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11 Maggio, 2020

La Strage dei “Vecchi”

RedazioneRedazione
La gestione delle RSA durante l'emergenza COVID, ha evidenziato criticità che non possiamo più trascurare

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“Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno”.

Marco Tullio Cicerone

 

In Europa, da alcuni decenni, si registra il progressivo invecchiamento della popolazione, trend  ancora più evidente in Italia, con la popolazione più vecchia d’Europa. Secondo i dati Eurostat del  2019 su un totale di circa 60 milioni di abitanti 14 milioni sono nella fascia over 65, di questi la metà (7 milioni) sono over 75. Le previsioni indicano un ulteriore incremento dell’incidenza degli over 65 sulla popolazione totale del 24% nel 2026 e del 29% nel 2036.

Da un lato il significativo calo delle nascite, dall’altro l’aumento dell’aspettativa di vita dovuta ad una maggiore consapevolezza sugli stili di vita, sono tra le cause principali dell’aumento dell’età media della popolazione. In una società sempre in movimento, come la nostra, i nuclei familiari sono assorbiti completamenteda dalle più svariate attività. Ludiche o meno, poco importa, siamo tutti sommersi di cose da fare: studio lavoro, incombenze familiari, sport, salute… In questa impegnativa mole di attività quotidiane  gli anziani  spesso  fanno la loro parte, sia a livello pratico che economico. Sovente rappresentando un vero “salvagente” per i nuclei familiari.

Il nucleo familiare è in difficoltà

Purtroppo la composizione familiare tipica sta cambiando molto rapidamente, sono sempre più le famiglie  mononucleari, sempre più frequenti gli spostamenti per ragioni di lavoro in altre città. Questo comporta spesso la conseguente riduzione delle potenzialità di assistenza all’interno dei nuclei famigliari stessi. Così, emerge la necessità, accompagnata da non poca sofferenza, di affidare gli anziani a cure diverse da quelle erogate della famiglia di origine. Spesso la scelta di affidare i nostri cari a strutture specializzate come le Residenze Sanitarie per Anziani (RSA), seppure dolorosa, può diventare inderogabile, come in quei casi in cui vi siano patologie che rendono la gestione domestica impossibile.

L’Italia conta circa 4.000 RSA per circa 200.000 posti letto. E tutte le previsioni sono orientate verso  significative aspettative di crescita.  Le RSA sono un affare da centinaia di milioni di euro, basti pensare che sono  spesso gestite da giganti della nostra economia, come Kos group, parte del gruppo De Benedetti,  o il gruppo San Raffaele che fa capo ad Antonio Angelucci.

Le morti nelle RSA: un caso europeo

La questione delle morti nelle Rsa ha coinvolto tutta Europa,  Il 23 aprile il direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Europa, Hans Kluge, ha annunciato in una conferenza stampa che «quasi metà delle persone morte per Covid-19 in Europa era residente in RSA». Terribile vero? Ma rimanendo nei confini del bel paese il caso più emblematico riguarda la provincia di Bergamo, città che è diventata il simbolo di questa strage. Le foto delle bare portate via dall’esercito hanno colpito il cuore di tutti gli italiani. Sono 1.998 i morti nelle 65 Rsa bergamasche dall’1 gennaio al 29 Aprile 1.322 in più rispetto allo stesso periodo del 2019 e non sarà facile ricostruire i numeri con esattezza, come ormai appare evidente.

Il Coronavirus si è abbattuto come uno tsunami  su un sistema sanitario indebolito dai continui tagli, e da decenni di decisioni politiche che alla luce dei fatti si sono rivelate dissennate.  Il contagio maggiore è avvenuto proprio laddove l’anziano avrebbe dovuto essere maggiormente protetto, quelle strutture cui i familiari avevano affidato i propri cari. Sembrerebbe che al disastro, abbiano contribuito un mix di fattori, di certo il primo riguarda l’età media dei degenti, ma come poteva essere diverso! Così come i ritardi nell’approvvigionamento dei Dispositivi di Protezione Individuali.

