Stephen Jay Gould e la vita come cespuglio che si ramifica copiosamente

26 Marzo, 2024
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Stephen J Gould (1941-2002) è stato un biologo e scienziato newyorkese, acuto interprete ed elegante divulgatore dell’evoluzionismo. Ed è stato tenace ed attento critico del riduzionismo e del biodeterminismo.

Intelligenza e pregiudizio

Un suo saggio del 1981, il cui titolo originale era The measmisure of Man, è stato tradotto in italiano con il titolo: Intelligenza e pregiudizio. Contro i fondamenti scientifici del razzismo.

È l’analisi di come aver preteso di misurare l’intelligenza dell’uomo secondo la craniometria ovvero secondo il risultato ottenibile con dei test e comunque su base genetica, sia stata anche la pretesa di stabilire la presunta naturale superiorità di determinati gruppi umani su altri. Ridurre la complessità della vita a parametri classificatori e gerarchici è un atteggiamento evidentemente xenofobo e razzista. Ideologico, nel modo in cui lo poté già intendere Darwin: Se la miseria dei nostri poveri non fosse causata dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, la nostra colpa sarebbe grande.

È una considerazione dinamica e non avulsa dal contesto sociale che Gould propone, e con ciò in generale la critica della reificazione di concetti complessi come quello di intelligenza.
La stessa teoria della ricapitolazione (l’ontogenesi ricapitola la filogenesi) diviene un elemento di pregiudizio: “Gli adulti dei gruppi inferiori devono essere come i bambini dei gruppi superiori, perché il bambino rappresenta un archetipo adulto primitivo”. Le donne ed i selvaggi andavano perciò considerati come bambini.

La teoria della neotenia ne è peraltro un interessante rovesciamento: secondo questa teoria è un tratto distintivo mostrare ancora in età adulta tratti giovanili ancestrali, dove uno sviluppo ritardato conservi meritoriamente i vantaggi della giovinezza. L’uomo sarebbe da questo punto di vista una scimmia che si conserva giovane; e la neotenia dovrebbe finalmente riconoscere la superiorità delle donne. I maschi adulti sono inferiori perché perdono i tratti superiori dell’infanzia.

Meno dubbi poteva avere solo l’antropologia criminale di Lombroso: “I criminali sono regressioni evolutive fra di noi.” Ma occorreva però anche dimostrare allora, se i criminali assomigliano a scimmie, che viceversa le scimmie, gli animali, i selvaggi sono criminali. Cosa che Lombroso non si esimé dal fare. Tranne finalmente a considerare il criminale un selvaggio, ma al tempo stesso un malato.

Quanto poi ai Test per misurare il QI, il Quoziente di Intelligenza, essi nacquero per individuare gli studenti bisognosi di interventi integrativi e di recupero, non per stigmatizzare innate differenze. “I bambini identificati dai test di Binet lo erano al fine di essere aiutati e non per essere indelebilmente etichettati.” Alfred Binet era, tra fine Ottocento ed inizio Novecento, il direttore del laboratorio di Psicologia alla Sorbona.

Furono poi gli psicologi americani che Gould analizza (Goddard, Terman, Yerkes) a sovvertire le buone intenzioni di Binet, inventando una teoria ereditaria del QI. “Essi assunsero che l’intelligenza era ampiamente ereditata, e svilupparono una serie di speciosi argomenti confondendo differenze culturali e proprietà innate”.

La critica dei pregiudizi che possono annidarsi in discorsi pseudoscientifici è finalmente un arricchimento della scienza e della sua capacità di andare oltre idee fallaci e di rinnovare i suoi paradigmi. “I biologi hanno affermato recentemente, come si sospettava da tempo, che tutte le differenze genetiche generali tra le razze umane sono straordinariamente piccole”.

L’evoluzione biologica dell’uomo è incomparabilmente lenta rispetto alla sua evoluzione culturale, ed è dunque in seno ad essa che vanno comprese eventuali rilevanti differenze tra diversi gruppi umani. “Gli argomenti classici del determinismo biologico falliscono perché le caratteristiche che invocano per fare distinzioni tra i gruppi sono di solito i prodotti dell’evoluzione culturale”. In particolare determinati comportamenti adattativi – l’aggressività, la xenofobia, il predominio del maschio – sono fattori culturali, non genetici. Nell’evoluzione culturale potrebbe altresì essere selezionato come tratto migliorativo l’altruismo anziché l’egoismo.

La struttura della teoria dell’evoluzione

Darwin pose alla base del processo di evoluzione la teoria della selezione naturale, cioè il principio della discendenza con modificazioni. Gould ha voluto tenersi fedele alla logica darwiniana, pur potendo considerare in maniera più dinamica e meno rigida la teoria di Darwin.

Per Gould alla base della selezione naturale c’è un ragionamento semplice, un unico lungo ragionamento, one long argument, basato su tre assunti fondamentali: la grande prolificità, la variabilità, l’ereditarietà. Le varianti casualmente meglio adatte ai mutevoli ambienti locali trasmetteranno le proprie caratteristiche favorevoli alla prole per ereditarietà.

Ciò che Gould ha saputo sottolineare, rispetto all’interpretazione riduzionistica del darwinismo sociale, è la natura non ascendente ma di ramificazione secondo cui procede l’evoluzione ed il carattere contingente delle mutazioni. L’evoluzione non ha né la continuità né la direzione del progresso, ma è semplicemente una discendenza con modificazioni, in cui alcuni tratti si aggiungono ma altri si perdono.

