Redazione

Le mani delle multinazionali sulle Residenze per anziani

Un articolo de L'Essenziale solleva il problema delle Rsa, gestite da grandi gruppi privati con finalità diverse dall'interesse generale
30 Aprile, 2023
Tempo di lettura: 2 minuti

Una sanità di prossimità con risorse sempre più scarse, mentre grandi gruppi e fondi immobiliari si espandono nel business delle Rsa. È l’immagine poco rassicurante che emerge da un interessante articolo de L’Essenziale, settimanale di approfondimento di Internazionale dedicato alle vicende italiane. Del resto chi sa un po’ come va il mondo poteva aspettarselo: il giro di denaro delle residenze per anziani è di quelli da leccarsi i baffi per affaristi e investitori. Soprattutto in un Paese come l’Italia, dove una persona su quattro ha più di 65 anni.

Le mani delle multinazionali sulle Residenze per anziani

Con l’invecchiamento generale della popolazione è aumentato in modo più che proporzionale il numero di persone non autosufficienti: 3,8 milioni di italiani hanno gravi difficoltà a svolgere le attività quotidiane. Dove noi vediamo sofferenza e difficoltà, i grandi gruppi della sanità privata e quelli della finanza immobiliare hanno visto già da tempo un’eccezionale opportunità d’investimento. Per questo motivo hanno cominciato a investire già da più di 20 anni in quello che ai loro occhi è un mercato sicuro e con ampi margini di crescita.

Rsa gestite quasi sempre da privati

La maggior parte delle Rsa è gestita da soggetti privati, tra cui enti non profit, aziende private e solo il 23% da enti pubblici. I gestori privati sono accreditati per l’erogazione di prestazioni essenziali del servizio sanitario nazionale, per cui la metà della retta giornaliera di una RSA, chiamata “quota sanitaria”, è a carico delle regioni, mentre la “quota alberghiera” è pagata dai pazienti e dai familiari, con un’eventuale integrazione da parte dei comuni in caso di difficoltà economiche. In altre parole imprese private, per la maggior parte nelle mani di holding con ramificazioni in più continenti, si sostituiscono allo Stato nella somministrazione di servizi di assistenza essenziali, percependo lauti compensi dallo Stato stesso e dai singoli cittadini.

Un modello ingiusto e spersonificante

Questo modello crea macroscopiche distorsioni, in particolar modo nella possibilità di accesso ai servizi sanitari. Gli speculatori, che vedono la sanità solo come business e gli anziani come arance da spremere, non hanno alcuna convenienza a offrire un servizio omogeneo sul territorio nazionale, e ancor meno per reddito. Un sistema che favorisce le diseguaglianze, oltre a proporre un modello di assistenza sanitaria su larga scala che elimina le differenze soggettive in favore di un’omologazione spersonificante. Una direzione che, purtroppo, non riguarda solo questo settore.

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