L’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale

Se non per specifiche mansioni, l’operatore-tipo delle case di cura non usa guanti o mascherine, è una persona formata per far sentire l’anziano come fosse a casa. Le RSA sono delle vere comunità di vita e non solo di assistenza, che cercano di assicurare il massimo confort ai degenti. Non poco clamore ha suscitato la divergenza di vedute tra il Dottor Luigi Bergamaschini, un geriatra che insegna all’università Statale di Milano e collabora col Trivulzio e la dirigenza della struttura. Questi aveva autorizzato l’uso delle mascherine agli operatori del suo reparto, ed una settimana dopo il dott. Bergamaschini è stato sospeso dal suo incarico. Il Pio Albergo Trivulzio ha dichiarato che la sospensione era dovuta ad una forma di tutela nei suoi riguardi, avendo Bergamaschini raggiunto i 70 anni.

Il Pio Albergo Trivulzio ha successivamente chiarito che si è sempre attenuto rigorosamente alle disposizioni delle Autorità sanitarie (OMS, Istituto Superiore di Sanità e Regione Lombardia) per quanto riguarda l’uso dei dispositivi di protezione individuale, così come sui tamponi oro-faringei ha seguito le disposizioni della Regione Lombardia e dell’Agenzia di Tutela della Salute.

Un epilogo che si sarebbe potuto evitare!

A questo punto viene da chiedersi quanto le delibere adottate dalle giunte regionali, sono state adeguate alla situazione che si andava creando. Alla luce di quanto è successo si tratta di decisioni  quantomeno discutibili sulla gestione delle RSA. Riflettendo a mente fredda, non era neanche tanto difficile immaginare un epilogo così tragico, purtroppo.

In particolare  si è discusso molto sulla delibera del giorno 8 Marzo della Regione Lombardia, la delibera XI/2906 dove si legge: “A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti, occorre mettere a disposizione del Sistema Regionale i posti letto delle “Cure extra ospedaliere” (subacuti, postacuti, riabilitazione specialistica sanitaria (in particolare pneumologica), cure intermedie intensive e estensive, posti letto in RSA, Insomma è stato chiesto alle ATS ( le aziende territoriali della sanità), di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani strutture autonome per assistere pazienti Covid-19 a bassa intensità.

Lo stupore degli operatori delle RSA

A seguito di questa delibera Luca Degani presidente di Uneba, l’associazione di categoria che mette insieme circa 400 case di riposo lombarde, ha dichiarato al Quotidiano del Sud: «Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid 19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio: quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle».

Sembrerebbe  dunque di essere giunti al paradosso che, mentre le RSA provavano a vietare ogni contatto con i parenti dei degenti per non fare entrare il Coronavirus nelle strutture, la Regione Lombardia chiedeva di aprire le porte proprio ai pazienti infetti. Dal canto suo, la posizione della Regione Lombardia, espressa tramite le parole dell’assessore al Welfare Giulio Gallera  “Non c’è stata alcuna contaminazione” da parte dei pazienti trasferiti dagli ospedali nelle RSA.”, specificando che i pazienti trasferiti sono stati collocati solo in case di riposo che avevano “strutture separate” annunciando tra l’altro l’istituzione di una commissione  indipendente per  restituire  risultati trasparenti su quanto accaduto.

Quanto siano stati eticamente corretti questi comportamenti lo lascio alla valutazione di ognuno di voi, in ogni caso si tratta di episodi che dovranno farci riflettere sul modello di società che stiamo costruendo. Dovremo interrogarci se è davvero accettabile che un paese civile possa dimenticare o esporre a rischi così concreti soggetti tra i più deboli come gli anziani.

“Ognuno vale quanto le cose a cui da importanza.”

