In un film uscito di recente, Emilia Clarke, la Danaerys del Trono di Spade (Figli dell’Intelligenza artificiale di Sophie Barthes) si reca regolarmente all’appuntamento con il suo psicologo. Solo che il suo psicologo non è un essere in carne e ossa, ma un’intelligenza artificiale dall’aspetto di un gigantesco occhio decorato da fiori. Il terapeuta cibernetico è così bravo nel suo lavoro da risultare quasi convincente anche agli occhi dello spaventato marito, che non vuole proprio convincersi a far crescere il loro nascituro in un uovo tecnologico che sostituisca il grembo materno. Una cosa assurda, per il mondo in cui vivono, dove tutti ricorrono al grembo sintetico per evitare i fastidi della gravidanza. È questo il mondo verso cui ci stiamo dirigendo? Sembrerebbe proprio di sì, a giudicare dall’entusiasmo con cui alcuni medici hanno accolto i prodigi dell’intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale e la scomparsa del medico
L’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando il panorama della medicina, introducendo nuove opportunità ma portando con sé pericoli che nell’ubriacatura tecnologica generale, al momento in pochi sembrano vedere. Il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, ha espresso tali preoccupazioni durante un’audizione presso la Commissione XI – Lavoro della Camera, nel contesto di un’indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro. Anelli ha sottolineato la necessità di stabilire paletti ben definiti per l’utilizzo dell’IA in medicina, affinché non sostituisca il ruolo del medico con algoritmi.
L’opinione del presidente di Fnomceo Filippo Anelli
Secondo Anelli, l’IA offre potenzialità rivoluzionarie grazie alla disponibilità di una vasta quantità di dati e alla capacità di elaborazione immediata. Questa promessa di miracoli futuri può farci perdere di vista quale sia il vero ruolo del medico, e cosa sia davvero lo “stato di salute”. Tra questi rischi vi è la riduzione dell’interazione umana e la possibile perdita di considerazione della complessità del contesto clinico del paziente.
La salute, sia essa mentale o fisica, è intrinsecamente legata a uno stato di equilibrio psicologico e relazionale. Questo equilibrio è il risultato di complesse interazioni tra mente, corpo e ambiente sociale. In questo contesto, l’empatia del medico svolge un ruolo cruciale, poiché va oltre la semplice diagnosi e la terapia prescritta. L’empatia permette al medico di comprendere profondamente il paziente, non solo dal punto di vista clinico, ma anche emotivo e sociale. Nessuna intelligenza artificiale, per quanto avanzata, potrà mai replicare pienamente questa capacità umana di connessione e comprensione.
Omeopatia e Empatia
L’empatia è ciò che consente al medico di stabilire un legame significativo con il paziente, incoraggiandolo a comunicare apertamente, a sentirsi compreso e supportato nel percorso di guarigione. Pertanto, mentre l’IA può fornire supporto e assistenza nella pratica medica, è fondamentale riconoscere che l’empatia umana rimarrà irrinunciabile nel promuovere una vera e propria guarigione integrale. Gli omeopati credono fermamente che la salute sia il risultato di un equilibrio armonico tra mente, corpo e spirito, e che il ruolo del medico non sia semplicemente quello di curare le manifestazioni fisiche della malattia, ma piuttosto di individuare e risolvere le cause profonde che possono compromettere questo equilibrio.
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2 commenti
Luigi
Il rapporto umano ed empatico non può. Essere imposto altrimenti sarebbe disumano …. Ognuno sceglierà se è sufficiente consultare AI o se lo ritiene chiedere il contatto umano
Sergio Segantini
Le opinioni, come quella di Anelli e c., sono dettate da motivazioni diverse da quelle che animano l’area di pensiero affine alla medicina omeopatica. Ovvero la paura di un avvento della IA, per loro, riguarda questioni di potere e di economia e non di principio in quanto la figura del medico, in Italia almeno, va verso una sempre maggiore tecnicizzazione e depersonalizzazione voluta proprio da “loro”. Quando il medico viene esautorato dalle sue prerogative umanistiche, di conoscenza, di relazione ecc. e reso sempre più un automa delle predizioni, dei protocolli unici, delle faccende burocratiche, ringrazia anche gli Ordini che sono stati e saranno sempre corresponsabili di questo.