Hyosciamus e il delirio d’autunno

17 Giugno, 2022
Tempo di lettura: 2 minuti

“Mi dispiace di non aver agito nel momento giusto” dissi.

“Non c’è mai stato un momento giusto, non possiamo farci nulla“ rispose lei.

Pausa sospesa.

Poi battei la mano sul montante del taxi così facendo cenno all’autista di partire. Mentre l’auto lentamente si muoveva vidi che lei portò le sue dita smaltate di rosso alle labbra altrettanto rosse, quasi livide.

Piove a diluvio e da dentro la cabina telefonica la chiamo l’ultima volta . “Chi è cara?”, si sente una voce maschile, “hanno sbagliato”, dice lei. Poi esco dalla cabina. Esco nella pioggia violenta, per pochi passi verso la sua grande finestra, lei si intravede al dì là dei vetri, immobile nella sua vestaglia scollata color argento.

Mi fissa nella nostalgia del suo sguardo, un attimo eterno, poi richiude le tende pesanti per scomparire per sempre ai miei occhi, ma non nel mio cuore.

Sono un libraio, o meglio un collezionista di libri antichi, sempre a caccia di rarità, e di odori di pagine vissute, di copertine scure dai titoli sbiaditi di autori incerti. Vivo a Londra da anni, qui le mie ricerche hanno avuto grande fortuna insieme a guadagni a volte ingentissimi. Ma la mia fortuna corrisponde alla sfortuna nei miei amori. Prima una, un figlio, poi un’altra, poi un altra, un altro figlio di colore, infine lei, l’ultima, appena sposa e incontrata e perduta perché in attesa.

Cari lettori, non voglio intristirvi nel mio racconto, voglio solo partecipare con voi ai miei accadimenti, con animo sereno e dallo sguardo distratto, cercando una risposta al mio essere così ondivago, ragazzo, bevitore, serio alla bisogna, matto all’improvviso. 

So essere pioggia e vento, sole e nuvole, crepuscolo e aurora, in cerca di un centro nel decentro, per poi calmarmi e per poi ripartire senza il tempo di inghiottire saliva.

Sarà stato il caso, il destino, o tutto era già scritto? 

Acquistai da certi eredi una collezione di libri di Omeopatia fine ‘900, una decina, alcuni inglesi altri tedeschi. Uno mi rimase tra le mani come incollato, copertina seria, caratteri dorati, ed ecco il suo autore e titolo: Edward C. Whitmont, “Omeopatia e Psicanalisi”.  Leggo sempre, e più che posso, non uso occhiali ma una lente di ingrandimento, ma a volte sfoglio soltanto è vero, leggo la prima e l’ultima pagina, non ho molto tempo. Ma questo testo l’ho avvertito decisivo, importante, chiaro nella sua essenza, e quindi mio, dirompente, salvifico. L’ho letto di un fiato, pagina a pagina, lettera a lettera, nel mio studio illuminato dalla solita verde opale lampada Churchill. 

Stremato dopo due giorni in delirio mi soffermo, sul farmaco Hyosciamus niger. Due giorni di tremori, tic, sudorazioni, formicolii, irrequietezza, ossessioni. Tutto passato, tutto finito, ora. 

E ora, esausto e finalmente rilassato mi concedo, “di sapore”, un ricordo di lei, di una notte piovosa di un tardo autunno.

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