Marco Aurelio

Un futuro consapevole

In Italia, nei prossimi anni la domanda di questo tipo di servizi socio-sanitari è destinato ad aumentare considerevolmente.  Dovremo avere il coraggio di mettere il tema della vecchiaia e l’invecchiamento della società tra le nostre priorità. Gli anziani sono e saranno sempre una ricchezza, sono la memoria, sono le  radici.  Rappresentano la coscienza storica dei passi compiuti, degli errori commessi, i successi… sono la cultura, la coscienza.

Sui social gira il discorso di una anziana centenaria che mi ha molto colpito quando dice: “Non mi ha ucciso il virus, mi ucciderà la solitudine“.  Sempre più  persone  invecchiano da  sole, senza  legami parentali. Bisogna costruire la certezza di poter garantire ai nostri anziani la migliore assistenza in considerazione delle circostanze, e cercare paradigmi nuovi. Gli spunti non mancano. In Molise, per esempio,  in un borgo che come tanti altri soffriva lo spopolamento, il borgo di Riccia hanno lanciato il progetto: “Il Borgo del Benessere” un vero albergo diffuso,  specializzato nell’ospitalità parasanitaria che associa attività di assistenza e di cura degli anziani, in un luogo ameno

L’importanza del tema trattato è reso poeticamente da questa poesia di Jacques Brel

I vecchi

I vecchi non parlano più
oppure solo, a volte, dal fondo degli occhi,
anche ricchi, sono poveri
non hanno più illusioni
hanno un solo cuore per due.
Da loro, c´è un odore di pulito, di antica lavanda:
anche a vivere a Parigi
si vive tutti in provincia
quando si vive troppo a lungo.
Ed è per aver troppo riso che la loro voce si incrina
quando parlano di ieri
è per aver troppo pianto
che le lacrime imperlano le loro palpebre.
E se tremano un po´
è di veder invecchiare
la pendola d´argento
che ronza nel salotto
che dice sì che dice no
che dice: Io vi aspetto.
I vecchi non sognano più
il loro libro è chiuso
il loro piano è muto.
Il gatto di casa è morto
il moscato della domenica
non li fa più cantare.
I vecchi non si muovono più
i loro gesti hanno troppe rughe
il loro mondo è troppo piccolo
dal letto alla finestra
poi dal letto alla poltrona
poi dal letto al letto.
E se escono ancora
l´uno a braccetto dell´altra
nei loro vestiti rigidi
è per seguire al sole
il funerale di uno più vecchio
il funerale di una più brutta.
Il tempo di un singhiozzo
e dimenticare per un´ora
la pendola d´argento
che ronza nel salone
che dice sì che dice no
che dice che li aspetta.
i vecchi non muoiono
si addormentano un giorno
e dormono troppo a lungo
si tengono la mano, hanno paura di perdersi
e tuttavia si perdono.
E l´altro resta là
il migliore o il peggiore
il dolce o il severo
– questo non importa,
quello dei due che resta
si ritrova all´inferno.
Lo vedrete forse, la vedrete qualche volta
nella pioggia e nel dolore
attraversarvi la strada, scusandosi magari
di non essere più lontano
e fuggire davanti a voi un´ultima volta
la pendola d´argento
che ronza nel salotto
che dice sì che dice no
che poi dice loro: Io ti aspetto.
Che ronza nel salotto
che dice sì che dice no
che poi dice che ci aspetta.

3 commenti

  • Giovanni caro , complimenti per la tua analisi umanistica del problema . La fluidità dell’analisi dovrebbe essere d’esempio per la scellerata classe politica-tecnocratica che sta ancora nascondendo l’abominio da loro compiuto nei confronti dei più deboli che , tra l’altro hanno amato e sofferto per amor patrio . A presto

  • Complimenti

  • Bell’articolo, interessante e con un buon approfondimento. Non conoscevo la poesia di Brel anche se ci sarebbe stata molto bene il testo della canzone di Claudio Baglioni “I vecchi”

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