Non è più il tempo delle attese, né delle enunciazioni di principio che rimangono lettera morta. Le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno risuonato forti e chiare, rompendo il silenzio su una delle questioni più delicate del nostro welfare. Intervenendo sul tema della terza età, il Capo dello Stato ha richiamato le istituzioni a un dovere preciso: l’attuazione concreta della legge delega per l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Si tratta di un imperativo morale e civile. La legge è stata approvata dal Parlamento ormai due anni fa ed è essenziale che le linee guida in essa contenute non restino sulla carta, ma si trasformino in servizi tangibili per milioni di cittadini che vivono condizioni di fragilità.
Una riforma che non può aspettare
La legge 33 del 2023 era stata salutata come una pietra miliare, necessaria per allineare l’Italia agli standard europei di assistenza e cura. L’intento del legislatore era ambizioso e condivisibile: semplificare l’accesso ai servizi, superare la frammentazione tra assistenza sanitaria e sociale e garantire una presa in carico globale della persona. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale si sta scontrando con la dura realtà dei fatti. I decreti attuativi faticano a trovare piena applicazione e, soprattutto, incombe l’ombra della carenza di fondi strutturali. Sindacati e associazioni di categoria hanno lanciato l’allarme sul rischio che la riforma si traduca in “scatole vuote”, provvedimenti formali privi delle risorse necessarie per incidere sulla vita reale delle famiglie. Anche la sperimentazione della prestazione universale, pur essendo un passo avanti, coinvolge ancora una platea troppo ristretta rispetto all’oceano dei bisogni reali.
Il monito del Quirinale
Mattarella ha ribadito che gli anziani non possono e non devono essere considerati un peso o semplici “beneficiari passivi” di assistenza, ma risorse preziose per la comunità, custodi di memoria e motori di relazioni intergenerazionali. Lasciare la riforma a metà del guado significherebbe tradire un patto sociale fondamentale. Il rischio concreto è quello di abbandonare le fasce più vulnerabili della popolazione e le loro famiglie, che spesso si trovano a dover compensare da sole le mancanze del servizio pubblico. Garantire la dignità degli anziani è la misura della civiltà di un Paese.
Trasformiamo una sfida sistemica in opportunità
I numeri, d’altronde, descrivono un’Italia che invecchia rapidamente. Siamo uno dei Paesi più longevi al mondo, un dato positivo che però si trasforma in emergenza se non viene gestito con lungimiranza. La non autosufficienza è ormai una condizione strutturale che colpisce milioni di persone, riversandosi spesso sulle spalle dei caregiver familiari, prevalentemente donne, costrette a sacrifici lavorativi e personali enormi. A questo si aggiunge il dramma della solitudine e dell’isolamento sociale. Un sistema sanitario che si limita a intervenire solo nella fase acuta della malattia, trascurando la gestione della cronicità e la qualità della vita quotidiana, è un sistema che ha smarrito la sua vocazione universale. Serve un cambio di paradigma che rimetta al centro la persona nella sua interezza.
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