La scena è quella che tutti noi conosciamo bene: un pronto soccorso stracolmo, letti accalcati nei corridoi, infermieri che non fanno più turni ma maratone, pazienti che attendono ore o rinunciano del tutto a farsi curare. È già la realtà quotidiana per molti italiani. Ora, mentre il nostro sistema sanitario lotta contro anni di definanziamento e tagli lineari, Bruxelles valuta di sottrarre altre risorse alla salute per destinarle a un gigantesco piano di riarmo.
Priorità ribaltate: la salute sacrificata
Dopo il Covid, l’Unione Europea sembrava aver capito la lezione. Era nato il programma EU4Health con oltre 5 miliardi di euro, un fondo senza precedenti per rafforzare i sistemi sanitari nazionali. Per l’Italia, stretto tra vincoli di bilancio e un debito altissimo, quei fondi erano una boccata d’ossigeno.
Ora, però, il vento è cambiato. La Commissione Europea valuta di tagliare quel fondo, accorpandolo in programmi più generici o lasciandolo evaporare del tutto. Una decisione che toglierebbe ossigeno proprio quando servirebbe di più, con un SSN in sofferenza per carenza di medici, infermieri e strutture adeguate.
Un piano di spesa militare mai visto
Mentre si taglia sulla sanità, l’UE lancia “ReArm Europe”, un pacchetto da 800 miliardi di euro per la difesa. Gli Stati membri potranno aumentare la spesa militare fino al 1,5% del PIL per almeno quattro anni, generando circa 650 miliardi di spesa diretta, a cui si aggiungono 150 miliardi in prestiti comuni.
Non si tratta solo di numeri astratti. Questa montagna di denaro verrà finanziata attraverso nuovo debito pubblico, che alla fine peserà sulle tasche dei cittadini europei. La Commissione stessa ammette che in futuro serviranno “misure fiscali” per sostenere questa spesa: tradotto, tasse più alte e tagli ai servizi.
La narrazione della crescita grazie alle armi
Per legittimare questa inversione di rotta, Bruxelles propone la narrazione del riarmo come stimolo economico: posti di lavoro, innovazione tecnologica, rilancio industriale. Ma si tratta di un’illusione pericolosa. Già in passato si è usata la spesa militare come scorciatoia per la crescita, finendo per lasciare debiti e diseguaglianze.
Inoltre, questo modello di sviluppo trascura del tutto gli investimenti in settori realmente strategici per il futuro: sanità, istruzione, transizione ecologica. Sono questi gli ambiti che producono vera coesione sociale e competitività a lungo termine, non i cantieri di armi.
Ecco il doppio standard europeo
Solo pochi anni fa, la Commissione proclamava un’Europa più giusta e attenta ai cittadini, lanciando piani ambiziosi contro il cancro e per il rafforzamento della sanità. Oggi quelle promesse sembrano dimenticate. La salute viene di nuovo scaricata sui bilanci nazionali—spesso già in difficoltà—mentre la difesa diventa una priorità comune, centralizzata e abbondantemente finanziata.
Questa contraddizione colpisce in particolare i Paesi come l’Italia, già provati da anni di austerità. Il rischio concreto è di trovarci a scegliere tra pagare gli interessi sul nuovo debito militare o garantire un servizio sanitario universale e di qualità.
L’alternativa per l’Italia e l’Europa
L’Italia non può permettersi di subire passivamente questa deriva. Servirebbe una voce forte a Bruxelles per dire che la sicurezza non si costruisce con le armi, ma investendo sulle persone: nella loro salute, nel loro benessere, nella capacità di vivere con dignità.
In un Paese dove molti rinunciano a curarsi per i costi o le attese interminabili, e dove il personale sanitario è allo stremo, il rischio è chiaro: un altro ciclo di tagli e austerità potrebbe mettere definitivamente in ginocchio il Servizio Sanitario Nazionale. Per questo, più che mai, difendere la sanità pubblica deve tornare al centro dell’agenda italiana ed europea.
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