Redazione

Quello dei super-batteri è un problema prima di tutto italiano

Dei 30mila morti all'anno in Europa legati alla resistenza dei batteri, 1 su 3 è italiano: ona vera emergenza
3 Marzo, 2024
Tempo di lettura: 3 minuti

L’antibiotico-resistenza è un problema globale, che può nel prossimo futuro mettere in difficoltà la razza umana. Purtroppo però, prima ancora di essere un problema globale, è un problema italiano: dei 30mila morti all’anno in Europa legati alla resistenza dei batteri, 1 su 3 è italiano. “Il nostro Paese affronta una vera emergenza, con due milioni di giornate di degenza ogni anno per le conseguenze dell’antimicrobico-resistenza, come se tutti i posti letto del Friuli Venezia Giulia fossero dedicati a questo problema. Il costo? Due miliardi di spesa all’anno per le infezioni resistenti ai farmaci”. L’allarme è stato lanciato da Massimo Andreoni, segretario scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, nel corso dell’evento ‘Insieme contro le infezioni correlate all’assistenza’, promosso dalla Simit alla Camera per sensibilizzare la politica sull’emergenza dei ‘superbatteri’ resistenti agli antibiotici.

Le responsabilità della politica

“Il mondo politico deve assumersi l’obbligo di affrontare questa questione con la massima serietà”, afferma Andreoni, sottolineando l’importanza della sorveglianza, dell’attenzione clinica e della definizione di linee guida per contrastare le infezioni ospedaliere. Secondo la Simit, per fronteggiare efficacemente questa emergenza sono necessari interventi mirati, con programmi attivi di contrasto condotti da team multidisciplinari. Questi interventi potrebbero prevenire fino al 50% delle infezioni correlate alla resistenza antimicrobica.

La nuova piattaforma Simit

La Simit ha lanciato la piattaforma Resistimit per coordinare gli sforzi contro questa minaccia. Marco Falcone, consigliere Simit, sottolinea l’importanza di capire le lacune nel trattamento di queste infezioni e di valutare attentamente l’efficacia delle terapie, considerando anche alternative meno costose ma altrettanto efficaci. “Spesso facciamo interventi costosissimi o terapie importanti sui pazienti che poi muoiono per le infezioni ospedaliere. Vogliamo capire cosa non funziona nel trattamento di queste infezioni, abbiamo nuovi antibiotici e nuove terapie, oggi facciamo le Car-T che costano 250mila euro ma poi il paziente rischia di morire per una infezione batterica. Ecco, magari dovremmo ragionare se convenga non spenderne 2mila per una terapia antibiotica”. Secondo la Simit, programmi attivi di contrasto portati avanti in team multidisciplinari potrebbero prevenire dal 30% al 50% delle infezioni correlate all’antimicrobico resistenza.

Dobbiamo coordinare i nostri sforzi

Secondo Cristina Mussini, vicepresidente Simit, “per rendere operative le strategie di contrasto alle Infezioni correlate all’assistenza (Ica) occorrono un coordinamento tra istituzioni, direzioni sanitarie e clinici; un inquadramento in progetti nazionali; un monitoraggio continuativo e un sistema permanente, poiché si tratta di fenomeni in continua evoluzione. Da queste esigenze nasce ‘Insieme’, un progetto con cui la nostra società scienti ca si propone come braccio operativo nell’applicazione del Pncar (Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza), uniformando a livello nazionale le politiche di controllo delle infezioni ospedaliere.

Proprio per evitare applicazioni eterogenee – continua Mussini – abbiamo costituito un gruppo di esperti che possano promuovere la formazione, organizzare controlli negli ospedali e audit che raccolgono le criticità. Nel primo workshop, a Modena, che ha coinvolto 14 ospedali distribuiti su tutto il territorio nazionale, abbiamo formato e addestrato il gruppo di progetto e creato una survey allo scopo di evidenziare le criticità principali per l’implementazione dei programmi di contrasto alle infezioni nosocomiali negli ospedali. Questo questionario lanciato e diffuso dalla Simit ha visto la partecipazione di oltre 40 ospedali”.

La situazione italiana attuale

Più della metà degli ospedali – conclue – non ha un sistema integrato di monitoraggio delle principali infezioni diffuse nelle chirurgie, legate agli accessi vascolari, alle infezioni del tratto urinario, alle polmoniti, alle protesi articolari, con di coltà nell’attuare interventi di prevenzione speci ci (bundle) degli stessi. Migliorare la situazione è possibile, basti pensare che con l’applicazione di strategie adeguate possono prevenire no al 50% delle Ica. Serve dunque sia un’azione culturale che generi consapevolezza, sia una strategia operativa che realizzi un’inversione di rotta che acquisti continuità”

LEGGI ANCHE: Perchè proprio lo streptococco?

 

2 Commenti

  1. Considero anche l’abuso di prescrizioni di antibiotici da parte dei dei medici,quando in effetti si possono usare altri farmaci che sono ugualmente efficaci
    Specialmente quando ci sono delle influenze autunnali

    Rispondi

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