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Il Pio Albergo Trivulzio e lo scandalo dei morti di Covid occultati

La struttura è accusata di aver impedito l'utilizzo delle protezioni sanitarie e di aver minimizzato le vittime

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13 Aprile, 2020
Tempo di lettura: 2 minuti

Un’altro scandalo al Pio Albergo Trivulzio

Quello del Pio Albergo Trivulzio ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo, gigantesco scandalo italiano. Una storia tristissima in cui malaffare, pressappochismo e clientelismo politico si intrecciano in una rete, portando a un disastro dalle conseguenze tragiche. Certo, solo la magistratura potrà dire cosa c’è di vero nelle macabre storie che rimbalzano su tutti i giornali. Ma sappiamo per esperienza che i giudici impiegano anni, se non decenni, a far luce su casi del genere, mentre il disastro, oggi, è sotto gli occhi di tutti.

Nomina politica dei dirigenti

Il Pio Albergo Trivulzio è un ente pubblico senza scopo di lucro che si occupa di assistenza sanitaria per anziani. Essendo un ente pubblico, il management è di nomina politica, e in questo caso spetta in concorso alla Regione Lombardia e al Comune di Milano. Tra le mura di quest’istituto, che accoglie un migliaio di pazienti e in cui lavorano più di 1600 persone, il bilancio dei morti (per giunta destinato a salire) per l’epidemia in atto è stato durissimo. A sentire il parere di medici e infermieri impiegati nella struttura non proprio inevitabile, anzi.

Sciopero dei dipendenti

Già a metà marzo, in piena emergenza Covid19 i dipendenti hanno organizzato uno sciopero spontaneo e inviato le prime lettere sindacali ai dirigenti dell’Istituto. Sostenevano che non solo l’istituto non avesse fornito le dovute protezioni, come guanti e mascherine, ma che addirittura la dirigenza avesse intimato ai dipendenti che se le erano procurate in autonomia di toglierle “perché spaventavano i pazienti”, minacciando al riguardo licenziamenti e provvedimenti disciplinari vari. Un medico che lavorava lì da 5 anni, il dottor Luigi Bergamaschini, secondo quanto rivelato da Gad Lerner sulle pagine di Repubblica era stato destituito dall’incarico per aver autorizzato l’utilizzo delle mascherine nel suo reparto.

Impennata dei contagi

Il risultato di questi comportamenti sarebbe stato, secondo gli accusatori, un’impennata nel numero di contagi, tanto tra i pazienti quanto tra il personale socio-sanitario, che costretto a lavorare in queste condizioni, ha cominciato a essere a sua volta vettore dell’epidemia. Ciò nonostante il numero di morti dichiarati per il coronavirus era ancora molto basso, appena 9 pazienti. Quando poi il bubbone è scoppiato, però, i morti per COVID si sono improvvisamente impennati (27 nella sola prima settimana di aprile), lanciando più di un’ombra sulla verosimiglianza dei dati precedenti. Ombre che si infittiscono nel momento in cui sul Messaggero cominciano a parlare apertamente di referti spariti. Sullo sfondo di questa immane tragedia, la politica compie la sua solita, stanca danza rituale, rimpallandosi le colpe (Fontana, governatore lombardo della Lega, e Sala, sindaco di Milano del Pd, condividono le nomine dei vertici del Trivulzio) invece di cercare di far luce su una vicenda molto, molto oscura.

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