale: un vaccino che non impedisce la circolazione della malattia.
La parotite resta altamente contagiosa e si trasmette con estrema facilità attraverso saliva o goccioline respiratorie. Nonostante oltre il 90% della popolazione statunitense abbia ricevuto almeno una dose del vaccino MMR, il virus continua a diffondersi. Anche nel 2020, durante la pandemia e le restrizioni, 142 casi sono stati segnalati in 32 Stati. La sospensione delle visite pediatriche e delle vaccinazioni di routine, osserva il CDC, potrebbe favorire ulteriori recrudescenze nei prossimi anni.
L’ipotesi di una terza dose non risolve il problema
Di fronte alla crescente evidenza di inefficacia, alcuni esperti propongono addirittura di aggiungere una terza dose di MMR per rinforzare l’immunità. È la tesi del dottor Amesh Adalja, della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, che considera l’attuale schema vaccinale “incompleto”. Il CDC, già nel 2017, aveva raccomandato la terza dose per chi è a rischio durante i focolai. Tuttavia, questa soluzione appare più un tentativo di tamponare un problema strutturale che una reale revisione scientifica del modello. Come ammette lo stesso Adalja, “forse dovremmo aggiornare il vaccino in base ai ceppi attuali, ma non è detto che serva”. Una dichiarazione che rivela più dubbi che certezze.
Un fallimento annunciato del modello immunitario artificiale
I dati del CDC mostrano ciò che molti ricercatori indipendenti segnalano da tempo: l’immunità indotta dai vaccini tende a indebolirsi, mentre quella naturale, seppur meno controllabile, è più duratura e adattiva. Il caso della parotite mette in luce i limiti di una strategia sanitaria che punta solo sulla vaccinazione, senza considerare il riequilibrio fisiologico del sistema immunitario e il suo rapporto dinamico con l’ambiente. Mentre la medicina ufficiale discute su terze dosi e nuovi ceppi, la realtà dei fatti mostra che la protezione promessa dai vaccini non è assoluta e che la vera sfida resta quella di rafforzare la risposta immunitaria naturale dell’organismo.
Stiamo percorrendo la strada sbagliata
Lasciateci dire che noi abbiamo una visione diversa della salute. Secondo la visione omeopatica, ogni organismo dispone di una forza vitale che tende naturalmente all’omeostasi, cioè a un equilibrio dinamico tra salute e malattia. Quando questa forza è sostenuta e non soppressa, la risposta immunitaria diventa più armonica, duratura e personale.
In questo senso, la parotite che colpisce anche i vaccinati non rappresenta solo un fallimento tecnico, ma un campanello d’allarme sul bisogno di un approccio più profondo e rispettoso dei meccanismi vitali.
Non è una questione di “pro” o “contro” i vaccini, ma di restaurare la resilienza naturale dell’essere umano, quella che nessun richiamo artificiale potrà mai sostituire del tutto.
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Redazione




