La balbuzie è un’alterazione della coordinazione del linguaggio: il flusso verbale è interrotto o da un’involontaria ripetizione o da un prolungamento o da uno stop nell’emissione delle sillabe.
La balbuzie può essere TONICA: il paziente non riesce a passare al suono successivo, più o meno accompagnato da movimenti vari (sincinesie); oppure CLONICA: il paziente fa multiple ripetizioni di un fonema prima di passare al successivo.
Si distinguono una balbuzie precoce (2-6 anni) e una tardiva (oltre i 7 anni).
A volte capita che, quando il bimbo inizia a parlare, abbia fretta di dire, di esprimersi, con sovraffollamento di pensieri che non permettono un fluido eloquio. Questa balbuzie precoce è in genere transitoria e detta anche fisiologica. In breve tempo, se supportata da genitori e dall’ambiente paziente che lo invitino al respiro e alle pause, se ne va. A volte la fisiologica permane più a lungo tra up e down, legati a emozioni, stanchezza o debilitazione fisica. I bambini spesso non se ne accorgono neppure.
Quella tardiva si associa invece a labilità emotiva più importante e può essere accompagnata anche da sintomi respiratori o motori o neurovegetativi in genere. La performance verbale a scuola, le aspettative ambientali e quelle personali accentuano il problema.
Le emozioni in genere bloccano il linguaggio, eccetto la collera che lo sblocca. La collera riduce l’ansia per il feedback negativo e libera la parola.
Nella famiglia del balbuziente si possono trovare casi di balbuzie o disturbi aspecifici del linguaggio, come ritardi.
Nel bambino si possono associare mancinismo contrastato (ora più difficile per fortuna), dislessia in senso lato. Soprattutto è chiamata in causa un’incoordinazione dei movimenti respiratori e fonatori che, in condizioni fisiologiche, permettono l’emissione della parola. Quindi una “distonia” inserita in un paziente molto emotivo, dove il problema si focalizza nella sfera psico-affettiva: balbuzie come sintomo di una comunicazione difficile.
Si riporta la balbuzie come a un problema di separazione/individuazione. Incapacità di usare un linguaggio fluido e socializzante, dipendenza dalla madre molto rigida e onnipresente risuonano nel tema del “vorrei andare, ma non posso, non ci riesco” da cui rabbia, frustrazione e svalorizzazione. La figura paterna sembra essere più in ombra nella relazione, ma spesso idealizzata.
La gravità del quadro dipende molto anche da come il bambino in primis vive la balbuzie e di conseguenza l’ambiente circostante.
Il risultato di questa situazione globale è: tensione aumentata dovuta alle difficoltà espressive; evitamento e non spontaneità del linguaggio; incapacità di sfruttare i normali mezzi per superare incertezze verbali (pause, esclamazioni…) perché c’è molta rigidità, rifiuto di aiuto di altri o fingere di non avere il problema, come meccanismo di autodifesa.
Terapia e cura della balbuzie
Ecco quindi dove bisogna agire. Rilassamento terapeutico, training autogeno, yoga, presa di coscienza del conflitto, tecniche di respirazione.
Sotto i sei anni una terapia madre/bambino può aiutare nella crescita affettivo- emotiva.
In età più avanzata sarà il paziente a scegliere il suo percorso più adatto. Ricordo un adolescente, accompagnato dalla madre, a dir poco ossessionata dalla balbuzie del figlio, che addirittura non riusciva a finire un breve discorso e che negava l’esistenza del problema. In questi casi, sembra impossibile o per lo meno arduo riuscire a trovare una breccia. Molte volte è poi il paziente che nella crescita riesce a convivere e a trovare delle soluzioni personali.
Sul piano terapeutico pratico, interessante è la rieducazione ritmica. Un giorno del secolo scorso…anni 90’… mi volle incontrare un ragazzo giovane, ex grave balbuziente che aveva approntato un metodo e un programma progressivo che poi ha trovato spazio e consenso in tutta Italia. Utilizzava un diapason che teneva in tasca e maneggiava. Il ritmo era scandito dandogli le sue pause respiratorie e di fonazione. Devo dire che non sembrava balbuziente, il colloquio era fluido, forse un po’ meccanico, col senno del poi. Ma penso che con la sua creatività abbia aiutato tante persone. So anche che suoi ex collaboratori hanno assestato e portato avanti il suo progetto. Certo, bisogna essere convinti e intraprendere la strada che non è certo facile.
D’altro canto è noto che il gioco libero, il cantare e il recitare attenuano e/o bloccano la balbuzie, come tanti artisti hanno raccontato della loro vita. Certo sono meccanismi “rilassanti” con tecniche di respiro appropriate. Mentre scrivo, mi viene da considerare anche l’aspetto dell’attore: l’immedesimarsi in un altro personaggio è probabile che faccia superare i suoi conflitti personali vivendoli in altro modo o proiettandoli sul protagonista.
Dal lato farmacologico, non ci sono farmaci allopatici risolutivi della balbuzie, ma solo sintomatici.
A questo punto, molto meglio sicuramente controllare sintomaticamente ansia ed emotività con fitoterapia o floriterapia di Bach o simili.
L’Omeopatia come prima scelta nei casi di balbuzie
Anche qui, come nei tics, una scelta omeopatica, secondo scienza e coscienza, sarà d’ausilio, di miglioramento certo e di possibile risoluzione.
Tra i rimedi che vengono classicamente riportati per la balbuzie (Phatak, concise repertory e altri) possiamo ricordare questi: tra le piante Belladonna, Stramonium, Hyosciamus, Spigelia, Nux vomica, Gelsemium, Lycopodium, Bryonia; tra i funghi: Agaricus e Bovista; tra i minerali: Mercurius, Kali bromatum, Causticum; tra gli animali: Lac caninum.
In effetti, guardando questi rimedi direi che rabbia, ansia e paura li accomunano molto.
L’azione del rimedio omeopatico è sul bambino nella sua totalità; perciò, l’omeopata esperto farà la sua scelta in base al paziente. Ritengo che l’Omeopatia sia uno dei più facili approcci per un balbuziente, permettendo al medico di lavorare sull’essenza del paziente, andando nel profondo in modo soft, graduale e armonico.
Comunque non bisogna trascurare la considerazione e la conseguente azione anche sull‘ambiente allargato (famiglia, scuola, sport, hobby…) dove qualsiasi bambino e, a maggior ragione, il bambino con problemi sia emotivi sia di altro genere, deve trovare supporto e guida per una sua futura sana dimensione, non una competizione malsana o carica di aggressività.