“Dove sei stato, irraggiungibile al “cell”, dove sei stato ?
Sono le tre del mattino. Guardati, hai l’aspetto sfatto, gli occhi di fuori, ti ho aspettato sveglia questa notte, proprio per vedere quale mostro entrava in casa nostra”.
Peter, si strofina gli occhi vitrei semichiusi, senza vita.
“Non lo so ero con degli amici al solito pub. Una, due birre, forse tre, e poi uno shottino finale di vodka.
Tutto bene stai tranquilla (sbiascico), ora andiamo a letto, domani è sabato”.
Stephane bimbo, 16 mesi, dorme tranquillo da ore, placido e languido nel suo lettuccio colorato di cavallini e apine.
Il clima in qui in Irlanda non dà tregua questo ottobre. Pioggia alternata a freddo umido.
Anni fa ricordo passeggiate mano per mano con Emily, nel parco a ovest, Phoenix Park, verde e fiorito in primavera, ingiallito e già umido alle prime piogge di settembre.
Ora mi rimane il ricordo di quella serenità, di quell’amore giovanile, di quella aria sottile nelle narici, del nostro parlare pacato.
Sì, oggi tutto è diventato più complesso, la nascita del bimbo (e il mio amico Ryan me lo aveva detto), cambia inesorabilmente il rapporto di coppia.
Il sesso, quello che ci faceva rotolare sulle lenzuola sudate, è ridotto al minimo e senza pulsioni.
La cena è solo dedicata al piccolo, ai suoi dolci gridolini, alle sue deliziose scoperte, è bellissimo e lo amo più della mia vita.
Ma tra me ed Emily, non è più come prima. Stanchissima, il tempo di mettere a letto Stephane per poi svenire accanto a lui, e di addormentarsi esausta.
E allora ho ricominciato a uscire quasi tutte le sere, come da ragazzo, indossando un chiodo di pelle nera, e a frequentare il solito pub uscendo da casa, nottetempo come un fantasma, per raggiungere quelle cinque solite facce già gonfie di Guinness. I miei amici.
Non sono lontano. Attraverso il Penny Bridge, prendo a sinistra e arrivo al “Long Hall”, pub finto stile vittoriano.
Sempre affollatissimo, sempre scoppiato da ragazzi euforici, e il venerdì e il sabato si aggiunge un trio musicale folle che aumenta considerevolmente i decibel.
Arrivare al bancone a spintoni per ordinare una pinta di birra è un’impresa che ci vogliono minuti.
Per parlarsi bisogna urlarsi addosso, ma non siamo lì per chiacchiere, siamo lì per stare insieme, per ridere per nulla a smorfie e scolarci grandi boccali.
Sono le tre meno un quarto del mattino, gambe molli, passo da ubriaco, nausea alla stelle. Mi fermo per vomitare,
“Non posso continuare così, da domani cambio vita.”
Giuramento.
“Anche il lavoro ne sta risentendo, il mio negozio di tipografia di alta classe dublinese, langue, e meno ordini si vedono, anzi arrivano a stento, lo devo ammettere.”
Presa di coscienza.
“Bisogna dare una svolta, subito.”
Proponimento.
Sì, cambio vita, la sera rimango a casa, con la mia famiglia, basta alcool, basta boccali schiumati, basta amicizie tossiche”.
Promessa e giuramento solenne finale.
E così avvenne, un miracolo senza santi, ma con aiuto consistente dei miei studi di Omeopatia in gioventù.
Mi basai su l’unica Materia Medica che posseggo, validissima e completa, lo Zissu.
Non feci tutto da solo.
Mi consultai con il mio amico medico omeopata di Roma, che mi seguì pazientemente, padrone della lingua, ci capimmo perfettamente, per mettere insieme una strategia farmacologica omeopatica a pennello per me e per la mie esigenze del caso.
Non patii le pene dell’inferno per la mancanza della Guinness e degli shottini, non ero ancora un alcolista cronico, patii invece la mancanze delle amicizie trentennali, del ridere sguaiato, della sconnessione mente e intelletto che ti fa dimenticare di tutto.
Come nelle belle favole, ora, il cielo di Dublino è tornato al suo posto, la pioggia sottile è quella di sempre, quella che non bagna, gli odori e i colori sono quelli del mio nucleo alcova dove, come luce solare, ci sono il suo sorriso di amata e quello del piccolino, e di notte la pace dell’anima.