Non ha senso cercare anelli mancanti che portino migliorativamente verso l’uomo, quanto invece scoprire cosa abbia dato di volta in volta linfa all’albero della vita. La visione progressista e lineare dell’evoluzione umana è un fraintendimento.

Come scrive Telmo Piovani nell’introduzione ad un libro (La specie imprevista. Fraintendimenti sull’evoluzione umana di Henry Gee) che tributa il giusto riconoscimento alla giusta interpretazione che Gould seppe dare della teoria dell’evoluzione: “L’evoluzione è diversità e possibilità, non necessità”.

La vita meravigliosa

La vicenda particolare di una scoperta, quella dei fossili di Burgess, ha potuto – secondo Gould – mettere a confronto “la nostra visione tradizionale del progresso e della predicibilità nella storia della vita con la sfida della contingenza”. “Ne è scaturita l’immagine dell’evoluzione come una serie estremamente improbabile di eventi, a posteriori abbastanza ragionevole e spiegabile in modo rigoroso ma del tutto imprevedibile e irripetibile”.

Gli argillocisti di Burgess, trovati sulle Montagne Rocciose canadesi nello Yoho National Park, “sono la nostra unica ricca fonte di informazione sull’evento più cruciale nella storia della vita animale”. Circa 570 milioni di anni fa data la cosiddetta esplosione cambriana, che segna l’avvento di tutti i principali gruppi di animali moderni. I fossili di Burgess datano poco dopo questa fioritura, e furono dapprima erroneamente catalogati come forme primordiali o ancestrali di forme posteriori o più evolute. La falsificazione di questa ipotesi ha potuto significare una reinterpretazione dell’intera storia della vita, compresa l’evoluzione dell’uomo.

“L’anatomia di Burgess supera di gran lunga la varietà che si trova in organismi moderni”. In quella che continuiamo a chiamare evoluzione c’è stata una perdita in termini di varietà, ed in particolare l’evento della comparsa della specie umana appare a partire da quei reperti del tutto improbabile ed impronosticabile. Se si conferma la probabilità di un unico progenitore delle varie forme di vita, la discendenza con modificazioni di queste differenti forme assume decisamente la configurazione di una ramificazione imprevedibile senza la direzione precisa di un progresso lineare.

“La storia della vita è una storia di eliminazioni di massa seguite da differenziazione all’interno dei pochi ceppi superstiti, e non il racconto convenzionale di un progresso costante verso una sempre maggiore eccellenza, complessità e diversità”. La marcia del progresso è una rappresentazione inesatta e mistificatoria dell’evoluzione. “La vita è un cespuglio che si ramifica copiosamente, continuamente sfrondato dalla sinistra mietitrice dell’estinzione, non una scala di progresso prevedibile”. Il pregiudizio che trasforma l’evoluzione in progresso è quello secondo cui la posizione nel tempo si combina con un giudizio di valore.
“Se l’umanità è sorta solo ieri su un ramoscello secondario di un albero rigoglioso, la vita non può, in alcun senso genuino, esistere per noi o a causa nostra. Forse noi siamo solo un ripensamento, una sorta di accidente cosmico, una decorazione appesa all’albero di Natale dell’evoluzione”.

“La posteriore storia della vita procedette per eliminazione, non per espansione”. Rispetto all’esplosione di piani anatomici testimoniata da Burgess, l’evoluzione della vita è trascorsa nell’immagine di un cono rovesciato, verso forme via via meno varie e complesse. E – sottolinea Gould – la conservazione di un numero limitato delle possibilità di Burgess è avvenuta un po’ come una lotteria. L’evoluzione è avvenuta al tempo stesso attraverso una decimazione che attraverso una diversificazione. “Certi gruppi possono prevalere o estinguersi per ragioni che non hanno alcun rapporto con la base darwiniana del successo in epoche normali”. Più che la necessaria trasmissione ereditaria dei geni, può essere determinante il caso di una qualche catastrofe ambientale o comunque di una qualche sfida contingente ed imprevedibile.

Nella vita moderna si può sì riscontrare una proliferazione di specie, ma anche una certa stereotipia, cioè una riduzione ad alcuni solo pochi piani anatomici. I fossili di Burgess testimoniano come in quell’epoca sia invece avvenuto il contrario: un numero ridotto di specie, ma una grande differenza nei piani corporei.

Riavvolgendo il film dell’evoluzione, le cose sarebbero ben potute andare diversamente, nessun ordine precostituito spingeva verso una presunta perfezione. I vincitori del film della vita non sono necessariamente in assoluto i migliori.
Ogni ripetizione del film della vita e delle sue contingenti casualità apporterebbe significative variazioni dell’evoluzione, ed ogni via divergente sarebbe altrettanto interpretabile e giustificabile a posteriori. “Ogni via procede passando per migliaia di fasi improbabili”.
L’uomo è un improbabile esito dell’evoluzione, una specie imprevista.

Gli animali di Burgess sono mostruosi e meravigliosi, in certo modo belli ed eleganti. “Sono volgari piccole creature vissute sul fondo del mare 530 milioni di anni fa, ma noi le salutiamo con venerazione perché cercano di dirci qualcosa dalla notte dei tempi”.

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