Thomas Kuhn è stato un importante intellettuale statunitense (1922-1996), capace di rendere fluidi i confini dei suoi campi di ricerca, che vanno dalla storia alle scienze alla filosofia. Come storico della scienza ha scritto un libro sulla complessità della rivoluzione copernicana, come epistemologo ha delineato una teoria della struttura delle rivoluzioni scientifiche.
Storia della scienza
Scrive Kuhn nella prefazione al suo La rivoluzione copernicana. L’astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale: “I concetti scientifici sono idee e, come tali, sono soggetto della storia del pensiero. Raramente sono stati esaminati in questa prospettiva, ma soltanto perché pochi storici avevano ricevuto la preparazione tecnica necessaria per potersi occupare di soggetti di carattere scientifico”. Un invito ad un’alleanza tra discipline umanistiche e scientifiche, che richieda agli storici delle idee anche una certa competenza sui temi scientifici.
Copernico seppe essere al tempo stesso il culmine di una tradizione antica, quella aristotelica di un universo a due sfere, ed il punto di partenza di una nuova tradizione astronomica e cosmologica, quella della scienza moderna di Keplero, Galilei, Newton; dove non solo si passava dal geocentrismo all’eliocentrismo, ma si ponevano le basi per pensare l’universo come infinito e corpuscolare. “Il risultato fu una nuova concezione teorica dell’universo che avrebbe sicuramente scandalizzato tanto Copernico quanto Keplero”.
“La costruzione della macchina corpuscolare del mondo ideata da Newton completa la rivoluzione concettuale che Copernico aveva iniziata un secolo e mezzo prima”. E d’altronde: “sebbene più efficace degli universi precedenti, l’universo newtoniano non si sta dimostrando più definitivo degli altri. Né la sua storia, considerata come uno dei tanti capitoli dello sviluppo del pensiero umano, è molto diversa da quella dell’Universo a Terra centrale che Copernico e Newton hanno demolito”. Lo storico della scienza passa la parola all’epistemologo.
La struttura delle Rivoluzioni scientifiche
“L’osservazione e l’esperienza possono e debbono limitare drasticamente l’ambito delle credenze scientifiche ammissibili, altrimenti non vi sarebbe scienza; ma non sono in grado, da sole, di determinare un particolare insieme di tali credenze. Un elemento arbitrario, composto di accidentalità storiche e personali, è sempre presente, come elemento costitutivo, nelle convinzioni manifestate da una data comunità scientifica in un dato momento.” Ci sono momenti della storia in cui differenti teorie ma tutte ugualmente rispondenti a criteri di scientificità, si contendono la supremazia della loro rispettiva visione del mondo.
“La scienza normale, l’attività nella quale la maggior parte degli scienziati spendono inevitabilmente quasi tutto il loro tempo, è affermata sulla base della assunzione che la comunità scientifica sa che cosa è il mondo.” Ci sono però dei momenti di rivoluzione, in cui i paradigmi della comunità scientifica vengono ridisegnati, in cui in una qualche maniera si fa strada, dal punto di vista della scienza, una nuova visione del mondo. “Ogni rivoluzione scientifica ha trasformato la immaginazione scientifica in un modo che dovremo descrivere in ultima istanza come una trasformazione del mondo entro il quale veniva fatto il lavoro scientifico.”
Dunque la scienza normale unisce la comunità scientifica entro un paradigma, cioè un insieme di risultati condivisi ed altresì in grado di legittimare l’ambito di nuove ricerche. Le trasformazioni di paradigmi costituiscono rivoluzioni scientifiche.
Il paradigma svolge una funzione normativa, ma anche utilmente orientativa. “In assenza di un paradigma o di un qualcosa che possa aspirare a diventare tale, può succedere che tutti i fatti che in qualche modo possono interessare lo sviluppo di una data scienza sembrino egualmente rilevanti.”
All’interno di un paradigma ci sono regole, procedure, orizzonti di ricerca, problemi più o meno difficili da risolvere, anomalie che potrebbero mettere in crisi il paradigma stesso. Ma la prima reazione della comunità scientifica è conservativa e normalizzatrice, cerca di adattare la teoria ad eventuali incongruenze che possano emergere. “Tuttavia, la ricerca scientifica mette in luce ripetutamente fenomeni nuovi e insospettati, e continuamente teorie radicalmente nuove sono state escogitate dagli scienziati.” “Allora la ricerca governata da un paradigma deve essere una maniera particolarmente efficace di introdurre cambiamenti di paradigma.” La scienza normale è suscettibile di entrare in uno stato di crisi. Anche la storia della scienza può riscontrare dei momenti rivoluzionari.
