Carissimo dottore, sono le cinque del pomeriggio e io, Ignacio Ramon Da Silva ancora una volta mi appresto a entrare nello stadio dove parteciperò alla corrida, una delle tante da quando vivo in Spagna.
Così scrisse il grande poeta Federico García Lorca: Un cancello di calce già impedito, alle cinque del pomeriggio. Il resto era morte e solo morte, alle cinque del pomeriggio.
Vincerò ancora o, forse, questa volta, perderò e la folla continuerà a osannarmi o mi deriderà, ma poco importa: la vita molte volte mi ha ferito e le ferite hanno creato intorno a me un muro psicologico di insensibilità. In questo momento, caro dottore, mi ritornano alla mente le parole dette da lei alla fine della visita:
– Ignacio, tu metti in pericolo la tua vita nella corrida per combattere l’immagine di un padre, Lothar il Rosso, che se n’è andato appena sei nato e di Iris la madre che non ti ha mai amato. Questo ti ha reso introverso ed eccessivamente serio oltre che riluttante a parlare del tuo dolore covato in profondità.-
Infatti, fin da piccolo, io ero molto più maturo rispetto a quelli della mia età e, nonostante un grande bisogno di affetto, restavo per ore e ore a ruminare sui miei dispiaceri e sui torti ricevuti, incapace di chiedere aiuto. Soffrivo e deperivo in silenzio, finché l’amico Olindo mi consigliò di lasciare la campagna romagnola, dov’ero nato, per cercare di stare meglio respirando l’aria di mare. Lui, da buon contadino, non poteva sapere che, a quelli come me, il mare, molto ricco di iodio, non fa bene. Infatti divenni più ansioso e insonne, mi venne pure l’eritema solare e iniziai a soffrire di herpes intorno alla bocca.
Tuttavia, un giorno, la mia vita cambiò, quando in spiaggia incontrai Stella, spagnola bella e procace, di cui mi innamorai perdutamente. Per lei abbandonai la mia terra e venni a vivere in Spagna. Purtroppo la relazione non durò. Ben presto il mio brutto carattere tornò a emergere e a fare danni. Io affrontavo ogni avvenimento con troppa serietà e questo mi comportava di essere facilmente ferito nei sentimenti, di non dimenticare il minimo torto, di arrabbiarmi per le critiche più veniali. Ben presto tornai a essere taciturno, introverso, sfuggente.
Quando Stella mi lasciò, divenni ferocemente isterico, al punto che distrussi tutto quello che incontravo. Mi trovai randagio e solo a elemosinare un po’ di cibo. Mi salvò Manolo il picador che, impressionato dalla mia forza fisica, mi portò a esibirmi nelle corride.
Scrive ancora il poeta: Quando arrivava il sudore della neve, alle cinque del pomeriggio, quando la piazza era coperta di iodio, alle cinque del pomeriggio, La morte ha deposto le uova nella ferita, alle cinque del pomeriggio.
Lo so, caro dottore, che questo sarebbe il momento giusto per prendere Natrum muriaticum, il rimedio omeopatico che lei mi ha prescritto per risolvere i miei problemi, tuttavia ancora una volta voglio fare di testa mia: entrerò in quella corrida senza avere preso nulla e vedremo quello che accadrà.
Prima di salutarla, però, le voglio fare un’ultima confessione: il mio vero nome non è Ignacio Ramon Da Silva, bensì Sorbetto. Lo so, fa ridere. Infatti da piccolo tutti mi prendevano in giro:
– Ehi tu, che tipo di sorbetto sei? Al limone, al caffè, o alla menta?
Tra tanti nomi che potevano darmi, come Iron, Strong, Prince, Zar , Cesare, Romeo, Spartacus, Tarzan, a me fu dato quello di Sorbetto. Quindi sarebbe da sciocchi presentare un essere come me, di 600 chili, pronto a esibirsi nella corrida, con il ridicolo nome di Sorbetto, le pare? Si rischierebbe di tramutare la corrida in una gelateria.
Ma ora è giunto il momento della verità. La poesia racconta: Una bara con ruote è il letto, alle cinque del pomeriggio. Ossa e flauti suonano nell’orecchio alle cinque del pomeriggio.
Appena entrerò, la folla mi acclamerà, il torero mi si porrà di fronte e mi sventolerà davanti la muleta rossa che mi riporterà alla mente mio padre Lothar, il toro più grosso e rosso di tutta la Romagna. A quel punto il sangue mi andrà alla testa, schiumerò di rabbia e gli andrò contro con tutta la forza che avrò. E la corrida avrà inizio.
Il toro stava già muggindo sulla sua fronte, alle cinque del pomeriggio. La stanza era iridescente con agonia, alle cinque del pomeriggio.








