La nostra epoca è caratterizzata da una esaltazione narcisistica e stereotipata della corporeità: il corpo deve essere bello e sano, mai inefficiente o disfunzionante; il paradigma dominante è quello della fitness estetica e salutista, della performance sportiva, della chirurgia estetica, dell’ortoressia cioè dell’ossessione per il cibo “sano”.
Assistiamo inoltre ad una pesante farmacologizzazione di qualsiasi disagio che, una volta classificato come “patologico”, può essere curato con medicinali innovativi. Accanto a tutto questo, a livello di ricerca scientifica, sta emergendo il tentativo di conseguire una sorta di purezza biologica attraverso il connubio tra fecondazione artificiale e manipolazione genetica, tecniche non progettate soltanto per ovviare ai problemi di infertilità. Qualcuno sta pensando persino di ibridare l’intelligenza umana con quella artificiale applicando microchip nel cervello, questo non solo per trattare le problematiche di disabilità. Il corpo viene sublimato nella dimensione virtuale con l’impiego del Metaverso, dello Smart working, della Didattica a distanza (DAD) e della Telemedicina.
L’uomo contemporaneo si illude di sconfiggere l’angoscia esistenziale connaturata con la sua essenza negando la fragilità corporea ed esaltando l’identità virtuale transumana. Lo fa appellandosi alle comodità ed alla maggior efficienza che la tecnologia moderna può offrire. Tutto questo accade in una società che teme la morte ma che da tempo rifugge un confronto spirituale con questa paura; una società in cui ci si priva della possibilità di attraversare ed elaborare il lutto, dove il lutto è spogliato dai rituali collettivi che dovrebbero accompagnarlo. Di fronte a questa fascinazione ipertecnologica occorre ricordare l’approccio della psicologia classica che da sempre ha sottolineato l’importanza della corporeità nei processi di apprendimento, sviluppo, maturazione ed evoluzione umana, rimarcando i rischi patologici della sua assenza. Come riusciremo a rapportarci al digitale ed alle nuove frontiere della “scienza senza limiti” senza rinnegare i fondamenti classici delle scienze psicologiche?
Gli studi di Piaget (1936) sul bambino e successivamente quelli di Neisser (1976), Bruner (1980), e Stern (1998), hanno evidenziato come sin dai primi anni di vita lo sviluppo cognitivo e la crescita psicologica e identitaria di ogni individuo passi attraverso il corpo ed il movimento. Alla stessa stregua nell’adulto l’esperienza corporea gioca un ruolo decisivo per la sua piena espressione.
Neisser scrive nel 1976: “La nostra esperienza si costruisce e si organizza attraverso una forma di esistenza che è esclusivamente veicolata da un corpo in movimento all’interno di un ambiente; in tal senso, tutto ciò che ci circonda diviene riconoscibile ed “abitabile” solo grazie alle azioni esplorative e costruttive che muoviamo usando il nostro corpo”
Nel 1980 Bruner afferma: “Lo sviluppo degli esseri umani e della loro formazione in quanto individui è legato a due dimensioni essenziali: la dotazione biologica data dal corpo, in cui risiedono gli elementi di vincolo dell’esperienza, e la cultura”
Contini sostiene nel 1992: “Il processo di apprendimento e lo sviluppo della conoscenza si strutturano tramite un profondo ed inestricabile intreccio che è vincolato alla morfologia stessa del cervello, dei neuroni e delle sinapsi che lo compongono; intreccio che dà luogo al sapere, in un flusso di esperienza alimentato dal continuo interscambio tra dimensioni razionali ed emozionali, corporee e cognitive, inserite sullo sfondo di contesti sociali e sistemi culturali: l’esperienza sensibile ed emozionale della corporeità guida, dunque, i processi cognitivi, quanto i processi sociali e relazionali”.
Damasio nel 2000: “Ognuno di noi è situato all’interno di un ambiente, ma, prima di ogni altra cosa, è situato in un corpo: noi siamo il nostro corpo, siamo cioè caratterizzati da una materialità e da una specificità biologica che ci costituiscono e che delimitano una condizione fondamentale di vincolo a cui si legano tutte le nostre possibilità”.
Partendo da questi assiomi psicologici ed alla luce del Rapporto della Commissione d’indagine parlamentare di cui si è trattato in questo blog nell’articolo L’impatto del digitale sugli studenti, l’approccio della società contemporanea alla salute psico-fisica ed alla dignità dell’essere umano deve essere rimesso al centro del dibattito scientifico; l’incombente digitalizzazione dei rapporti umani e della didattica lo rendono urgente!