“Analogamente alla scelta fra istituzioni politiche contrastanti, la scelta tra paradigmi contrastanti dimostra di essere una scelta tra forme incompatibili di vita sociale.”
Nella storia della scienza c’è anche una sorta di serendipità, nel senso della capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte. O elemento di discontinuità è il genio in particolare di uno scienziato.
Ciò che comunque interessa alla filosofia della scienza è il fatto che “ad un insieme di dati, è sempre possibile sovrapporre più di una costruzione teorica.” Anzi, Kuhn fa riferimento alla Gestalt, che ha mostrato, per esempio, come nella stessa figura si possa riconoscere un’anatra ovvero un coniglio. La scelta dell’una o dell’altra costruzione teorica non è riducibile solamente alla logica o all’esperimento, ma concerne anche gli aspetti sociali e politici della scienza. La storia della scienza è anche sociologia della scienza. Le rivoluzioni scientifiche sono anche mutamenti della concezione del mondo. Cambiando il paradigma, cambia anche il mondo in cui viviamo.
Kuhn vs Popper
Per Kuhn, dunque, ci sono delle esperienze anomale che possono ridefinire l’evidenza condivisa della comunità scientifica. Nella quale evidenza rientra, secondo Kuhn, anche un certo tollerabile scollamento tra i dati osservati e la loro interpretazione. Il principio di demarcazione tra ciò che viene o non viene considerato scientifico non può essere ricondotto alla verificazione, ma neanche alla falsificazione. La tradizione della scienza può resistere ad alcune falsificazioni. Piuttosto la storia della scienza mostra l’instaurarsi ed il consolidarsi di determinati paradigmi, e più raramente, secondo la struttura delle rivoluzioni scientifiche, la crisi di un paradigma e l’insorgere di un nuovo paradigma, cioè di un nuovo contesto di evidenze, regole e procedure entro le quali sarà ridefinito ciò che è verificabile e falsificabile. “Entro il nuovo paradigma, i vecchi termini, concetti ed esperimenti entrano in nuove relazioni tra di loro.” Fino al punto in cui i paradigmi in competizione diventano tra di loro incommensurabili, rendendo necessaria una libera scelta. “Il trasferimento della fiducia da un paradigma ad un altro è un’esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza.”
Come si ottiene una conversione e quali resistenze essa incontra, dipende anche dal fatto che gli scienziati sono esseri umani. Alcune delle ragioni per cui singoli scienziati abbraccino un nuovo paradigma “si trovano completamente al di fuori della sfera della scienza”. Ma ci sono poi delle dinamiche attraverso le quali la comunità scientifica si ricostituisce come gruppo, all’interno del quale l’evidenza di un nuovo paradigma si afferma per la sua capacità di risolvere problemi, ma anche perché “la nuova teoria viene presentata come più elegante, più adatta, o più semplice della vecchia.”
“Vi deve essere qualcosa che dia, almeno a pochi scienziati, la sensazione che la nuova proposta è sulla strada giusta, e talvolta sono semplicemente considerazioni personali o considerazioni estetiche inarticolate che possono avere questo effetto.” Ciò che ha il pregio di rendere il criterio di scientificità adeguatamente duttile e dinamico, pur essendo la comunità scientifica, e intendendo con essa quella che discende dal modello ellenico di conoscenza, rigorosa ed esclusiva. La scienza progredisce, ma dobbiamo forse rinunciare ad intendere questo progresso come un progressivo avvicinamento alla verità. Non c’è una verità scientifica stabilita una volta per tutte. E non esiste un mondo prima di come noi lo conosciamo. Non c’è una meta nel progresso della scienza, un’evoluzione verso ciò che vogliamo conoscere, ma semmai un’evoluzione a partire da ciò che conosciamo. Così come Darwin aveva destrutturato la teleologia dell’evoluzione, l’idea che l’evoluzione avesse uno scopo finale: anche nella storia della scienza l’evoluzione va intesa come un processo di ramificazione, non ascendente verso uno stadio prestabilito finale. “Il risultato del lavoro creativo riuscito è il progresso.”