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1 Dicembre, 2024

Memoria cellulare: uno studio spiega come il corpo ricorda

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L’immagazzinamento delle informazioni non è più considerato dominio esclusivo del sistema nervoso centrale: anche altre tipologie cellulari dimostrano capacità mnemoniche. Uno studio innovativo apparso su Nature Communications ha trasformato la nostra visione sui meccanismi di conservazione dei dati nell’organismo. I ricercatori della New York University hanno evidenziato come le cellule non neuronali possiedano capacità di memorizzazione, spalancando nuove prospettive sulla comprensione dei processi cognitivi. Si può immaginare l’organismo come un vasto database di informazioni, dove ogni componente partecipa al sistema globale. Il gruppo di studiosi ha impiegato una metodologia sperimentale all’avanguardia, analizzando cellule umane non neuronali estratte da tessuti nervoso e renale. Sottoponendole a sequenze di stimoli chimici specifici, hanno rilevato la loro capacità di “acquisire” e “conservare” informazioni analogamente ai neuroni cerebrali, attivando identici geni legati alla memoria.

Il processo di apprendimento delle cellule 

Gli scienziati hanno ideato una tecnica di osservazione rivoluzionaria: hanno modificato geneticamente le cellule introducendo una proteina luminescente che si attiva quando il gene della memoria entra in funzione, realizzando un “indicatore biologico” che segnala ogni evento di “memorizzazione” cellulare. Gli esiti sono stati eccezionali: le cellule non solo registravano le informazioni, ma seguivano schemi analoghi a quelli cerebrali. Una rivelazione particolarmente interessante riguarda l’efficienza dell’apprendimento cellulare: come gli esseri umani apprendono meglio con lo studio intervallato, anche le cellule mostrano questo comportamento. La somministrazione ritmica degli stimoli chimici provocava un’attivazione più marcata del gene della memoria, suggerendo che l’apprendimento ottimale è una caratteristica intrinseca degli organismi viventi, non solo del cervello.

Questa rivelazione ci impone di rivedere la nostra concezione dell’organismo. I ricercatori ipotizzano la necessità di analizzare come il pancreas “registra” l’assunzione di nutrienti per regolare il glucosio o come le cellule neoplastiche “archiviano” i trattamenti chemioterapici. Questo nuovo approccio potrebbe trasformare il trattamento di diverse patologie, dalle strategie di apprendimento alla cura dei deficit mnemonici, dalla comprensione delle patologie autoimmuni, all’individualizzazione delle terapie antitumorali. La memoria cellulare potrebbe rappresentare un elemento chiave per sviluppare innovative strategie terapeutiche in numerosi ambiti medici. 

Non si tratta solo di una scoperta neuroscientifica: rappresenta una svolta nella comprensione dei meccanismi vitali. Ogni elemento cellulare del nostro organismo è parte di un’estesa rete mnemonica, contribuendo alla nostra capacità di apprendere, adattarci e sopravvivere.

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