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30 Maggio, 2023

Quando ricorrere al trattamento omeopatico?

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Chi conosce i benefici del trattamento omeopatico sa che la risposta più coerente è SEMPRE.

Chi non ne conosce i benefici tende a pensare che per ogni esigenza sia più adatta una forma di trattamento diversa e che, facendo questa scelta, si possa ottenere la guarigione in modo più adatto a ogni persona, cioè personalizzato.

I motivi per ragionare in questo modo dipendono dal senso di guarigione e dall’esperienza di guarigione che si applica, sia che si consideri o meno il senso della totalità dell’organismo umano nella sua espressione univoca, sia nella salute che nella malattia.

Nel primo caso, il motivo per cui si dice che si dovrebbe sempre ricorrere al trattamento omeopatico in qualsiasi circostanza o condizione e anche in un incidente chiaramente meccanico o in una situazione in cui l’atto chirurgico è fondamentale, è che il rimedio omeopatico o Simillimum innescherà la reazione di guarigione dall’interno del malato e stimolerà la sua Forza Vitale nel miglior modo possibile in modo dolce, rapido e permanente, riorganizzando la sua Forza Vitale nel miglior modo possibile, riorganizzerà la totalità fisica e morale del paziente e permetterà, anche in un caso in cui l’intervento chirurgico è prioritario, all’organismo del paziente di rispondere al meglio, pur nelle circostanze di sofferenza.

Un brutto incidente

Marguerite è una donna di 50 anni. Dopo una forte arrabbiatura con la figlia, è sopraffatta dalla situazione familiare. La situazione familiare la travolge e non riesce più a sopportarla. È disorientata da ciò che sta vivendo con la figlia e sconcertata dalla mancanza di comprensione, desolata e sconcertata al punto da voler uscire di casa, ma non riesce a gestire la situazione in questo brutta circostanza.

In questo stato è uscita in strada e, talmente sconvolta, si è slogata una caviglia ed è caduta. Ha riportato una frattura multipla scomposta e molto traumatica della caviglia e del piede sinistro.

Nell’anatomia umana, la caviglia è l’articolazione in cui si uniscono il piede e la gamba. È composta da tre ossa: il perone, la tibia che appartengono alla gamba e l’astragalo che fa parte del piede. La tibia e il perone insieme formano una mortasa o cupola articolare alla base della tibia, sulla quale si inserisce la troclea o puleggia dell’astragalo.

Se ho qualche sintomo alla caviglia, significa necessariamente che provo inflessibilità e senso di colpa per le decisioni che prendo o per il disordine che sto creando nella mia vita.

Qualsiasi danno alla caviglia mi dice che devo interrompere ciò che sto facendo giorno per giorno e analizzare ciò che voglio veramente fare. Quello che ho fatto finora, o che sto facendo in questo momento, non è quello che voglio. Forse ho preso una decisione sbagliata o non ho preso alcuna decisione concreta.

Inconsciamente mi chiedo:

  • Non sto prendendo la strada giusta.
  • Non è giusto quello che sto facendo.
  • Questa vita o queste attività non sono ciò che voglio”.

Le caviglie rappresentano, in modo importante, la flessibilità che ho per prendere nuove direzioni in futuro.

Le caviglie slogate sono sempre legate a una situazione “momentanea” a cui non posso resistere, che mi fa sentire incerta e a cui devo essere più flessibile. Ma provo rabbia e resistenza. Non voglio andare in una certa direzione della vita.

Le distorsioni alla caviglia sono sempre legate a una situazione in cui mi trovo da molto tempo e che non mi piace affatto. Devo porre fine a ciò che sto facendo.

– “Non è giusto quello che sto facendo. Mi sta uccidendo quello che sto facendo”.

Margarita rappresenta molto bene quello che stiamo dicendo e infatti dopo l’operazione le è rimasto un dolore anteriore del legamento laterale esterno, dove si accumulano “rancori, ingiustizie, vergogna, rabbia repressa” e del legamento laterale interno, dove si accumulano le “questioni legate ai figli”.  Inoltre, è accompagnato dal dolore posteriore dove si concentra la “minaccia all’interno del territorio”.

E, appunto, il problema della lite è che la figlia non voleva avere i genitori in casa perché non voleva che criticassero il suo comportamento dissoluto e dopo una terribile discussione li aveva cacciati.

In questo caso è ovvio che la prima emergenza è stata l’operazione molto complicata per la caviglia rotta di Margarita. In questo periodo, i rimedi omeopatici che dovevano sostituire antidolorifici, antinfiammatori, antibiotici, antipiretici ecc. …. riuscirono a essere efficaci e rapidi e persino a favorire la formazione del callo osseo in una frattura così difficile, e allo stesso tempo a calmare gli animi di Margarita di fronte al trauma fisico e al grande trauma morale e affettivo.

Non c’è dubbio che sia stato e sia tuttora necessario integrare il trattamento con terapie come la fisioterapia, l’osteopatia e vari esercizi adeguati al recupero, ma i rimedi omeopatici che il suo organismo ha richiesto in ogni momento attraverso i vari e mutevoli sintomi della situazione hanno permesso una risposta ottimale, anche secondo il chirurgo e il fisioterapista.

Queste forme di trattamento sono realmente complementari e necessarie da un punto di vista “igienico”. Ma l’esperienza dimostra che sono poco utili quando l’organismo del paziente “non risponde”.

Si capisce quindi che tutto è necessario, ma ogni trattamento ha il suo posto, il suo momento, la sua forma e la sua capacità curativa; quindi, è importante capire cosa è centrale e cosa è casuale, anche se tutto è necessario.

Nel secondo caso, il criterio è quello di scegliere un trattamento “ad hoc” in base all’alterazione funzionale o alla lesione dell’organismo. In altre parole, senza tenere conto di quella totalità che è inseparabile dall’espressione dell’essere umano e che comprende tutte le forme di sofferenza. O perché non la si valorizza, o perché non la si conosce, o perché se ne è persa l’idea e non sembra necessario leggere la persona nella sua interezza per trattare un dolore localizzato in alcune parti, si otterranno risultati molto scarsi e limitati rispetto a quelli che si possono ottenere trattando il paziente con l’Omeopatia.

Senza dubbio molte discipline possono essere applicate al nostro caso. Per esempio, si possono fare Riconnessione, Aura Soma, Reiki, Visualizzazioni, Yu Ki, favorendo così l’armonizzazione e potenziando la risposta della Forza Vitale non trasferibile di ogni singola persona.

C’è però un dettaglio estremamente interessante, confermato dall’esperienza clinica e sottolineato da Hahnemann già nella sua introduzione all’Organon della Medicina (Scienza e Arte della Guarigione). Questo particolare è che la Forza Vitale, da sola, è in grado, fondamentalmente, di preservare l’armonia dell’organismo in uno stato di salute, ma non è in grado di curare e riarmonizzare l’organismo in uno stato di vera malattia.

È necessario uno stimolo specifico e totalmente individuale per ogni paziente, affinché la struttura dinamica si attivi in modo che questo organismo possa davvero recuperare la sua capacità psicobiologica disorganizzata e tornare allo stato di salute che gli appartiene.

Quello che ai nostri giorni è stato chiamato “effetto rebound” e che, sebbene nella scienza ufficiale non si sappia bene come si produca e tanto meno perché, nella scienza omeopatica costituisce il centro dell’azione terapeutica e la modalità unica e irripetibile dell’azione curativa del rimedio.

Margarita ha fatto di tutto, Fisioterapia, Idroterapia, Fisioterapia, Mindfulness… e senza sapere nulla dell’Omeopatia, ha riconosciuto che tutto il nodo era sceso e aveva ripreso colore da quando aveva assunto i misteriosi rimedi omeopatici, oltre a ritrovarsi oggi, con l’enorme conflitto con la figlia irrisolto e sempre più violento, ma senza tutto il rancore che aveva accumulato in tutto questo tempo fino al trattamento omeopatico, che ancora non sa in cosa consista. Ne conferma solo gli incomprensibili effetti benefici.

Tutto ciò dimostra e sostiene che l’Omeopatia non agisce per suggestione e, inoltre, dimostra e sostiene quel SEMPRE che abbiamo affermato nelle prime righe di questa riflessione.